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Dreamdances



Josè Luis Sànchez-Martìn



Fino al 26 novembre al Teatro olimpico di Roma, nell'ambito della stagione dell'Accademia Filarmonica Romana, dopo il magnifico spettacolo di Paul Taylor, va in scena una successione intimistica di interpretazioni dove Lindsay Kemp esplora e sfodera magicamente tutta la gamma delle sue capacità espressive, di cui Dreamdances si pone come "manifesto" .

Affiancato dai suoi storici e più affiatati collaboratori Nuria Moreno (indimenticabile Alice e Cenerentola), Marco Berriel (approdato una prima volta alla compagnia di Kemp dopo aver lavorato con Maurice Bejart e ritornatovi dopo il recente successo come primo ballerino di Joaquín Cortès); Jhon Spradbery (che ha firmato la direzione delle luci per molti degli spettacoli più importanti di Lindsay Kemp); Carlos Miranda (compositore delle musiche, come lo fu per Sogno, Big Parade e Cenerentola, nonché l’eccellente attore musicista sul palco nei panni di un compunto pianista di tango e di un povero cieco che suona la fisarmonica); infine David Haughton che da venticinque anni è al fianco di Kemp nella realizzazione e nell'ideazione dei suoi progetti.

Lo spettacolo offre una panoramica di immagini e di emozioni attraverso le maschere trasparenti di vari personaggi il cui tratto distintivo è quello di essere "tutti toccati dall'amore, dalla pazzia, dalla ricerca dell'estasi e dall'ombra della morte, i temi ricorrenti del mio mondo teatrale, i simboli della mia vita d'artista, perennemente in bilico tra realtà e fantasia", su cui si posa una grazia particolare, uno sguardo trasognante e bambino che non può lasciare indifferente nessuno spettatore. Si comincia con Ricordi di una Traviata in cui Kemp incarna il sogno di essere Violetta, mostrandosi più che con un vero vestito ottocentesco, con la sottoveste a campana e la relativa armatura che dovrebbe dare forma e fasto al vero vestito e che invece, così indossata, lascia a nudo le braccia, le spalle, la faccia e la testa calva interamente ricoperte di trucco bianco, facendolo sembrare una vaga allucinazione senza che ciò faccia sorgere nello spettatore alcun bisogno di realismo, anzi, portando al massimo dell'esasperazione la convenzione teatrale sotto il cui dominio anche un uomo travestito malamente da giovine donna, bianco e pelato, può trasformarsi nella più essenziale e drammatica rappresentazione della protagonista verdiana.

Vi è poi la splendida interpretazione di un Antonio Salieri vecchio e delirante, rinchiuso in manicomio, che in un dialogo immaginario con Dio dà sfogo alla propria rabbia contro Lui, che gli ha negato il dono della genialità che ha voluto concedere invece a Mozart e che ha generato la sua umiliazione e l'annientamento della sua grandezza. Introdotti nella camera di Salieri con il mistico Introitus della Messa da Requiem di Mozart, vediamo una spaventosa e pagliaccesca descrizione del musicista decaduto in un soliloquio schizofrenico reso molto bene dall'alternanza delle musiche tra requiem e sonate per spinetta, durante le quali, nel modo più essenziale ma anche più esilarante possibile, Kemp dà corpo mimandone l'esecuzione seduto sul letto in un sincrono appena accennato e immediatamente tradito per lasciar libero il potenziale tragicomico alla visione penosa e tenera dello stato di Salieri. E' un disegno coreografico di una precisione impressionante, dalle alzate ammiccanti delle sopracciglia al gesto minimale delle mani, alle evoluzioni danzate negli attimi di massimo impeto raggiunto nell'invettiva silenziosa contro Dio.

In Dal diario di Vaslav Nijinsky, assistiamo alla tragica evocazione del periodo in cui il grande ballerino russo fu rinchiuso in manicomio, tra visioni estatiche di Dio, deliri di identificazione col divino e affermazioni lucide e perentorie da profeta moderno, mentre viene maltrattato brutalmente come un pazzo internato e forse perseguitato nella sua allucinazione da un vecchio (Carlos Miranda) che potrebbe essere la rappresentazione di Diaghilev. Meravigliosi gli effetti della neve che cade e che si scatena nell'aria durante la tempesta.

In Ballata di un circo povero, unico brano in cui compaiono tutti gli artisti sulla scena, con testi scritti da David Haugton, vediamo un patetico pagliaccio travestito da pollo (Kemp) che assieme ad una tristanzuola trapezista (Nuria Moreno) e accompagnato dal suonatore cieco di fisarmonica (Carlos Miranda) gira con il proprio piccolo e povero circo esibendosi in numeri acrobatici al trapezio e alla fune tesa in modo spoglio, da circo decaduto, con una malinconia e un sorriso amaro che tanto sarebbero piaciuti a Fellini e che forse vogliono fargli un segreto omaggio, da maestro a maestro. Kemp conosce molto bene come innalzare la sua carica espressiva e umana e la sua aurea magica, riducendosi con candore spaesante ad un povero pagliaccio-pollo che scopriamo essere un uomo-pollo, non appena finisce il primo numero e lui non cambia movenze e atteggiamenti nel rivolgersi all’acrobata di cui è innamorato. Lei, come da copione, lo abbandonerà perché resterà rapita dal fascino virile del tanghero bello e tenebroso interpretato da Marco Berriel in modo egregio, introdotto sulla scena dalle musiche di Carlos Gardel, casomai ci fossero dubbi sul suo personaggio e sul ruolo che svolgerà nell'incontro con lei.

L’uomo-pollo abbandonato proverà a eseguire da solo il numero della camminata sulla fune tesa, scoprendo con meraviglia di poterlo fare con totale agilità, saltando, volando da parte a parte con il sussidio volutamente esibito di cavi dall'alto che lo alzano e lo muovono e che diventano, proprio perché manifesti e concreti, invisibili e magici nella storia, facendoci credere totalmente al miracolo della sua riuscita: lei tornerà da lui perché il tanghero è in realtà un criminale ricercato e loro si ameranno felici girando con il circo povero.

Lo spettacolo si chiude con un omaggio a Luie Fuller, ballerina che aprì gli orizzonti della danza nel primo Novecento. Nell’Angelo, Kemp veste una morbida tunica di seta bianca con ali lunghissime al posto delle braccia, creata dal semplice espediente di tenere in ogni mano un lungo e sottile bastone sopra il quale si adagia la seta e che reagisce ad ogni flessuoso movimento disegnando nell'aria splendide volute; "è l'unico non personaggio, che riassume tutti i personaggi, purificati dalle loro sofferenze e risorti in una preghiera di gioia. Sono tutti esseri che abitano nei lembi più estremi e strani della condizione umana, ma ci parlano chiaro come la fantasia di un bambino e ci mostrano gli specchi deformanti in cui tutti ci possiamo qualche volta riconoscere".

Qui Kemp è un angelo di luce ma anche un fantasma di danza butoh. Sulle musiche di Verdi mette in movimento forze sottili, purificatrici e liberatorie, ci paralizza nelle nostre poltrone come anime sulla soglia di un altra dimensione di cui è custode; finisce con un gesto delle ali che si richiudono su di lui sdraiato e che valgono anni di spettacoli e che restano impresse per sempre nella memoria dello spettatore.

Bisogna necessariamente segnalare per la forza poetica e la riuscita artistica anche i brani scritti e interpretati da Marco Berriel e con Nuria Moreno, in particolare gli assolo Il Cigno in cui Nuria Morena è una vecchia ballerina zoppa che danza o sogna di danzare e Aria di e con Marco Berriel sulla prima Suite per Violoncello di Bach: fiato sospeso di fronte all'eleganza e la suggestività della linea coreografica che si dipana intorno a una corda calata dall'alto in uno spazio di luce bianca completamente vuoto. Bellissimo.

 

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