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         Ciak, si gira: va in scena la new
        economy 
         
         
         
        Valentina Furlanetto 
         
         
         
        La new economy, i computer, l’e-commerce, in una parola Internet,
        sbarcano al cinema e diventano ambientazione e soggetto di alcune
        pellicole che in questo momento si stanno girando o producendo negli
        Stati Uniti. Sono tre in particolare i tentativi di raccontare sul
        grande schermo l’era digitale. Al “Sundance Film Festival” (18-28
        gennaio 2001) è stato presentato il documentario Startup.com,
        che racconta la parabola di una start up company della Silicon Valley. E’
        in fase di post-produzione, invece, Purpo$e, che parla dell’avventura
        di due ragazzi diventati ricchi dopo aver fondato un Internet service
        provider (Isp), mentre Revolution O.S. è il primo film dedicato
        ad un sistema operativo per computer, in questo caso il sistema “open
        source” Linux. 
         
        Startup.com racconta la storia di una dot.com, un’azienda
        Internet, dalla sua nascita alla sua morte. Si tratta della vera storia
        della società GovWorks.com, sito Internet che ha brillato per qualche
        mese nel firmamento della new economy per poi spegnersi lentamente, come
        sta accadendo a molte dot.com in queste settimane. GovWorks.com si
        occupava di fornire ai cittadini spiegazioni su come usare i servizi
        online messi in Rete dai governi locali, statali e federali. L’idea
        era venuta a Kaleil Isaza Tuzman, un analista di Wall Street, che aveva
        deciso di abbandonare il suo lavoro e di fondare, assieme a un compagno
        di Università, questa start up. Un’iniziativa che all’inizio aveva
        sollevato un generale e ampio entusiasmo, tanto che i fondatori furono
        anche invitati alla Casa Bianca. 
          
         
        Ma il sito, sostenuto all’inizio dai finanziamenti dei venture
        capital, non è mai riuscito a camminare sulle sue gambe e alla fine ha
        dovuto chiudere. I due registi del documentario, Jehane Noujaim e Chris
        Hegedus, hanno iniziato a girare nel periodo di maggiore euforia per la
        new economy, mentre le riprese sono finite nel marzo 2000, proprio
        quanto, con la caduta del Nasdaq, molte dot.com hanno iniziato a
        chiudere i battenti. Nelle 413 ore di girato c’è tutto di
        GovWorks.com: dal consiglio d’amministrazione della società alla
        sequenza, in diretta, del licenziamento di un dipendente. 
         
        Più fiction e meno consapevolezza dei rischi che si corrono nell’era
        digitale nella storia raccontata da Purpo$e, dove due ragazzi,
        poco più che teen-agers, Robert Jennings (interpretato da Jeffrey
        Donovan, già visto in Blair Witch Project 2), e John Elias
        (interpretato da John Light), fondano l’Internet service provider
        Digital Dreams. La società, nata dal nulla, ha improvvisamente un
        successo insperato e rende miliardari i due fondatori. Il film, nel
        quale appaiono star hollywoodiane del calibro di Mia Farrow e Peter
        Coyote, uscirà negli Usa entro quest’estate e si basa sulla storia
        vera di Ronnie Apteker, che firma anche il soggetto della pellicola. 
          
         
        Apteker nel 1996 fondò in Sudafrica The Internet Solution, un Internet
        service provider che dal nulla diventò una delle società più
        importanti del mondo digitale tanto da essere venduta un anno dopo alla
        Dimension Data, società quotata per 100 milioni di dollari. Ma Purpo$e
        è anche la storia dello scontro tra chi si era lanciato nell’avventura
        della new economy per puro idealismo, per “fare la differenza”, per
        costruire l’”Internet revolution” come dice John Elias nel film e
        chi, come il socio di Elias, Jeffrey Donovan, aveva solo fiutato l’affare. 
         
        E c’è molto idealismo anche in Revolution O.S.. La pellicola,
        realizzata da J.T.S. Moore, almeno nella presentazione che ne fanno gli
        autori, viene definita come un film "di genere epico", una
        sorta di Davide e Golia del ventunesimo secolo. Protagonisti sono Linux,
        il sistema operativo “open source” (da cui la sigla “O.S.” del
        titolo), e il movimento di sostenitori del software libero. Il Golia di
        turno è ovviamente la Microsoft di Bill Gates, contro il cui dominio
        del mercato mondiale combattono - nel film come nella realtà -
        programmatori indipendenti, hacker e visionari di ogni genere. 
         
        Infatti Linux è un sistema operativo che viene continuamente arricchito
        dal contributo di chiunque vuole migliorarlo e non appartiene a nessuno.
        "Il movimento open source - ha detto il regista Moore al magazine
        online Wired - riguarda centinaia di migliaia di hacker e
        programmatori che cercano di liberarsi del giogo della più potente
        società che esista sulla Terra, Microsoft. Se questa non è epica, non
        so cosa lo sia". Per raccontare la sfida, Moore avrebbe voluto un
        attore da kolossal come Charlton Heston, "ma non avevo abbastanza
        soldi per ingaggiarlo", così i protagonisti di Revolution O.S.
        sono i personaggi reali che hanno fatto la storia del movimento “open
        source”, a partire da quel Linus Torvalds, che ha fondato Linux
        dandogli il suo nome quando ancora era un teen-ager. 
         
        Quello che sembra aver incuriosito maggiormente registi e autori è
        soprattutto la tensione epica che sottende i soggetti: la battaglia
        ideale per divulgare un sistema operativo condiviso e aperto a tutti
        oppure il sogno di chi credeva di dare inizio a una nuova realtà
        sociale ed economica, una ”prateria”, un “Far West” da
        colonizzare. E si sa quanto questa lettura possa piacere a un pubblico
        americano. L’ultima incarnazione del sogno americano, si direbbe. 
         
        Fin qui è sociologia. Sarà curioso vedere poi se anche formalmente e
        stilisticamente queste pellicole saranno in grado di raccontarci con
        immagini nuove, un montaggio diverso e tecniche sperimentali il mondo
        digitale: i tre film non sono ancora arrivati in Italia e quindi è
        impossibile capire se si tratti di capolavori o di pellicole di serie B.
        Ovvero se Internet e la new economy saranno, oltre che nuovi soggetti e
        nuove ambientazioni per il grande schermo, anche stimoli (visivi,
        sonori, interattivi?) per un cinema diverso. 
         
         
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