Community, fonte di profitto Riccardo Staglianò
Questo articolo è uscito per la prima volta sul Corriere della Sera (www.corriere.it)
Klaus Schwab, presidente del World Economic Forum di Davos l'aveva
scelto come regalo per tutti i partecipanti di quell'importante concistoro di potenti
della terra: "E' fondamentale per capire la nuova dimensione di business che sempre
di piu' ribaltera' le situazioni di concorrenza e di management" aveva detto di
"Net Gain: Expanding Markets Through Virtual Communities", il libro che aveva
poi distribuito durante l'edizione del '98. I suoi autori, John Hagel e Arthur G.
Armstrong, erano due membri della prestigiosa societa' di consulenza McKinsey e avevano
sostenuto per primi che per avere successo online non bastava piu' "costruire
relazioni" con i propri clienti ma bisognava anche mettere in piedi delle
"comunita'" nelle quali si riconoscessero. La ricompensa per chi avesse
applicato la lezione sarebbe stata alta: una fenomenale fidelizzazione e alti profitti.
Non solo: la rete aveva anche provocato un passaggio di potere dai
venditori ai compratori che, coalizzati in queste comunita', avevano per la prima volta la
possibilita' di far sentire la loro voce - e ottenere condizioni piu' vantaggiose - come
mai era successo prima. La teoria di allora - almeno la prima parte - comincia timidamente
a diventar pratica anche nel nostro paese e le "virtual communities" spuntate
come funghi sul Web italico son li' a dimostrarlo. Ma riusciranno a far affari, e come?
"Il modello vincente - spiega Paolo Bagnasco, associate partner di
Andersen Consulting - presuppone una comunita' sufficientemente ampia e interessante dal
punto di vista della capacita' di spesa, con bisogni profondi da soddisfare ai quali il
servizio si propone di rispondere con un'offerta variegata nelle forme e nei prezzi. Per
la comunita' degli anziani il caso di scuola e' l'americano ThirdAge; per i single o le
giovani coppie Streamline, dove e' possibile ottenere molti servizi che consentono di
riapproriarsi del proprio tempo libero come una babysitter, qualcuno che viene a montarvi
un elettrodomestico a casa o che vi consegna la spesa a domicilio. Anche in America era
gia' possibile ottenere tutte queste cose da varie fonti ma chi si e' preso la briga di
raggrupparle intorno a un bisogno da soddisfare si merita una ricompensa".
Sulla piazza italiana realta' del genere ancora non si vedono. Xoom.it
punta sul direct-marketing o meglio sul "direct e-commerce". "Noi desumiamo
gli interessi dei nostri visitatori dalle comunita' alle quali si sono iscritti - spiega
Fabio Pezzotti, amministratore delegato della societa' che ha localizzato il sito in
Italia - e proponiamo loro, via e-mail, delle offerte speciali su prodotti che potrebbero
interessargli. E funziona: fra chi aveva comprato gia' una volta c'e' stato un 25 per
cento che ha fatto il bis". Sembrerebbe una scocciatura ma queste persone han tutte
dato il loro consenso a ricevere le segnalazioni di merci scontate. "Siamo davvero
molto contenti, sia per il traffico (6 milioni di impression al mese, con la previsione di
arrivare a 120/150 mila a fine anno) che per gli inscritti alle diverse comunita' che
raggiungono ormai quota 60.000". Anche alla casa madre d'altronde il modello
economico e' di questo genere: il 70 per cento proviene dalle vendite di commercio
elettronico e il resto dalla pubblicita'. Tra le particolarita' che hanno reso il sito
cosi' attraente c'e' la possibilita' di costruirsi una chat personale nella quale
discutere con chiunque in privato e, da poche settimane, la concessione di uno spazio web
illimitato dove costruire la propria home-page.
Piu' compassata e' l'attitudine di Virgilio che ha recentemente
investito su un servizio di community, la cui tecnologia e' stata acquistata
dall'americana eGroups. "Il nostro scopo principale, nel mettere in piedi questo Club
e' quello di qualificare sempre meglio i nostri utenti - esordisce il direttore editoriale
Paolo Tacconi - per poterli poi servire meglio. Noi gli forniamo degli strumenti per
raccogliersi intorno a un qualche loro interesse, loro ci dicono chi sono. La risposta e'
stata strepitosa: lanciato a luglio il servizio ha totalizzato 100 mila iscritti nei soli
primi due mesi. Pero' bisogna far si' che se questa gente ha un problema online ci sia
qualcuno in grado di ascoltarlo e risolverlo e per questo bisogna procedere cautamente con
l'aggiunta di nuovi servizi". Sembra quasi che non siate tanto entusiasti? "No,
lo siamo, ma a differenza di realta' piu' piccole che hanno scommesso tutte le loro carte
nell'intercettazione dei piu' disparati segmenti che popolano la rete noi non possiamo
dimenticare la nostra mission originaria che e' quella di fare un portal e quindi
rivolgerci a un pubblico di massa. E' normale che un ragazzo di 15 anni impazzisca per una
chat mentre per un quarantenne quella non e' una priorita' e noi non possiamo
dimenticarcelo: tutto qui".
"I soldi? Nessuno li fa per ora, al massimo si punta ad andare in
pari al piu' presto". Gianluca Neri, fondatore di Clarence, e' allegro per la recente
immissione di venture capital nella sua creatura ma non si illude: "Il grosso
obiettivo per tutte le comunita' e' acquisire audience per avere una base di potenziali
clienti ampia quando il commercio elettronico sara' diventato una cosa vera". E nel
frattempo come vi sosterrete? "Intanto ci sono i soldi dei finanziatori. Ho poca
fiducia nei banner, che copriranno soltanto una piccola parte delle spese, mentre assai di
piu' nelle sposorizzazioni di canali specifici, dedicati a un pubblico meglio individuato
intorno a un interesse. Comunque tenteremo tutto, compresi il merchandising, le feste col
nostro marchio e la pubblicita' mirata via posta elettronica".
Bagnasco l'aveva detto: "Da noi il mercato e' piu' acerbo e le
sperimentazioni sono piu' caotiche, procedono a reticolo, con quelle cattive che si
sciolgono e quello buone che si cristallizzano. Passando alla lente d'ingrandimento queste
ultime si capira' qual e' la strada giusta".
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