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Microstati e cittadini virtuali


Andrea Begnini

 

 

Dalla Repubblica di Platone fino a oggi il pensiero ha sempre manifestato l'esigenza di generare utopie come possibilità diverse da quelle esistenti per nuovi ordini sociali e forme di vita collettiva. Alcuni secoli più di altri hanno visto architetti, idealisti, anarchici, viaggiatori costruire o semplicemente progettare città fantastiche, perse nelle nebbie di terre inesplorate oppure fuori dalle rotte di mari ancora da scoprire.

Dalle più famose società immaginarie di Campanella, Moro e Bacone, attraverso i viaggi letterari come in de Bergerac, fino all’ideologia comunista, l’utopia si è prosciugata di senso trasformandosi in visioni di un futuro minaccioso (il 1984 di Orwell o Il mondo nuovo di Huxley), stemperandosi in forme di fantascienza più o meno oppressive.

Ma una società incapace di generare utopie è minacciata da sclerosi e da rovina, ricordava Emil Cioran, cercando di porre bene in luce l’aspetto ideologico di ogni progetto che, costituendosi a priori, deve poi per forza imporre le sue leggi e separando concettualmente i due significati che la parola utopia racchiude: la ricerca di rapporti sociali felici (eutopos) e la collocazione fuori da uno spazio fisico specifico (utopos).

Concentrando la propria carica progettuale soprattutto sul secondo significato del termine, l’utopia ha continuato a cercare i propri spazi mantenendosi viva anche nel nostro secolo e oggi dove potrebbe trovare espressione se non su Internet, il luogo meno fisico e specifico che qualsiasi fantasia potrebbe immaginare?

Ecco allora che cliccando in Rete si può diventare sudditi del regno di Merovingia, oppure cittadini della Repubblica di Lomar, del Ducato di Haren, oppure, per rimanere il Italia, del Principato di Pontecorvo, la rievocazione online di un piccolo regno esistito realmente attorno alla zona dell’Abbazia di Montecassino fino al 1865, ma, come si legge sull’home page del principato, di nuovo indipendente dal 1944, anno della liberazione da parte dei soldati americani.

Si tratta di microstati virtuali con tanto di monarchie oppure legislazioni repubblicane, organi di rappresentanza, costituzioni per nulla semplicistiche; rilasciano passaporti, alcuni stampano francobolli e coniano banconote, tutti hanno bandiere, inni nazionali e stemmi, come quello di Landreth, dove in campo bianco si fronteggiano due unicorni rampanti. Nessuno ha un territorio fisico su cui governare, ma individui di tutto il mondo uniti da un moderno concetto di cittadinanza virtuale, in grado di trapassare confini e territorio, almeno nella loro accezione più classica.

Visitiamo la Repubblica di Lomar. Nella home page non c’è, come a Landreth, la foto del sovrano Theron Paul I (un cinquantenne belloccio in divisa blasonata) ma vari link alle sezioni principali, la prima delle quali affronta le motivazioni dell’esistenza di questo Microstato e ne spiega origine e i programmi per il futuro. Scopriamo così che Lomar è una repubblica presidenziale creata nel 1997 come entità sovranazionale e transterritoriale, qualcosa come il Sovrano Militare Ordine di Malta; ha circa 4100 cittadini e prevede di aumentarne il numero fino a 12.500 entro questa estate e fino a 50.000 entro il 2001.

Tra gli scopi della sua creazione, i legislatori di Lomar hanno inserito la promozione di un approccio non territoriale all’idea di cittadinanza, la difesa dei diritti umani e la rappresentanza diplomatica degli oppressi. In ogni località o Stato del mondo i lomariani possono tramite il sito trovare qualcuno a cui fare riferimento e cercare aiuto tra i propri concittadini: una sorta di massoneria dunque, una rete di scambio in grado di sopperire tramite alleanze trasversali a ogni mancanza di solidarietà degli Stati Sovrani. Acquisire la cittadinanza costa 10 dollari americani, mentre ce ne vogiono 50 per il passaporto (altri 20 ogni anno per rinnovarlo); forti sconti sono programmati per i Curdi, i Palestinesi e gli altri senza terra del globo.

I soldi non sono però il motivo principale del proliferare dei microstati: anche se alcuni, come Freedonia, consentono di convertire le valute correnti in dollari freedoniani (monete d’argento di un'oncia scambiate per 12 dollari e mezzo l’una, il doppio circa del loro valore reale) e non è raro incontrare banner pubblicitari sulle home-page dei siti. Fatti i conti, comunque, è difficile credere che sia qualcosa di diverso dalla passione a spingere i creatori di queste città ideali a programmare pagine e pagine di norme costituzionali che regolano il funzionamento di banche, zecche di stato e organismi governativi a tutti i livelli.

Certo un rischio c’è ed è quello che in questo mare di espressioni diverse di ordine sociale si possa nascondere qualche progetto sovversivo, anche se visitando i canali chat dei principali microstati non sembra che si vada mai oltre lo scambio di opinioni e informazioni, e anche se il re di Freedonia John I promette ai suoi sudditi un territorio reale in cui andare a vivere e sostiene che presto riuscirà a trovarlo in Africa: non è difficile credere che quanto meno il sovrano dovrà prima terminare i suoi studi al college, visto che non è ancora maggiorenne.

Un altro rischio possibile è quello delle truffe in denaro, anche se per il momento è stato registrato un solo caso di questo genere: il sovrano di Melchizedek David Korem, nella vita Mark Pedley, è recentemente stato arrestato nelle Filippine per aver vendeuto a sette milioni l’uno passaporti e nazionalità di un'isola sperduta del Pacifico.

Alcuni indirizzi
www.republic-of-lomar.org
www.kingdom-of-landreth.org
vcsn.com/bis/fredon.html
www.geocities.com/CapitolHill/5205
www.pontecorvo.nu
www.geocities.com/CapitolHill/2418

 

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