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Legalita’ e sviluppo a Corleone
Marco Vitale
Li giudicherete dalle loro opere, è stato detto. E la nuova Giunta di
centro-destra della Regione Siciliana non tarda a proporre la sua
prima opera importante: un accordo per una legge di condono edilizio
che regolarizzi le 250.000 case costruite lungo i litorali siciliani
(entro i 150 metri dalla battigia) spesso devastandoli in maniera
incredibile. Il problema è grosso, antico e complesso. E interessa un
milione di persone.
Certamente capisco che un provvedimento di riordino della materia sia
necessario. Ma quella casa che ho davanti ai miei occhi, a meno di 80
metri dalla battigia nel Golfo di Castellammare, non è stata
costruita per necessità o per errore o per disperazione o per reagire
all'inerzia della pubblica amministrazione. E' una orrenda,
pretenziosa seconda casa costruita da una famiglia presumibilmente
molto benestante, che abita in collina, ed è contraria ad ogni norma,
al più elementare buon senso, a qualunque, anche minimo, rispetto del
territorio, dell’ambiente, dei vicini che hanno costruito,
decentemente, con tutti i permessi necessari.
Questa casa che ho sotto i miei occhi mentre sfoglio il Giornale di
Sicilia che porta la notizia “Accordo nel centro destra: condono
edilizio in arrivo”, è un puro, semplice e abbietto atto di
violenza e di illegalità totale. E se il provvedimento andrà, come
sembra probabile, in porto, ancora una volta l’illegalità troverà
il suo premio. Non posso pensare che per buona parte delle 250.000
case abusive sui litorali la situazione sia molto diversa.
Eppure mi trovo in Sicilia, durante una velocissima visita, per
partecipare a un incontro, nella città di Corleone, dal titolo “Lo
Sviluppo nella Legalità”. E’ un incontro in commemorazione del
18° anniversario dell’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla
Chiesa (che, come capitano dei carabinieri, passò un lungo periodo a
Corleone tra gli anni ’40 e ’50 assicurando, tra l’altro, alla
giustizia gli assassini del dirigente sindacale Placido Rizzotto),
della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo. Ma
la giornata è anche dedicata all’avvio dei lavori di
ristrutturazione di un importante caseificio mai entrato in funzione e
recentemente acquistato dal Comune sulla base di un progetto di
rilancio, incluso nel patto Territoriale dell’Alto Belice Corleonese
e finanziato dalla UE. Il progetto è indubbiamente di grande
importanza per il territorio, sia pratica che di bandiera. E’ bello
e altamente significativo che la commemorazione del generale Dalla
Chiesa si saldi con l’avvio di un progetto concreto di sviluppo. Il
sacrificio di persone come il generale Dalla Chiesa è servito anche a
questo: a mettere in moto nuove energie in un disperato sforzo di
riscatto civile ed economico.
La giornata è stupenda e nel piccolo ma elegante cortiletto, stipato
all’inverosimile, ci sono, tra gli altri, venticinque sindaci della
zona. Molti di loro li conosco personalmente. Altri li ho potuti
osservare all’opera. Anni fa li ho chiamati pubblicamente: eroi
civili. E sapevo quello che dicevo. In condizioni disperate, in
isolamento quasi totale, con la finanza pubblica sempre più
restrittiva, con la disoccupazione sempre più alta, con nemici
fortissimi e violenti, questi uomini e donne della Sicilia per bene
hanno saputo, con coraggio, competenza e determinazione, ridare un
indirizzo alle loro comunità stordite da decenni di violenza e di
corruzione. Hanno dovuto fare di tutto: riavviare la macchina
comunale; risanare i bilanci; ripulire edifici comunali fatiscenti;
sviluppare e realizzare patti territoriali; dar vita a unioni e
consorzi di vario tipo; imparare la via della UE; ridare un po’ di
fiducia alla gente; essere attori di sviluppo; difendere l’immagine
della propria cittadina. Riuscire, attraverso l’esempio, gli atti,
le opere e la parola, a dare concretezza alla parola d’ordine che
oggi ci riunisce: legalità e sviluppo. Non si sono appiattiti sulla
posizione di sindaci dell’antimafia. Hanno cercato di essere i
sindaci della ricostruzione civile e dello sviluppo e quindi anche
dell’antimafia.
E’ stato un momento importante ed emozionante questo incontro del 2
settembre 200 nell’Atrio S. Ludovico e poi al Caseificio di Contrada
de Noce e poi in Piazza Falcone e Borsellino, a Corleone, Alto Belice,
Sicilia. Lo Stato era rappresentato dal presidente della Commissione
Nazionale Antimafia, Giuseppe Lumia, di Termini Imerese (Palermo)
che ha fatto un coraggioso, vigoroso e lucido intervento; dal Ministro
del Lavoro Cesare Salvi (e la presenza del Ministro del Lavoro voleva
proprio sottolineare il legame tra legalità, sviluppo e lavoro); dal
Prefetto e da altri alti funzionari dello Stato e della Regione. Ma i
protagonisti principali erano loro, questi magnifici sindaci, ai quali
l’intero paese e non solo la Sicilia deve essere estremamente grato.
Nel corso dell’incontro ricorrono nomi di persone coraggiose, morte
per il riscatto della Sicilia. Il nome del generale Dalla Chiesa si
incrocia con quelli di Placido Rizzotto, dirigente della Camera del
Lavoro (il primo grave assassinio politico a Corleone nell’immediato
dopoguerra) e di Pio La Torre, continuatore della stessa battaglia;
entrambi non solo giudicati ma uccisi per le loro opere. E la serata
si chiuderà nella piazza dedicata a Falcone e Borsellino, stroncati
nella capitale ???? ma da quella mafia, da quei giovani ribelli degli
anni 40 e 50 che da qui, da Corleone, sono partiti alla conquista del
mondo. A modo loro, a qualunque prezzo. Una pagina tragica che non è
cronaca ma è ormai storia vera e importante, e che è costata alla
Sicilia e non solo alla Sicilia un prezzo enorme.
Poi però la violenza della sfida è diventata tanto alta che lo Stato
ha finito con il dover reagire veramente. Ha messo in fila i suoi
uomini migliori e molti di loro sono caduti. La violenza è stata
arrestata e fatta arretrare. Una battaglia persa per la mafia, una non
piccola battaglia invero, come sottolinea con precisione e orgoglio
Giuseppe Lumia. E dietro allo Stato, insieme allo Stato, si sono mossi
loro, gli eroici e dignitosi sindaci che la sinistra ha avuto il
merito storico di far emergere, dopo decenni di amministrazioni
asservite e corrotte. E’ un grande merito della sinistra l’aver
fatto emergere questa classe di sindaci per bene, seri e appassionati,
nel Sud e soprattutto in Sicilia. E’, forse, questo il più grande
merito della sinistra. Eppure la sinistra quasi non ne è consapevole,
non sa valorizzare questo fatto, non ne parla, li lascia soli.
Oggi lo Stato è presente ma è un’eccezione. “Non lasciate soli
questi sindaci” scrissi tre anni fa; questo è il nuovo Sud, la
speranza, la nuova faccia, la nuova cultura del Sud. E non sono certo
pentito di avere scritto queste parole, ascoltando parlare oggi i
sindaci. Interventi misurati, concreti, senza piagnistei, senza
retorica, competenti. Esprimono una grande volontà che la battaglia
vinta venga consolidata. Ma questo richiede che sulla conquista di un
nuovo livello di legalità e di un meno barbaro funzionamento delle
istituzioni si innesti un più attivo sviluppo. Ecco quindi il valore
dei patti territoriali che qui sono utili e funzionano. Ecco, quindi,
la necessità di alleanze con operatori del Nord. Ecco l’attenzione
al turismo, sempre trascurato in Sicilia, che è iniziato a crescere
vigorosamente. Ecco un insieme di misure, approcci, azioni, tensioni
positive per far si che si radichi nel territorio e nella testa della
gente la convinzione che “la legalità è conveniente”.
Ma mentre uno di loro dice queste cose giustissime e bellissime, come
non pensare al condono edilizio, leggendo del quale ho iniziato la
giornata sulla spiaggia del Golfo di Castellammare? E si riuscirà a
condurre in porto l’avvio concreto del caseificio contro “il
mostro della burocrazia sempre alleata della mafia” (sono parole di
Giuseppe Lumia. Quando dissi io qualcosa di simile venni convocato
dalla Commissione Antimafia, questo terzo parlamento, e inquisito come
sospetto mafioso). Vi è molta consapevolezza in tutti gli interventi
che, questa volta, si può vincere la battaglia definitiva, ma che non
bisogna abbassare la guardia. Non solo sul fronte della legalità e
della lotta alla violenza, ma su quelli più subdoli della collusione
della mafia con le istituzioni. “L’illegalità non è solo armata”;
“la mafia è sempre mafia”; “bisogna capire che la nuova
strategia della mafia è di ritornare a collaborare con le istituzioni”;
“bisogna sconfiggere la classe dirigente che accompagna questo
disegno”; “bisogna creare una task force per studiare come
contenere il lavoro nero”; “bisogna realizzare collaborazioni
sempre più strette tra i Comuni come agenti di sviluppo”. Sono
alcuni dei commenti che mi sono disordinatamente annotato.
E’ stata una bella giornata, una di quelle che ti riconciliano con l’umanità
e, persino, con lo Stato. Ma mentre mi allontano all’imbrunire verso
Partinico, con sullo sfondo un tramonto meraviglioso, insieme alle
ombre della sera scende anche un’ombra di tristezza e di disagio nel
mio cuore. Perché li hanno lasciati così soli questi sindaci?
Perché non hanno parlato di questa loro straordinaria epopea civile,
forse la pagina di storia siciliana più importante degli ultimi
cinquant’anni? Perché non ne parla neanche ora, questa sinistra
idiota? E li lascia logorare contro i rischi della nuova collusione,
della nuova illegalità?
Forse un provvedimento per il riordino delle case abusive è
necessario e non si possono certamente demolire 250.000 case. Ma il
modo con cui il provvedimento è stato presentato, primo atto di
governo della nuova giunta, è inequivocabile. E’ un preciso
messaggio politico ed elettorale. 250.000 case vuol dire un milione di
abitanti, tanti anche per la popolosa Sicilia. E’ facile, con questi
metodi, catturare voti. Ma se ne dovrebbero perdere altrettanti,
quelli di chi le case se le è costruite nella legalità. Ma se non se
ne parla, se si parla solo di sciocchezze e di personalismi, come
possono gli indaffarati cittadini per bene capire il significato della
partita in gioco? Come potremmo giudicare gli uni e gli altri secondo
le loro rispettive opere?
Il rischio di un riflusso nella collusione, nella corruzione e nella
illegalità, il ritorno del principio che l’illegalità paga, che l’illegalità
conviene, è altissimo. Se ne respirano, con evidenza, i primi non
deboli segnali. Sarebbe un peccato, un enorme peccato. Perché negli
ultimi 18 anni, da quella sera di settembre, quando l’ex capitano
dei carabinieri di Corleone cadeva sul campo, di strada la Sicilia ne
ha fatta tanta, tanta quanta non ne aveva mai fatta in secoli e secoli
di dominazioni straniere. E merito non piccolo è anche di questi
sindaci di piccole città, con la sciarpa tricolore, che ho ascoltato
oggi, con ammirazione e commozione, parlare, con sobrietà misura e
competenza, nell’Atrio S. Lodovico di Corleone, Alto Belice,
Sicilia, Italia, Europa.
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