Questo articolo è stato
pubblicato sul Corriere della Sera (www.corriere.it)
del 13 luglio
Cinque giorni e 135 mila lire per spedire 40 pagine dal Madagascar alla
Costa d'Avorio. Mezz'ora e 80 mila lire per inviarle via fax. Due minuti e 50 lire usando
la posta elettronica. Quale soluzione preferireste? La risposta sembra ovvia. "Ma la
scelta è semplice solo se scegliere è possibile", scrive il Rapporto Onu sullo
sviluppo. Perché scegliere è sempre più difficile: la rete, il Web, i satelliti, la
posta elettronica rischiano di creare nuove barriere tra Paesi avanzati e Paesi in via di
sviluppo, tra ricchi e poveri, tra colti e analfabeti.
Tra avere e non avere: la distanza tra chi ha un telefono e un computer
e chi non ce l'ha. Tra sapere e non sapere: il baratro che può dividere chi conosce
Internet e chi ancora deve scoprire la televisione.
IL NUOVO SAPERE - "Scrivere programmi per computer e individuare
codici genetici - spiega il Rapporto - è oggi paragonabile all'antica corsa all'oro, è
come la conquista di nuove terre. Il sapere è la nuova risorsa: Internet, telefoni
cellulari e reti satellitari hanno ridotto spazio e tempo. E possono costituire un
importante stimolo per lo sviluppo umano di tutti quelli che possono collegarsi". Ma
l'alta tecnologia consolida anche una sua "alta società". Un'élite digitale
concentrata nei Paesi industrializzati, dove vive la maggioranza di chi usa Internet
(88%). Gli Stati Uniti, che mietono un primato informatico dopo l'altro, ospitano solo il
5% dell'umanità. L'Asia del Sud, dove risiede il 20% della popolazione mondiale,
raggiunge l'1% di chi naviga in rete.
Per connettersi a Internet bisogna innanzitutto avere un telefono. Un
bene ancora raro in molte parti del mondo: la Cambogia, nel 1996, contava meno di un
telefono ogni cento persone. E a questi ritmi tecnologici, Paesi come la Costa d'Avorio e
il Bhutan dovrebbero attendere il 2050 per raggiungere i livelli di Germania e Singapore
oggi. Le barriere geografiche, così spiega il Rapporto Onu sullo Sviluppo umano,possono
essere sì cadute grazie alle telecomunicazioni "ma ne è emersa una nuova: una
barriera invisibile che, come dice il suo nome, è come una rete a estensione mondiale
(World Wide Web), che comprende tutti coloro che sono collegati e silenziosamente - in
modo quasi impercettibile - esclude gli altri".
UNA TASSA SUI BIT - Per abbattere questo muro e offrire le opportunità
del cyberspazio al resto del pianeta, il Rapporto Onu propone una tassa sui bit, "un
modo innovativo per finanziare la società della conoscenza": "È un'imposta
esigua sull'ammontare dei dati trasmessi tramite Internet. I costi per gli utenti
dovrebbero risultare insignificanti: per 100 messaggi di posta elettronica al giorno si
dovrebbe pagare un'imposta di solo 1 centesimo (19 lire). Nel 1996 una simile imposta
avrebbe permesso di raccogliere, in tutto il mondo, una somma pari a 70 miliardi di
dollari (oltre 130 mila miliardi di lire)".
IL COMMERCIO EQUO - Risorse per i Paesi in via di sviluppo possono
essere trovate anche con il commercio elettronico (equo): "PeopLink" è
un'organizzazione che vende oggetti d'artigianato su Internet e raccoglie i prodotti di
oltre 130 mila persone tra Africa, Asia e America Latina. "Tropical Whole Foods"
distribuisce frutta secca prodotta in Burkina Faso, Uganda e Zambia e ha rivoluzionato i
suoi scambi commerciali grazie alla posta elettronica, evitando scorte e carenze. "In
passato - commenta il Rapporto - un coordinamento così era possibile solo per le imprese
multinazionali. Ora le piccole imprese innovative possono trovare la propria nicchia e
competere a fianco dei giganti commerciali".
TECNOLOGIA E EDUCAZIONE - Ma anche dove i piccoli artigiani si uniscono
in rete, anche dove telefoni e computer esistono e Internet è una realtà, resta
l'ostacolo dell'analfabetismo. Non solo informatico. Nel Benin oltre il 60% della
popolazione è analfabeta e risulta davvero difficile far crescere i 2 mila utenti della
rete: "Anche per le tecnologie più recenti e più avanzate, il nucleo della
soluzione si trova nella politica più essenziale e di lungo periodo: l'investimento
nell'istruzione". Per di più Internet parla inglese, lingua adottata dall'80% dei
siti web ma conosciuta nel mondo solo da 1 persona su 10.
Accedere alla rete diventa una corsa a ostacoli (economici e
culturali). E sono proprio gli "esclusi" quelli che avrebbero più bisogno dei
milioni di informazioni sparse nelle banche dati digitali. I Paesi in via di sviluppo sono
i più colpiti da malattie virali e infettive, ma spesso non hanno le conoscenze per
combatterle. Una biblioteca medica americana è abbonata a circa 5 mila giornali, mentre
quella della University Medical School di Nairobi (Kenya) riceve solo 20 riviste
specializzate: Internet potrebbe portare informazioni a scuole e ospedali e permettere
l'insegnamento a distanza attraverso le teleconferenze. Quando nel 1995 il virus Ebola si
diffuse nell'Africa centrale, medici e ricercatori entrarono in contatto grazie a
HealthNet, una rete di messaggi sanitari diffusa in 30 Paesi in via di sviluppo (tra cui
22 africani).
"Ma l'informazione - avverte il Rapporto sullo Sviluppo umano 1999
- è soltanto uno dei numerosi bisogni. La posta elettronica non può sostituire i vaccini
e i satelliti non potranno mai fornire acqua potabile". Come ha ricordato un medico
nepalese: "Le nostre priorità restano igiene, sanità, cibo... Può Internet
cambiare tutto questo?"
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