Ma che significa opensource?
Piero Comandè
Il marchio opensource significa “sorgenti aperte”.
Registrato alla fine degli anni ’90 da Bruce Perens e Eric Raymond
impone libertà di accesso al codice sorgente. Infatti se i computer
leggono il codice binario, gli uomini no. I programmi opensource offrono
invece la possibilità al compratore o all’utilizzatore di leggere
il programma nel linguaggio in cui il programmatore l’ha scritto
(per es. C o pascal) e di eventualmente modificarlo; i programmi closedsource,
la maggioranza dei software commerciali, no.
L’interesse per questo particolare approccio al software, basato
interamente su Internet e sulla collaborazione di programmatori
liberi e aziende, è cresciuto negli ultimi anni con il fenomeno
Linux, e ha cominciato ad incidere in maniera significativa sulla
cultura informatica e le strategie commerciali delle grandi società
di software.
Attualmente, un nuovo settore si sta aprendo a questo modello di
sviluppo: la pubblica amministrazione. In alcuni paesi europei come
la Francia, la Germania e la Spagna sono stati presentati disegni di
legge per favorirne l’introduzione negli uffici pubblici e nelle
scuole. In Asia la Cina ha scelto di utilizzare esclusivamente
questo tipo di software nell’amministrazione pubblica e anche la
Corea e le Filippine lo promuovono. In Messico la rete Scolar.net
impiega software opensource nelle scuole, anche per motivi
economici perché consente di impiegare PC obsoleti (386).
Anche in Italia possiamo vantare esperienze interessanti: ne sono
esempi la rete civica di Modena, il Gruppo di supporto all'uso
didattico delle nuove tecnologie del Servizio istruzione e
assistenza scolastica della Provincia Autonoma di Trento, l’Osservatorio
tecnologico del Ministero della Pubblica Istruzione e il CSP (Centro
di Eccellenza per la Ricerca, Sviluppo e Sperimentazione di
Tecnologie Avanzate Informatiche e Telematiche di Torino) che ha
realizzato il servizio di certificazione digitale del Comune di
Torino, il progetto di protocollo digitale per la pubblica
amministrazione della Scuola S.Anna.
La novità non deve però diventare fanatismo, gli stessi
protagonisti dell’innovazione sono pragmatici: l’interesse per
il prodotto tecnologico deve prevalere sulle guerre ideologiche. L’opensource
offre l’opportunità di promuovere importanti risorse umane,
tuttavia è esigente -richiede la conoscenza della lingua inglese,
un approccio creativo e competenze non banali- e non può essere una
soluzione valida in tutti i contesti lavorativi “qui e ora”.
Da qui la necessità di una formazione più approfondita, alla quale
l’Università di Tor Vergata a Roma ha inteso rispondere con l’istituzione
di un master per lo sviluppo del software libero.
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