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          Il prezzo di una donna 
           
           
           
          Paola Damiani 
           
           
           
          Il commercio di carne umana è l'affare del momento: ci si arricchisce
          trasportando illegalmente clandestini, procacciando organi per
          trapianti, ma soprattutto fornendo donne al mercato del sesso (anche i
          bambini rischiano la stessa sorte, ma per fortuna in misura più
          limitata). 
           
          Il prezzo di una donna è il titolo della prossima puntata di C'era
          una volta, il programma di Silvestro Montanaro e Pier Giuseppe
          Murgia in onda mercoledì 15 novembre alle 23.20. Il documentario è
          realizzato da una troupe spagnola nei Caraibi, dove si rastrellano
          donne da inviare in Spagna e nel resto d'Europa, e da una italiana a
          Pristina, dove le conseguenze della guerra creano le condizioni ideali
          per questi traffici. Un lungo lavoro investigativo e le telecamere
          nascoste ci permetteranno di assistere alla trattativa commerciale
          riservata a questo tipo di merce. 
           
          La prostituzione è considerata la terza voce di guadagno per il
          crimine internazionale organizzato, dopo le armi e la droga, e in
          Italia frutta 180 miliardi di lire al mese visto che ogni ragazza
          sulla strada vale una decina di milioni mensili. Le immigrate
          coinvolte nel giro della prostituzione si aggirano tra le 15 e le 18
          mila, di queste il dieci per cento (secondo dati del Ministero delle
          pari opportunità) sarebbe propriamente vittima della tratta: donne
          cioè costrette alla strada con la violenza diretta mentre a
          convincere le altre bastano povertà e privazioni. 
           
          La maggior parte delle donne avviate alla prostituzione nel nostro
          Paese provengono dal Sud del mondo, ma anche l'Est europeo si sta
          rivelando una miniera d'oro; quanto alla nazionalità degli
          sfruttatori è prevalentemente italiana (349 su 8990 imputati nel '99)
          e poi albanese (293). E' facile ipotizzare che italiani siano anche la
          gran parte dei clienti, un numero altissimo di cittadini rispettabili,
          persone normali che alimentano questo commercio restando perfettamente
          indifferenti alle sue conseguenze criminali. 
           
          Per le donne che decidono di sottrarsi allo sfruttamento esistono in
          Italia programmi di protezione sociale cui si aggiunge l'istituzione,
          per la prima volta in Europa, di un numero verde sempre attivo. Il
          nostro Paese inoltre mostra una buona sensibilità legislativa quando
          la Corte di Cassazione equipara il traffico di donne al delitto di
          riduzione in schiavitù o come quando nel '98, preme perché il
          traffico di persone venga menzionato nello Statuto della Corte penale
          internazionale come una forma di moderna schiavitù e inserito nella
          lista dei crimini contro l’umanità. 
          Le proporzioni del fenomeno però sono tali che è comunque molto
          difficile organizzare una prevenzione e una repressione efficaci. Il
          prossimo passo avanti avverrà forse in dicembre quando è prevista a
          Vienna la firma della Convenzione ONU sulla criminalità organizzata,
          con un fascicolo dedicato esplicitamente al traffico di persone. 
           
           
           
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