Divergenze digitali
Piero Comandè
Franco Carlini, Divergenze digitali, Manifesto Libri, 2002, 194
pagine, Euro 14,46
La genetica spiega la terza Internet, forse anche la psicologia
sperimentale. Il dilemma del prigioniero di Albert Tucker: è meglio
collaborare o tradire? Streaming, pay per view, wireless per reti
mobili, web services, brevetti sempre più invasivi e duraturi,
tutto cambia, non senza conflitti. Franco Carlini, ricercatore di
fisica, giornalista e saggista, nel libro Divergenze digitali
(Manifesto Libri), s’interroga sul destino della Rete come
complessità sociale e culturale: struttura aperta e dinamica nella
quale si sono formate pratiche sociali, comunicative che hanno
dilatato i confini del possibile ed abolito i vincoli del
broadcasting - flusso unidirezionale di dati dal centro alla
periferia - e dei bacini di utenza nazionali.

Oggi, per l’autore, tutto questo è in pericolo:
copyright, contratti, software-hardware impermeabili alla copia,
fine della navigazione anonima trasformeranno Internet in un’articolazione
della TV (magari interattiva). Carlini ironizza sulla distinzione
tra free come libero e free come gratis, perché nei progetti dei
grandi gruppi industriali quasi tutto dovrà essere fatturato,
pagato, privatizzato. La trasformazione di Internet da rete stupida
- che lascia passare il segnale senza filtrarlo - a rete
intelligente, che però ferma i pacchetti personali, e dà la
precedenza a quelli paganti, ne è l’ideologia e la tecnologia (o
l’ideologia tecnologica). Saranno fatturati i minuti d’uso di
questa o quella applicazione, di questo o quel pacchetto, per
esempio gli mp3 o i Rich media-film in una Rete con una ridotta
agibilità (la banda non è infinita).
Il controllo sulla conoscenza, sugli algoritmi così come sui geni -
scrive l’autore - rischia però di essere soffocante per l’innovazione
e quindi per i consumatori. Il controllo totale e virtualmente
eterno dei brevetti sul software (che diversamente dalle altre
invenzioni possono non essere resi pubblici, il codice sorgente non
è depositato), rallenta il loro miglioramento e penalizza le
alternative. Nel capitolo centrale del libro, nella sezione dedicata
alla “proprietà intellettuale”, l’autore sottolinea la
pervasività di quest’approccio: dai bit alle molecole, dallo
spazio pubblico - proprio nell’accezione habermasiana di spazio
informale e colloquiale tra società e Stato - al vivente, al DNA,
entrambi minacciati dalla frenesia di brevettare tutto, dalle
proteine alle molecole, alle operazioni matematiche.
Brevetti che talvolta, ma solo dopo molti anni, sono ritirati per
palese assurdità, come nel caso dell’enzima Taq polimerasi
necessario ai laboratori che si occupano di “impronte genetiche”,
perché “già” prodotto dal batterio Thermus aquaticus oppure in
seguito a campagne internazionali di sensibilizzazione come nel caso
del brevetto “Terminator” a tutela delle semenze selezionate, ma
sterili (che incorporano la protezione nel loro DNA come il
software).
La terza Internet - Tv + Cellulare + Servizi e applicazioni Web a
pagamento - è già teatro di conflitti. La Rete è una realtà
sociale che ha messo in evidenza contraddizioni economiche e
tecnologiche del sistema della comunicazione: la dinamica del P2P (peer
to peer) da Napster a Gnutella, a Freenet; il modello di sviluppo
Opensource (Linux); la General Public License (GPL) che estende a
tutto il software che la integra il diritto alla copia e alla
diffusione libera; progetti cooperativi come Wilkipedia
(enciclopedia on line a cui tutti possono contribuire) ed i Weblog
(diari pubblici su notizie selezionate) costituiscono -secondo l’autore
- una risposta endogena alla trasformazione dell’Internet in un
universo televisivo a pagamento con un’interattività di basso
livello (sondaggi sì o no a questo o a quello).
Vi sono quindi le premesse perché il popolo dei consumatori possa
estendere i propri diritti sulla Rete e sull’accesso alle
conoscenze universali, perché l’uomo - conclude Carlini - non è
solo economicus, ma anche reciprocans, opera anche solo per il
piacere, just for fun e per il gusto della libertà e “sembra
difficile che gli organi legislativi possano restare indifferenti
rispetto a un tale ribaltamento di valori su cui gli stati si sono
formati”. La soluzione del dilemma del prigioniero è: collabora,
guadagnerai un po’ meno, ma guadagneranno tutti e alla fine del
gioco tutti saranno più ricchi.
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