Questo articolo e' apparso sul "Corriere della Sera" (www.corriere.it)
La parabola di Internet in Cina sembra un libero adattamento dalla
ventiduesima citazione di Mao Tze-Tung: "La storia dell'umanita' e' un movimento
costante del regno della necessita' verso il regno della liberta'". L'immensa nazione
guarda alla rete in maniera ambigua, divisa tra la "necessita'" di controllarne
il potenziale rivoluzionario (con la cavillosa regolamentazione, la censura e la
repressione dei dissidenti che la usano a fini politici) e la voglia di abbracciarne la
promessa di "liberta'" (attingendo dalle fonti di informazioni dell'Occidente,
sviluppando siti in cinese e.creando tutte le opportunita' possibili per il commercio
elettronico).
Prima di qualsiasi considerazione e' pero' essenziale un'occhiata ad
alcuni numeri eloquenti. Intanto la crescita geometrica della popolazione connessa: erano
640 mila nel 1997, 2 milioni nel 1998 e 4 quest'anno. E il meglio ha da venire stando alle
stime di International Data Corp. che parlano del raggiungimento di quota 27 milioni entro
il 2001. Tutto cio' con costi di connessione non bassi (circa 12 dollari al mese) per i
magri stipendi locali e che tuttavia si sono gia' molto ridotti rispetto agli anni scorsi
e continueranno a farlo grazie anche allo spezzettamento della ex-monopolista Telecom
China.
Ma cosa trova in rete, da leggere o da fare, quest'umanita' in cosi'
rapido aumento? Di certo l'offerta di contenuti nazionali non riesce a star dietro alla
domanda. Il sito piu' visitato resta l'americano Yahoo!, che attrae circa il 40 per cento
del totale dei navigatori, seguito da altre frequentate destinazioni occidentali e dai
nuovi, grandi "portali" (i grandi cancelli di accesso alla rete che raccolgono i
servizi piu' diversi) locali. Netease Systems, uno dei piu' popolari e innovativi, puo'
vantare oggi quasi 3 milioni di pagine viste al giorno (un risultato ottimo anche per gli
standard europei).
Oltre a offrire email gratuite, pagine web personali e una selezione di
notizie prese da oltre 60 riviste in mandarino, l'estate scorsa si e' anche avventurato in
un esperimento di commercio elettronico che ha avuto un successo strepitoso: in una sola
settimana sono stati venduti all'asta dal sito 110 personal computer per un totale di 150
mila dollari. "La gente continuava a chiamare - racconta il fondatore William Ding -
dicendo che ne volevano di piu'". Dal momento che le carte di credito non sono
affatto diffuse in Cina, il pagamento avveniva in contanti alla consegna, con un sistema
apparentemente pre-tecnologico ma che ha funzionato alla perfezione. Ma se Netease e'
stato il primo a calcare il terreno delle online auction, non e' ne' il solo ne' il piu'
grande dei portali cinesi. In cima alla lista e' infatti Sina, parzialmente finanziato da
Goldman Sachs, che ha sedi nella Silicon Valley, Taiwan e Hong Kong. Oppure Sohu, fondato
da un laureato del Mit; Zhaodaola!, sostenuto da una societa' che fa capo al
televangelista americano Pat Robertson e China.com che si e' quotato in Borsa nel luglio
scorso raccogliendo 84 milioni di dollari. Quasi tutti questi siti hanno ricevuto
sostanziosi iniezioni di capitali stranieri, allettati dalle previsioni di crescita del
volume d'affari dell'e-commerce cinese che quest'anno dovrebbe aggirarsi intorno ai 42
milioni di dollari per sfondare, entro il 2003, quota 4 miliardi (fonte Idc).
Di fronte a questi fiumi di denaro straniero il governo di Pechino
all'inizio non ha fatto obiezioni e anzi ha dimostrato una discreta euforia. Poi, a meta'
settembre, il ministro dell'Industria dell'Informazione Wu Jichuan se n'e' uscito con una
dichiarazione pubblica assai dura: "A nessun investitore straniero e' permesso di
operare nel settore delle reti telefoniche o di servizi" e' stato il suo diktat.
Anche se non esplicitamente menzionati, nessuno ha avuto dubbi sul fatto che anche gli
operatori di Internet e i gestori dei contenuti del Web siano accomunati alle categorie
bandite. L'annuncio ha molto spaventato le compagnie maggiormente coinvolte nella rete
cinese e passibili di allontanamento (America Online, Intel, News Corp., Goldman Sachs e
Dow Jones). "Se la restrizione divenisse effettiva - ha commentato Gregory Ray,
cyber-imprenditore di Shangai - la Cina consegnerebbe praticamente la propria industria
Internet a Hong Kong".
Per di piu' il nuovo corso entrerebbe drasticamente in rotta di
collisione con le dichiarazioni fatte solo pochi mesi fa dagli stessi funzionari
dell'esecutivo circa una sempre maggiore apertura, anche all'Occidente, del settore delle
telecomunicazioni. In aprile, come gesto di buona volonta' propedeutico al suo eventuale
ingresso nel World Trade Organization, Pechino aveva infatti accettato che le aziende
straniere potessero acquistare sino al 49 per cento delle azioni di compagnie di telefonia
mobile e sino al 51 per cento di quelle di chi si occupava di servizi a valore aggiunto,
inclusi quelli online.
Il paese non e' nuovo a contraddizioni analoghe. Mentre il ministero
dell'industria tesseva le lodi della rete come "cruciale strumento affinche' le
nostre imprese possano competere", la sua polizia faceva visite intimidatorie nelle
sedi dei maggiori service provider o di altre societa' del settore. I gestori di portali
sono invitati a autocensurarsi per non incorrere nella revoca delle varie licenze loro
necessarie e l'invito e' generalmente preso assai sul serio. Tuttavia imbrigliarla non e',
strutturalmente, semplice. "A parte per l'informazione politica - ha dichiarato
tranquillizzante a "Business Week" il ventottenne co-fondatore di NetBig, Ming
Liu - l'Internet in Cina e' relativamente libera, molto di piu' di quanto lo siano i media
tradizionali". Di fatto i dissidenti l'hanno scelta come loro mezzo privilegiato di
comunicazione.
Testata di punta della "cyber-guerrilla" e' Vip Reference,
una newsletter elettronica confezionata da Hengde Lian, imprigionato dopo le proteste di
piazza Tienammen e poi trasferitosi negli Stati Uniti da dove, quotidianamente e sempre da
indirizzi e-mail diversi, critica i leader comunisti della sua madre-patria. E l'eterno
dissidio tra controllo di regime e liberta', nel paese che ha gia' malinteso una prima
"rivoluzione culturale", potrebbe far perdere loro anche questa seconda.
In Rete
Netease Systems (www.netease.com)
Sina (www.sina.com)
Sohu (www.sohu.com)
haodaola! (www.zhadaola.com)
China.com (www.china.com)