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B2B: cos’e', cosa sara'



Ada Pagliarulo e Paolo Martini

Un punto di vista privilegiato per cogliere gli effetti della Web-revolution e' sicuramente il mondo dell'auto. Internet, per le aziende di questo settore, non e' il catalogo dei prodotti in vetrina sulla Rete: "a Web site is not a business", dicono gli americani. La "e-economy" e' un sovvertimento dei processi produttivi, dell'organizzazione e della distribuzione.

Nei mesi scorsi un accordo tra i giganti General Motors, Daimler-Chrysler e Ford ha chiarito una volta per tutte che, nell'economia globalizzata della Rete, vi sono alcuni settori in cui i vantaggi della cooperazione tra le aziende possono essere superiori a quelli della competizione per accaparrarsi quote di mercato. In questo caso, si tratta di creare un'unica piazza virtuale su cui le grandi imprese automobilistiche vanno a scegliersi i rivenditori di componenti-auto, coinvolgendo nel mercato in Rete tutta una serie di subfornitori. Si chiama COVISINT.COM e -come ci spiega Giuseppe Caiazza, direttore delle relazioni esterne della Ford Italia - "e' una societa' indipendente. Nel consiglio di amministrazione sono rappresentate le grandi case automobilistiche, ma il management agisce in autonomia decisionale. Il punto forte e innovativo della strategia e' proprio questo. E non si tratta solo di gestire le sinergie gia' raggiunte, ma di reclutare nuovi fornitori, creando un meccanismo a cascata, una catena verticale in grado di soddisfare anche le esigenze di nicchia del mercato. Il produttore di pneumatici avra' tutto l'interesse a entrare nel 'market place'".

Sono cosi' raggruppate per la prima volta sotto lo stesso tetto aziende che erano in diretta concorrenza fra loro anche per l'approvvigionamento; un segnale di quanto la globalizzazione abbia forzato l'integrazione sul piano produttivo, lasciando al marketing, alla qualitą del servizio e alla promozione del marchio la parte del leone per la conquista del consumatore.

Anche l'accordo Fiat-General Motors, che tanto scalpore ha suscitato in Italia, ha una clausola fondamentale proprio nella creazione di una rete comune di fornitori e subfornitori. Non c'e' azienda automobilistica che si rispetti che non abbia investito risorse per dar vita a un portale verticale, cioe' di settore: Fiat ha creato Fast Buyer, General Motors ha il suo Commerce One (www.commerceone.com), Ford ha dato il via ad Auto-xchange, in collaborazione con Oracle, leader mondiale nel commercio B2B. Un altro esempio di collaborazione e' quello tra i cinque maggiori produttori mondiali di pneumatici: Pirelli, Goodyear, Continental, Cooper e Sumitomo rubber renderanno operativo entro la fine di quest'anno il portale Rubbernetwork.com, cui potranno rivolgersi tutti i produttori e fornitori del settore.

I vantaggi? Abbattimento dei costi di transazione, riduzione dei tempi di approvvigionamento, risposta piu' rapida ai cambiamenti del mercato e risparmi sui magazzini. In principio era il just-in-time, il sistema inventato da Toyota negli anni '70 per eliminare le scorte e avere la quantita' di merce necessaria e richiesta dal mercato. Il modello entro' in Italia negli anni '80, e la Fiat fece del suo stabilimento di Melfi il sito modello di sperimentazione dell'innovazione organizzativa dei modelli giapponesi. In particolare a Melfi i rapporti con i fornitori di componenti erano, per usare la terminologia Toyota, "evoluti": in quella "fabbrica integrata" i fornitori avevano un proprio spazio, e potevano organizzare in tempo reale la produzione di pezzi per l'azienda.

Ora il modello di evoluzione potrebbe essere la e-fabbrica di pneumatici Pirelli: un nuovo sistema robotico permettera' di confezionare, nello spazio di poco piu' di due appartamenti, un pneumatico in tre minuti. Il vero business, insomma, e' il Business to business (B2B), vale a dire quello tra le aziende, che in alcuni settori - dai componenti elettronici ai trasporti, dai macchinari metallici ai computer - riduce drasticamente i costi: in una forbice che puo' oscillare tra il 15 e il 30 per cento, secondo Goldman Sachs. Gli americani lo chiamano Internet procurement (www.oracle.com/applications/internetprocurement).

Decisamente minori, al momento, i vantaggi per i consumatori in termini di riduzione dei prezzi. Il fenomeno del business to consumer (B2C) - secondo le stesse stime - ha prospettive di crescita piu' limitate. Il giro d'affari annuale del commercio online in Italia non supera i 300 miliardi; la Rinascente raggiunge questa cifra in dieci giorni. Ma di certo, nel Web, funziona meglio la vendita di alcuni beni piuttosto che di altri: un CD o l'ultimo modello di telefonino, piuttosto che un'automobile. Anche perche' l'acquisto di un'auto ha un valore aggiunto di tipo emotivo che la vendita online non puo' eliminare.

Una macchina non e' paragonabile al libro o al pezzo di computer ordinato via Internet. Cio' non significa che la rivoluzione lascera' immutati i rapporti tra la casa madre e l'intermediario-concessionario. Aggirare quest'ultimo passaggio, in molti Stati U.S.A. non e' possibile, poiche' le leggi vietano la vendita diretta dal produttore al cliente. E tuttavia ai concessionari una casa automobilistica come la Ford chiede di trasformarsi, aggiungendo servizi al consumatore che vanno dal leasing al contatto con l'assicurazione. Perche' ogni bene ha una sua componente "immateriale", che per il marketing e' pura sostanza.


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