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"Siamo pionieri, e ne paghiamo il prezzo"


Jeff Bezos con Massimo Cerofolini



I menagramo sono serviti. A chi, come l’analista Ravi Suria della Lehman Brothers, pronosticava il suo fallimento entro il 2001, Jeff Bezos manda a dire: “Nell’ultimo trimestre, la linea libri, cd e video del mio sito americano è stata per la prima volta in attivo e a fine anno produrrà utili per dieci milioni di dollari”. Certo, una goccia nel mare rispetto ai 350 milioni di dollari a cui ammonta il passivo di Amazon.com, il piu’ importante sito di commercio elettronico del pianeta, e uno dei piu’ popolari in assoluto della Rete. Ma pur sempre un significativo punto di svolta.

Da Parigi, dove ha appena inaugurato la costola francese Amazon.fr, l’uomo dell’anno 1999 - secondo il settimanale Time - accetta di parlare con Caffé Europa circa le sorti dell’e-commerce.

Bezos, negli ultimi tempi molte società di commercio elettronico, come Boo.com o CarOrder.com, hanno chiuso i battenti. Cosa sta succedendo? E’ finito l’Eldorado?

“Dovrebbero essere molte di piu’ lo società prossime a chiudere. Lavorare su Internet e’ una cosa seria. Non si possono aprire da un giorno all’altro decine di sedi in tutto il mondo, senza prima affrontare problemi pratici come la logistica, che a sua volta richiede software sofisticatissimi. Ho visto piani insensati e megalomani, che neppure aziende solide come Microsoft o Ibm avrebbero mai approvato. Senza contare che in molti casi si e’ soltanto voluto speculare sulle azioni legate alle società Web. Per fortuna i nodi stanno venendo al pettine. E, statene certi, ci saranno molti sconfitti nella Rete, ma anche molti vincitori”.

Eppure anche voi avete i vostri problemi: le vostre azioni sono scese da cento a 40 dollari nel giro di poche settimane.

“Abbiamo risentito come tutti della crisi delle borse degli ultimi mesi. Ma anche così, il valore delle nostre azioni si è moltiplicato per venticinque in tre anni, da quando cioè siamo quotati in borsa. Certo, potremmo fermare gli investimenti, ma sarebbe folle. La Cnn, e’ bene ricordarselo, ci ha messo undici anni prima di distribuire i suoi utili”.

Cosa risponde a chi dice che non avete piu’ un soldo?

“Che abbiamo 980 milioni di dollari in cassa e a fine anno arriveremo a un miliardo. In più in uno dei nostri tre segmenti di attività, quello di libri, cd e video negli Usa, stiamo vedendo i primi guadagni. Gli sberleffi contro Amazon sono un vecchio film che non mi fa paura. Anzi, mi fa persino sorridere”.

Sorridere?

“Mi piace la battuta che dice che dovremmo chiamarci Amazon.org, in quanto società senza fine di lucro” (segue la caratteristica risata scorsciante di Bezos).

Perché avete cominciato proprio vendendo libri?

“Perché il libro è il prodotto, assieme a video e cd, che consente una maggiore possibilità di selezione. Un esempio: la più grossa libreria di New York puo’ esporre al massimo 150 mila titoli. Noi, sul nostro sito, ne offriamo diciotto milioni. E’ impossibile immaginare un magazzino con tanta roba”.

Fatto sta che da libri e cd siete passati a vendere di tutto, comprese le automobili...

“Acquistare una vettura negli Stati Uniti è una delle esperienze piu’ terrificanti che possono capitare a un essere umano. Ma i buchi neri del mercato sono la nostra forza. E noi vogliamo offrire tutte le possibilitan’ che un concessionario non riesce a offrire: confrontare i modelli, conoscere le caratteristiche, sapere cosa pensano altri automobilisti di quella determinata vettura. In più, per chi vuole toccare con mano, c’è la possibilita’ di fare un giro di prova, grazie a un accordo con i concessionari. Il commercio elettronico e’ complementare a quello classico”.

Pensa che il commercio elettronico possa funzionare fuori dagli Stati Uniti?

“Attualmente il 60 per cento del nostro business si svolge negli Usa, il resto fuori. Nel giro di due anni la situazione potrebbe essere capovolta”.

Ma in Europa, la gran parte delle persone può trovare qualsiasi cosa sotto casa. Come pensa che possa sfondare il commercio elettronico?

“Paradossalmente, la maggior parte dei nostri 23 milioni di clienti vive in aree metropolitane come Manhattan, non in luoghi isolati. Perche’ se e’ vero che il negozio è vicino, ciò che manca nelle aree urbane è il tempo: e nessun negozio fisico può offrire, contemporaneamente, apertura continuata, selezione illimitata di articoli e prezzi convenienti”.

Quale sarà il vostro prossimo affare, il libro elettronico?

“Per l’e-book ci vuole ancora del tempo. Gli strumenti attuali non sono competitivi con la carta stampata, né per nitidezza né per maneggevolezza. Ma sono sicuro che prima o poi il libro elettronico sfonderà. Nei laboratori hanno già messo a punto fogli digitali simili alla carta su cui caricare di volta in volta testi diversi, per poi leggerli girando le pagine”.

Avete gia’ aperto in Inghilterra, Germania e Francia. Quando tocca all’Italia?

“Non facciamo anticipazioni. Ma vi ricordo che da pochi mesi il nostro vicepresidente e’ un italiano, Diego Piacentini”.

Perché siete così reticenti a fornire cifre sulla vostra attività? Qualcuno parla di paranoia della segretezza...

“Fino a sei anni fa Internet era usata soltanto per scopi accademici. E’ da poco che esiste il concetto di navigare in Rete. Noi siamo pionieri e, ogni volta, ci troviamo di fronte a scelte diverse, nuove. E sperimentiamo. Pagandone ovviamente tutti i prezzi. Quindi preferiamo tenerci le nostre mosse per noi: non vogliamo dare ai nostri concorrenti informazioni su successi o errori”.

Cinque anni fa lei lavorava dall'interno di un garage con soli quattro collaboratori. Oggi ha un fatturato da oltre 1.600 dollari e migliaia di dipendenti. Cosa ricorda degli inizi?

“L’entusiasmo. Scegliemmo Seattle perche’ ci offriva maggiori garanzie per la logistica dei libri. Passavamo le notti a impacchettare i volumi inginocchiati per terra. Un giorno dissi a un progettista, in ginocchio accanto a me, che avevo avuto un’idea brillante: comprare delle ginocchiere. E lui mi diede dello scemo: ma che ginocchiere, Jeff, mi rispose: abbiamo bisogno di tavoli”.


 

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