L'e-commerce in Italia? Avanti si', ma con
juicio... Riccardo Staglianò
Questo pezzo e' apparso sul "Corriere della Sera" (www.corriere.it)
C'erano almeno un paio di dati che avevano fatto sgranare gli occhi di
chi aveva avuto tra le mani la ricerca sui "surfer italiani": tra gli utenti che
si collegavano da casa il 27 per cento avrebbe effettuato, nei sei mesi precedenti al
febbraio scorso, acquisti online per un milione e centottantamila lire; tra chi navigava
dal lavoro il 23 per cento avrebbe addirittura, nello stesso intervallo di tempo, sborsato
la cifra di sette milioni e trecentoventiquattro mila lire. Non fosse stato per la
rispettabilita' di Yahoo! Italia che in collaborazione con Banca di Roma, Infostrada, la
Gazzetta dello Sport online, Lloyd 1885, Si Web Tv, Snai Servizi e Zivago.com aveva
commissionato alla societa' Internet Research l'indagine, la prima reazione sarebbe stata
una risata. E in cosa avrebbero speso tutti quei soldi? Sessanta litri di olio
aromatizzato al tartufo di Esperya, l'opera omnia di Giovanni Verga miniata in oro e
consegnata a domicilio da Internet Bookshop Italy? Neppure cosi' si sarebbe arrivati a
tanto.
Anche la rilevazione empirica tra gli amici piu' internettizzati
restituiva un quadro ben diverso: un libro ogni tanto da Amazon, qualche cd da CdNow ma in
linea di massima si trattava di vicende in cui di italiano c'era solo il compratore. E
allora come sta andando davvero il commercio elettronico in Italia? Lo studio piu' recente
in argomento e' quello realizzato su un campione di 500 aziende svolto da Mate per conto
di Assintel e presentato a Milano alla fine di giugno. Il suo risultato era bifronte:
"Il 79 per cento delle aziende intervistate e' collegato in rete, contro il 66 per
cento del 1998 - aveva commentato in quell'occasione Daniele Gerundino, amministratore
delegato di Mate - Purtroppo la stessa effervescenza non si riscontra sul commercio
elettronico. Solo il 29 per cento delle aziende collegate sta sviluppando progetti di
commercio elettronico, mentre il restante 71 per cento ci sta ancora pensando". Per
di piu' il grosso delle iniziative di cosiddetto e-commerce finivano per consistere in
siti destinati a fornire informazioni sull'azienda e non a gestire processi direttamente
legati al business, "potete trovare i nostri prodotti in via..." piuttosto che
"cliccate qui per comprare", per intenderci. Tra i motivi piu' ricorrenti che
avrebbero causato questa diffidenza era stata citata la "carenza di informazione e di
regolamentazione relativa agli aspetti giuridici e normativi delle transazioni su Internet
e, in particolare, la presunta mancanza di "sicurezza" legata ai sistemi di
pagamento". Scuse un po' mosce, tutto sommato.
Le opinioni degli osservatori piu' autorevoli invitano tutte a
trattenere l'euforia: "Avanti bene, si', pero'...". Per l'accademia ha parlato
Andreina Mandelli, docente di Economia dell'Innovazione alla Bocconi di Milano.
"Anche in Italia il commercio elettronico sta diventando una cosa seria, ma siamo
davvero all'inizio, con numeri ancora piccoli. Nell'ultimo anno si sono visti molti
movimenti, non piu' soltanto nell'ambito della tecnologia. A livello di sistema il nostro
paese ha grandi possibilita' se puntera' sulla sua produzione piu' tipica, il cosiddetto
made in Italy che abbiamo sempre esportato cosi' bene. Questo e' stato confermato anche
nell'ultimo censimento estivo sulle aziende nostrane impegnate nell'e-commerce: ben il 50
per cento si occupa di servizi turistici, una risorsa, quella del patrimonio artistico e
paesaggistico, per la quale siamo famosi nel mondo. Lo stesso discorso vale per la moda e
gli alimentari". Per lo specialista in e-commerce Giorgio Di Paolo, partner di
Andersen Consulting, e' difficile prevedere quali settori vedranno da noi la maggior
crescita. "All'inizio si diceva l'editoria, i servizi finanziari e immateriali in
genere ma ora mi sembra che la natura merceologica non faccia una gran differenza. Amazon
e eBay, per ritornare a casi noti, hanno affiancato a un sistema di bit un efficace
sistema di atomi, trasportando merci dure, assolutamente materiali".
E la doccia di realismo piu' fredda e' quella che arriva da Carlo
Gualandri, co-fondatore di Matrix, la societa' che produce Virgilio. "Nel nostro
paese l'e-commerce propriamente inteso non esiste, e ci vorra' del tempo prima che nasca.
Non si tratta di fare un sito dove c'e' scritto che si vende qualcosa ma di essere
logisticamente efficienti, che e' una cosa ben piu' difficile. Tutti ormai parlano di
commercio elettronico intendendo fondamentalmente vendita per corrispondenza con pagamenti
attraverso carta di credito, ma tutto il resto, quello che ci sta dietro, non lo prendono
in considerazione". Non ci sono scorciatoie facili per cambiare questa situazione di
fatto. "Un modello di commercio elettronico vincente prevede uno schema di prezzi
aggressivo o una convenienza altrimenti riscontrabile (comprando online non perdo mezza
giornata in giro per negozi o alla ricerca di un parcheggio) ma sia l'una che l'altra
caratteristica incentivante per i potenziali clienti si scontrano da noi con
un'infrastruttura non efficiente. Dal momento che la posta e' storicamente inaffidabile si
debbono utilizzare i corrieri privati per le consegne ma il costo di questi vettori
neutralizza alla fine qualsiasi sconto si possa fare sulla merce trasportata. E siamo da
capo. Quello che amazon - che e' ancora in perdita proprio perche' ha fatto sconti, ha
investito nella cura del cliente e tutto il resto - ci ha insegnato e' che fondamentale e'
instaurare un rapporto con il cliente. Una volta che l'avrai conquistato egli ti
concedera' la sua fiducia anche per comprare qualsiasi altro prodotto".
La strada verso il commercio elettronico e' ancora in salita, quindi,
nonostante l'euforia dello studio commissionato da "Yahoo! Italia". Eppure il
suo direttore generale Alessandro Pegoraro conferma, a vari mesi di distanza, la sua
attendibilita': "Non sono cifre cosi' soprendenti, basta prenotare online un viaggio
ed e' fatta, si arriva presto oltre il milione". Non solo: la prosecuzione di quel
monitoraggio sulle famiglie italiane racconterebbe una tendenza ulteriormente in crescita.
Prossimamente capiremo chi aveva ragione.
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