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Una Pompei digitale



Piero Comandè



La Grande Rete è un po’ museo ed un po’ Cittagong, porto del Bengala dove si smontano le navi a colpi di martello. I grandi cavi, gli internet service provider, che legano il mondo virtuale a quello reale disegnano nuovi spazi geografici .

Essi vivono
, siti abbandonati e fissati nel loro ultimo momento pubblico sono intorno a noi come nel film di John Carpenter: informano ancora, ci parlano. Una strana geografia senza terre, una strana storia dove il passato non vuole passare e contende al presente il futuro. Osservatori privilegiati come il sito del Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare (CERN)  o il Virginia Tech  ne fanno la storia, disegnano mappe e la materia sfuggente dei dati digitali prende forma.

Le home page del passato sono là, rumore di fondo della nostra navigazione a cui badiamo poco: una Pompei digitale che attende di essere scavata, una Pompei paradossale con case che non hanno mai cessato di essere abitate. Sopravvivono i Bullettin Board Systems , bacheche elettroniche anteriori ad Internet ed al Web, con documenti, messaggi e programmi da condividere. Sembrano voler assicurare al Dos vita eterna, magari tradendo un po’ di snobismo.

I Gopher , menu testuali con link di documenti e di immagini situati su computer diversi sparsi ne mondo ci mostrano il mondo digitale prima del Web. Alla Point Loma Nazarene University Si può provare il brivido della ricerca con Veronica-2, the reincarnated Gopher search engine, , come essere mammuth quando tutti sono elefanti. Da lì si può entrare, se si ha il gusto per il mistero, nella rete mondiale dei Gopher superstiti, che schierano macchine obsolete e dichiarano una maggiore velocità di trasmissione.

In una pagina del sito del Museo della Scienza di Milano sono visibili le immagini della navigazione col primo browser World Wide Web (1.0 Alpha) su computer NeXT
 - lo stesso su cui il software per il Web è stato scritto. Il primo browser per X Window (Unix) è Viola.

L’home page di Pei Wei, nel 1990 studente alla Berkeley University, ce lo descrive ancora, evidenziandone la capacità di scaricare programmi e di farli funzionare, in pratica applet. Un altro Laboratorio di fisica, lo SLAC (Stanford Linear Accelerator Center) oltre al CERN ricorda il suo contributo alla crescita del Web. Qui, nel 1992, Dave Thompson scrive il primo browser capace di utilizzare dei plug-in, Midaswww e pone le basi per la svolta epocale rappresentata da Mosaic 
Nel 1993 Marc Andreessen della National Center for Supercomputing Applications di Urbana-Champain, Illinois, lavora sul codice di Midaswww, realizzando il primo browser che si diffonde fuori dall’ambiente accademico per Pc e Mac che è possibile ancora scaricare provare.

Molte di queste tecnologie sono ancora utilizzare, o per scelta culturale o per necessità, e costituiscono il background di una storia in cui passato e presente non sono stratificati in modo lineare.


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