Caffe' Europa
 
Libri

Recensione/L'altra Europa di Panait Istrati

Flavia Radetti

 

Panait Istrati
"Il bruto"
edizioni e/o
pp. 117, lire 20.000

 

Mentre la letteratura mitteleuropea sembra conoscere un momento di inaspettata fortuna in Italia (si veda il caso Sàndor Màrai, autore ben noto ai cultori di magiaristica ma praticamente sconosciuto al grande pubblico, riscoperto grazie all'edizione adelphiana de Le braci), le edizioni e/o continuano a fare da battistrada nella ricerca di nuovi territori da esplorare.

Dopo aver fatto conoscere e apprezzare scrittori del calibro di Fazil' Iskander, Géza Csàth, Istvàn Orkeny, Kazimir Brandys - per non parlare di Bohumil Hrabal e Christa Wolf - la casa editrice romana mette a segno un altro colpo presentando la prima traduzione del romanzo Codine (nell'edizione italiana, curata da Goffredo Fofi, Il bruto), dello scrittore greco-rumeno Panait Istrati (Braila 1884-Bucarest 1935), autore assai poco frequentato dall'editoria italiana, nonostante il suo primo romanzo Kyra Kyralina (1924), edito da Feltrinelli, sia ormai considerato un classico del genere balcanico-picaresco.

Neanche il fatto che Istrati, figlio di una lavandaia rumena e di un contrabbandiere greco, anima inquieta e cittadino del mondo, avesse assunto il francese come lingua d'adozione, in questo incoraggiato da Romain Rolland, sembra aver facilitato la diffusione della sua produzione letteraria; in italiano infatti sono stati pubblicati soltanto Mediterraneo, estratto dal ciclo narrativo Vie d'Adrien Zograffi, edito da Argo di Lecce, e Verso l'altra fiamma, diario di un soggiorno in Urss dai toni fortemente critici, curato dalle edizioni Cultura della Pace di Firenze. Al silenzio intorno alla figura di Istrati ha contribuito senz'altro la difficoltà di inquadrare la sua personalità, estremamente contraddittoria e sfuggente a qualsiasi classificazione, tanto che appare arduo perfino attribuirgli un'identità nazionale e l'escamotage di definirlo, come si usa comunemente, "scrittore rumeno di lingua francese" non gli rende giustizia.

In effetti, a giudicare dalla produzione letteraria di Istrati, incentrata per massima parte sul personaggio di Adrian Zograffi, inconfondibile alter ego dello scrittore, sembrerebbe che la parola "patria" si identifichi, più che con un'entità di carattere geopolitico, con il microcosmo del quartiere greco di Braila, città natale di Istrati, con i suoi umori levantini, la sua accozzaglia di uomini e cose, dove bene e male, dolcezza e ferocia si confondono. Ma "patria" è anche il Mediterraneo, che Istrati percorse in lungo e in largo, alla ricerca delle proprie radici, e sempre forte fu in lui il richiamo nei confronti della grecità.

Il legame con l'origine ellenica emerge emerge anche dalla testimonianza del grande autore cretese Nìkos Kazantzàkis, il quale nel suo romanzo autobiografico Anaforà ston Gréko ("Rapporto a El Greco", pubblicato postumo nel 1961) rievoca il primo incontro con Istrati, avvenuto a Mosca nel 1927, in occasione del X anniversario della Rivoluzione d'Ottobre. E proprio con l'amico Kazantzàkis Istrati affronterà quel lungo viaggio attraverso il Caucaso che costituirà una delle esperienze più significative riportate nel saggio-diario Vers l'autre flamme (3 voll.: Après 16 mois en U.R.S.S.; Soviets; La Russie nue), pubblicato nel 1929, che gli varrà l'ostracismo della società letteraria francese, fino a quel momento benevola nei suoi confronti, ma ancora troppo imbevuta di illusioni riguardo ai principi del socialismo reale per tollerare la denuncia delle storture e dei crimini del sistema sovietico compiuta da Istrati.

Il romanzo Codine (francesizzazione del nome Kodin), pubblicato nel 1926 come prima parte del ciclo Enfance d'Adrien Zograffi, appartiene ancora al periodo in cui Istrati godeva del massimo favore presso la critica francese, affascinata da quel suo mondo violento di colori e umori balcanici, da quelle sue storie di vagabondi e reietti spiritualmente affini agli eroi di Gor'kij. La tragica parabola di Kodin, gigante rissoso ma dal cuore d'oro, capace di coraggiosi slanci di generosità come di sanguinose vendette, costituisce la prima tappa del mai esaurito Bildungsroman di Adrian Zograffi.

Kodin rappresenta il primo grande incontro del dodicenne Adrian, la cui intera esistenza sarà un rutilante caleidoscopio di personaggi, ma è anche una delle più riuscite caratterizzazioni nell'ambito della produzione letteraria di Istrati, paragonabile a quella dello zio Anghel, protagonista del romanzo Oncle Anghel (1924). Sullo sfondo della tragica vicenda di Kodin si staglia il quartiere della Comorofca, il più degradato, secondo la colorita descrizione di Adrian, tra tutti gli ulitza (quartieri) di Braila, dove neanche la polizia osa mettere piede. L'amicizia, dapprima segreta e poi palese del piccolo Adrian, sembra per un attimo poter imprimere una svolta positiva all'esistenza grama di Kodin, un'illusione destinata a soccombere alla violenza delle passioni umane che segneranno ancora la vita dello sfortunato "bruto", fino all'atroce epilogo finale.


 

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