Se il paziente dimagrisce
e l'infermiere ingrassa
Giuseppe Fatati con Odette Misa Sonia Hassan
Pazienti malnutriti in ospedale mentre medici e infermieri ingrassano:
questo paradosso è emerso da due studi presentati a Merano all’ultimo
convegno Adi http://offitel.net/adi/
(Associazione di dietetica e nutrizione clinica). Come mai questi
dati? Per scoprirlo abbiamo intervistato il dottor Giuseppe Fatati,
responsabile del servizio di dietetica dell’ospedale di Terni, quello
in cui, secondo le ricerche, medici e infermieri sembrano essere
in gran numero a rischio d’obesità.
Dottor Fatati, cosa c’è di vero in questa notizia, che sembra
quasi una provocazione?
Non è una provocazione ma l’estremizzazione di un dato di fatto.
Il problema emergente è che i pazienti ricoverati in ospedale vanno
incontro a malnutrizione sia per difetto delle strutture che per
disattenzione della classe sanitaria in genere, e non solo medica,
verso lo stato di nutrizione del paziente ricoverato. La nutrizione
in ospedale è ancora lontana da uno standard terapeutico accettabile.
Basti pensare, come è emerso dall’indagine condotta in dieci ospedali
italiani, che ancora oggi il peso di molti pazienti non viene registrato
al momento dell'ammissione.

Che importanza ha la registrazione del peso?
E' fondamentale, è il primo dato per una valutazione dello stato
di nutrizione, valutazione fondamentale per intervenire tempestivamente
in caso di malnutrizione. Quando e se si instaura la malnutrizione,
la patologia la quale il paziente è stato ricoverato peggiora, e
possono insorgere complicanze con l’allungamento dei giorni di degenza.
Di conseguenza, aumentano anche i costi sociali.
Quali sono i costi della malnutrizione?
Calcolando che colpisce dal 20 al 30% dei ricoverati, possiamo dire
che il loro costo aumenta in proporzione se non di più. Dipende
dal tipo di complicanza che si instaura.
Facciamo un'equazione semplice: i medici e gli infermieri ingrassano
perché mangiano il vitto dei pazienti?
No, non è così. Si tratta semmai della conseguenza logica, l’altra
faccia della medaglia, della malnutrizione. Un personale sanitario
che ha scarsa cura verso il peso del paziente, di solito non controlla
neanche il proprio. Il dato sconcertante è che la prevalenza di
sovrappeso e obesità tra chi opera in ambito sanitario è superiore
alle stime attese.
Quindi gli obesi abbondano di più nella popolazione ospedaliera
che non nel resto della popolazione?
Si, questo almeno è il dato preliminare, che riguarda circa
900 persone delle 1398 coinvolte nel nostro studio, che è uno studio
di corte, cioè trasversale, della durata di dieci anni. Abbiamo
la descrizione, la fotografia del campione, che verrà seguito per
dieci anni con rilievi biennali. Comunque i dati a nostra disposizione
dimostrano già una prevalenza di obesità superiore del 30-40% rispetto
alla media nazionale, con una percentuale più alta tra gli ausiliari,
meno alta per infermieri e medici, ma pur sempre ben superiore alla
media nazionale, specie se il soggetto analizzato è maschio.
A cosa è dovuto questo fenomeno?
Il ritmo del lavoro ospedaliero è stressante, lascia poco tempo
alla cura di se, ed è noto che l’obesità indaca spesso un disadattamento
ambientale, una risposta legata allo stress.
Quindi possiamo dire che manca una cultura nutrizionale?
Certamente, e questi interventi vogliono sensibilizzare il personale
ospedaliero tutto, dalla base ai vertici, non solo i manager che
gestiscono la sanità e ai quali il ministro ha già dato indirizzi
ben precisi all'interno del piano sanitario nazionale. Questo studio
fa parte di un progetto integrato di intervento per una sensibilizzazione
che speriamo evolva nei tempi a venire.
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