Swif, il sito filosofico
Luciano Floridi con Alessandro Lanni
Luciano Floridi insegna filosofia all'Università di Oxford. È uno
dei famosi "cervelli in fuga" dall'Italia che hanno
trovato ospitalità e lavoro all'estero, ma non sembra troppo
affranto. Da anni, Floridi dirige quello che senza paura di smentite
è il più importante sito dedicato alla filosofia nel nostro paese:
lo Swif . In questa intervista
Floridi ci svela le difficoltà che ci furono per mettere in piedi
un portale filosofico, che poco ha a che fare con lo spirito della
New Economy e molto con la indirizzo originario della Rete: poco
business e molta passione.

Tra le risposte di Floridi si intravede una
speranza, fatta nascere dall'avvento dei New Media, per la filosofia
dichiarata morta e sepolta nell'epoca del Postmoderno.
Floridi, a quando risale e a chi si deve l'idea di un sito
italiano dedicato interamente alla filosofia?
Lo Swif è un mio progetto, ma nel corso degli anni è cresciuto
grazie al lavoro e al supporto di tantissime persone. L’idea
risale al 1995. In quel periodo organizzai a Roma un convegno dal
titolo Filosofia & Informatica - Primo incontro italiano
sulle applicazioni informatiche e multimediali nelle discipline
filosofiche. Durante il convegno ebbi modo di discutere con
diverse persone il progetto per un sito Internet nazionale dedicato
alla filosofia. L’idea venne accolta con freddezza. A quel tempo
si trattava di creare un catalogo Gopher. Eravamo ancora in una
cultura DOS. Internet e il Web erano ancora due cose distinte.

Nel '95 solo pochi eletti conoscevano Internet.
Immagino poi l'entusiasmo nell'accademia italiana...
All’inizio cercai di convincere l’Istituto Filosofico di Napoli
ad appoggiare il progetto. Non se ne fece nulla. Parlai con altri
colleghi. Niente. Internet era ancora un fenomeno troppo nuovo. Le
reazioni andavano da un atteggiamento scettico e un po’ luddista
al timore di un’invasione di pedofili. Non sto scherzando. Mancava
completamente quella che oggi si chiama, con un’ espressione poco
elegante, una “cultura della Rete”. Non solo tra i filosofi.
Sempre in quel periodo proposi a Repubblica di pubblicare una
Guida ad Internet a dispense. Dopo un paio di incontri un
lungimirante caporedattore decise che l’idea non aveva futuro.
Discussi con una casa editrice romana di grande prestigio il
progetto per un’introduzione all’informatica per filosofi. La
responsabile mi rispose che Internet era solo una moda passeggera e
che il libro non avrebbe venduto.
Dopo diverse peregrinazioni incontrai Mauro di Giandomenico,
professore di storia della scienza all’Università di Bari. Mauro
è stato uno dei pionieri dell’informatica umanistica in Italia.
Si entusiasmò subito, mi mise in contatto con il CASPUR (Consorzio
per le Applicazioni del Supercalcolo per l'Università e la
Ricerca), e insieme al LEI (il Laboratorio di Epistemologia
Informatica, creato e diretto da Mauro) e al Centro di Calcolo dell’Università
di Bari, riuscimmo a far decollare il progetto, nel 1996.
Quante sono, a oggi, le persone che collaborano con voi dello
Swif?
Ho iniziato da solo. Oggi la redazione dello Swif si compone di
circa 60 persone e di oltre un centinaio di collaboratori. Dico
circa perchè lo Swif è una struttura estremamente dinamica, in
continuo sviluppo. Ad esempio, in questi giorni stiamo per lanciare
due nuovi servizi, un forum per seminari online dedicato alla
scuola, e un quaderno dedicato alla filosofia antica.
Esistono delle linee generali che seguite o la crescita è
lasciata agli interventi e gli interessi dei collaboratori?
Lo Swif è una confederazione diretta da un tiranno illuminato
(speriamo). La linea operativa da me stabilita è molto semplice, ma
non sempre facile da implementare: nessun regolamento scritto (l’intelligenza
serve a capire come ci si deve comportare), massima semplificazione
delle procedure, delega degli incarichi, responsabilizzazione (anche
nel senso di accountability) di chi veramente svolge il
lavoro, autonomia dei singoli redattori e responsabili, che godono
di tutta la mia fiducia, meritocrazia. In ciascun settore, ci si
aspetta dalla persona responsabile competenza, affidabilità,
spirito di inziativa e idee innovative. Per tutte queste ragioni il
turn-over all’interno della redazione è piuttosto alto.
Dunque, per partecipare allo Swif è sufficiente un'idea e voglia
di fare?
Esattamente. Per quanto riguarda la crescita dei contenuti, chiunque
abbia un buon progetto in mente può proporlo, discuterlo e
lanciarlo all’interno dello Swif. I criteri di selezione sono la
serietà, l’utilità e la fattibilità del progetto. Le iniziative
prendono forma nel corso della discussione con altri membri della
direzione (Roberto Miraglia e Andrea Rossetti) e quindi vengono
assegnate a un responsabile, che si impegna a dirigerle. Da quel
momento in poi, il progetto cammina sulle proprie gambe. Siamo
sempre alla ricerca di nuovi redattori o redattrici.
Lo Swif esprime uno stile filosofico preciso o è aperto a più
tagli?
Come contenuti e orientamenti, ho sempre cercato di mantenere lo
Swif in una posizione quanto più possibile equilibrata. L’unica
distinzione che apprezzo è quella tra cialtroneria e filosofia, e
questa è trasversale rispetto a quella analitici/continentali.
Detto questo, il fine è quello di fornire ai nostri utenti una
visione della filosofia sprovincializzata, non campanilistica e
soprattutto non storicistica. Lo Swif intende fornire strumenti e
stimoli per fare ricerca teorica, per questo si occupa di temi e
problemi filosofici, non di archeologia. Da un punto di vista
stilistico, lo Swif è rigorosamente wittgensteiniano: invitiamo gli
autori a parlare solo degli argomenti di cui sanno parlare con
chiarezza e di tacere sul resto.

Ho l'impressione che lo Swif incarni in pieno
lo spirito originario della Rete: passione per qualcosa (nel vostro
caso la filosofia), volontariato (nessuno o quasi è pagato),
interesse per il lavoro d'equipe. Che ne pensi?
Hai perfettamente ragione. Nel corso degli anni, abbiamo imparato a
lavorare online, creando un bacino di esperienze (know-how)
invidiabile. Lo Swif è anche un laboratorio virtuale. Un piccolo
esempio per intenderci: Roberto Miraglia e Andrea Rossetti sono i
due capi-redattore dello Swif, Matteo Abbà è il segretario di
redazione e Matteo Ferrini è il webmaster. Roberto è l’unico che
ho incontrato fuori della Rete.
Pensi che il Web sia un'opportunità per la filosofia oppure ne
dichiara la fine?
Penso che il Web sia una straordinaria opportunità, per varie
ragioni. Come strumento per la ricerca e per la didattica, il Web
già fornisce possibilità enormi, e il futuro è certamente ricco
di ulteriori novità. Come fonte di riflessione e fenomeno
culturale, il Web fa pare di quella “information revolution” che
a mio avviso sta trasformando profondamente che cosa si intende per
filosofia oggi.
Allarghiamo il discorso: che spazio esiste per la filosofia
nell'era delle nuove tecnologie. Intendo, dobbiamo
"accontentarci" semplicemente di un grande archivio oppure
i "new media" sollevano questioni realmente nuove?
Ottima domanda, ma richiederebbe un libro come risposta. Il libro
arriverà, spero. Per ora mi limiterò a poche battute. Nella
società dell’informazione, le domande filosofiche, le metodologie
adottate per discuterne, il modo di concettualizzare le risposte, lo
stesso vocabolario, sono profondamente innovati. Il nuovo paradigma
filosofico con il quale ci confrontiamo oggi è quello della “philosophy
of information” (si veda “What is the Philosophy of Information?”
disponibile presso www.wolfson.ox.ac.uk/~floridi/).
Esso offre temi nuovi alla riflessione e nuove prospettive
metodologiche per comprendere temi passati. Ciò presuppone una
visione della storia della filosofia come un processo attraverso il
quale argomenti di carattere matematico e empirico vengono via via
affidati a nuove discipline scientifiche.
Se le cose stanno così, che fine fa la filosofia?
La filosofia cresce impoverendosi. Deve certamente fare i conti
con la scienza, ma non scimmiottarla. Se un problema ha una
soluzione definitiva, che può essere provata, allora sappiamo che
quel problema non è un problema filosofico. Quando si parla di
morte della filosofia bisogna intendersi. Il cadavere è quello
della philosophia perennis, intesa come riflessione
atemporale ed eterna sull’immutabile. La filosofia non può
pretendere di avere un reale impatto sulla realtà e poi stupirsi -
quando in effetti la realtà muta anche a causa della riflessione
filosofica - di dover riorientare i propri interessi per continuare
a influenzare la realtà stessa. La riflessione filosofica deve
essere culturalmente tempestiva, non atemporale. Questa è la
lezione della civetta di Hegel.
Facciamo un esempio: il Digital Divide è una questione che deve
interessare i filosofi? Questo intendi con il carattere
"culturalmente tempestivo" che la filosofia dovrebbe
possedere?
Hai colto nel segno. Il Digital Divide è un ottimo esempio. Un
problema sorto solo oggi, a causa della diversa distribuzione delle
risorse informatiche.
Può indicare altri campi in cui i new media
"incrociano" la filosofia?
Cercherò di cavarmela con un riferimento ad un volume che ho appena
finito di curare. Si tratta della Blackwell Guide to the
Philosophy of Computing and Information. Il libro contiene 26
capitoli, ciascuno dedicato ad una nuova area creata o trasformata
radicalmente dalle nuove tecnologie digitali, si va dalla Computer
Ethics all’Estetica dei new media, dalla Filosofia dell’intelligenza
artificiale alla Filosofia dell’ “artificial life”, dall’Ontologia
formale alla Metafisica della realtà virtuale. Per saperne di più,
si può consultare la mia
pagina web , cliccando su Blackwell Guide.
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