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Linux: minaccia o fenomeno culturale?



Piero Comandé



Il boom borsistico delle società che operano su Linux ha coinciso con la forte crescita della "nuova economia" internettiana. Dai server al desktop, dall'università all'utente privato l'interesse monta. Lo attestano le riviste e i corsi pratici rivolti non più solo a studiosi o hacker: già si parla di Linux anche in azienda o nel mondo dell' e-commerce.

Linux è un kernel - il "motore" dei sistemi operativi - nato dall'hobby di un giovane studente dell' Università di Helsinki, Linus Torvalds , ed è diventato in pochi anni un'opera collettiva: un sistema operativo completo aperto agli interessi dell'utente "profano". Benché lo sviluppo del kernel sia rimasto sotto il controllo del suo ideatore, Linux non è diventata un'azienda: sia il sistema eseguibile, sia il suo "codice sorgente aperto" sono stati messi gratuitamente a disposizione della comunità.


Il resto l'hanno fatto l'uso delle utilità GNU (ad esempio il compilatore gcc) soggette alla licenza GPL (General Public Licence), che impedisce l'esercizio di diritti esclusivi di copia e di modifica del software  e la collaborazione di centinaia di programmatori sparsi per il mondo e collegati in Rete. Oggi chi lavora in ambiente Linux (o più precisamente GNU/Linux) dispone di programmi per la produttività personale (videoscrittura, foglio di calcolo, database, grafica) e può avvicinarsi alla multimedialità. Ma un tale e sorprendente risultato non sarebbe stato possibile senza Internet: la "Rete delle reti" è stata l'effettivo "direttore d' orchestra" di questa impresa cooperativa.

Linux è un sistema operativo stabile, solido e sicuro, ma senza alcuna garanzia. La licenza GPL esclude infatti qualsiasi responsabilità per il danni che potrebbero derivare dal suo malfunzionamento. E come potrebbe essere altrimenti? Se stiamo contrattando un acquisto e il sistema "crolla" non si può certo addebitarne la responsabilità a chi ce lo ha "donato".

Dunque che cosa può spingere un numero sempre maggiore di utenti in qualche modo a mettersi nei guai? Si può sostenere che le recenti interfacce grafiche KDE  e GNOME  abbiano reso questo sistema derivato da UNIX più amichevole, più simile agli altri. Oppure che il suo costo tendente a zero sia intrigante ai fini commerciali. Sono noti i solidi principi di progettazione che hanno reso Linux un mito di portabilità su molteplici architetture hardware, e ha indubbiamente rafforzato la sua reputazione una certa stanchezza del pubblico per alcune esagerazioni del mercato, al punto che i titoli delle riviste d'informatica sembrano quelli della stampa sportiva: Cpu con potenze da supermuscolo e schede che urlano.

Un tempo bastavano due floppy per caricare un sistema e poco più di dieci per mettere in piedi un'intera suite di applicazioni per l'ufficio. Oggi non è sufficiente un CD ROM. E talvolta si percepisce l' acquisto del computer come una perdita, perché sorge spontanea in noi la domanda: "quanto durerà?" Una parte della fortuna di Linux forse va ricercata nel suo approccio più flessibile, specialmente se ci si connette alla Rete. Non solo Linux è multipiattaforma, ma può essere "scalato" su diverse configurazioni "storiche", dall'Intel 386 al Pentium, in modalità testo o grafica, PPC Machintosh. Anche un computer di non recentissima fattura può rinascere e conservare una sua utilità (è ovvio che un uso "pesante" del sistema richiede CPU e RAM più robusti). In breve si può tirare un respiro di sollievo, rallentando la corsa tra hardware e software.


Linux è considerato da molti anche un fenomeno culturale. Mettendo radici nella storia della Free Software Foundation  fondata nel 1984 da Richard Stallman, noto anche come RMS,  ha contribuito ad aprire la strada dell'"opensource", cioé dei codici sorgente aperti. Linux interpreterebbe, meglio di altri sistemi operativi, quei concetti che sono la cifra del mondo digitale: globalizzazione, decentramento, interattività e personalizzazione. In un mondo globalizzato è difficile accettare un monopolio delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Marco Borries, creatore della Star Division, dichiara: "a un certo punto le persone vogliono avere un'alternativa". E nella società dei bit è forte la tendenza a tirare a sè le risposte, così come è altrettanto significativa la volontà di interagire con le decisioni altrui.

Lo "stormo di uccelli" - l' immagine è di Mitchell Resnick - Linux è il risultato di un insieme cooperativo di "microprocessori", ognuno dei quali partecipa al movimento dell'insieme seguendo sue proprie regole che si armonizzano con quelle altrui senza che vi sia un direttore d'orchestra. "Non cessa di sorprendere" - nota in "Essere digitali" Nicholas Negroponte - "quanto poco sappiamo sui fenomeni di coordinamento che si instaurano nelle attività di agenti tra loro indipendenti".

Linux offre anche un approccio cooperativo e interattivo all'informatica, perché fa uscire l'utente dalla condizione di "paziente", offrendogli una via - più o meno sofisticata - per tirare a sè ciò ci cui ha bisogno (narrowcatching). Chi ne ha la capacità e/o la voglia può ridisegnare il sistema operativo o le applicazioni secondo i suoi gusti e necessità del momento. Infatti la GPL richiede che tutto il software rilasciato sotto questa licenza debba essere fornito con il codice sorgente gratuito. Tramite il modem, gli utenti Linux interagiscono con sistemi che generano una capacità virtualmente illimitata di erogazione di servizi e di software. L'installazione è solo il primo passo: tutte le applicazioni o desktop - persino i nuovi kernel (è imminente l'uscita del 2.4) e interi desktop con le loro applicazioni - possono essere caricati dalla Rete e liberamente scambiati per effetto della "viralità" della GPL.

E' la psicologia del "dimmi di più" che prende forma in un processo che fa dialogare nella Rete l'uomo e la macchina, lo sviluppatore e il consumatore. Chi usa Linux si costruisce il "suo" sistema e può modificare quando vuole il "suo" ambiente di lavoro. Mancando una casa madre, il prodotto non è spinto verso il pubblico, l'informazione non è pensata per risultare gradevole all'uomo medio. In Linux l' astrazione statistica non esiste: io sono io.

Tali motivazioni sembrano dispiegarsi in un contesto non più determinato dal paradigma informatico del software. Un tempo - prima della crescita di Internet - tutte le ricerche e le pubblicazioni necessitavano di software, alcune attività, ad esempio la ricerca di un libro da acquistare o consultare, erano quasi impossibili . Oggi non è più così. E' facile scoprire in quale biblioteca italiana si trovi un certo libro o acquistarlo senza avere una riga di programma dedicato nel proprio computer. Basta consultare il sito Web del database dell'Istituto Centrale per il Catalogo Unico e il gioco è fatto.

Queste "azioni" ri/definiscono i siti Web come "infoware" ovvero applicazioni informative, definite da alcuni "killer application". Chi oggi comprerebbe dei CD con i testi della letteratura italiana, potendo scaricare ciò che gli serve da queste "infoware" (vedi www.alice.it )? E' significativo che gran parte delle tecnologie del Web siano stati sviluppate tramite un processo analogo a quello dei programmi ceduti con le sorgenti aperte e gratuite a cui appartiene anche Linux. Ciò spiega, forse, perché il Web sia ancora così privo di contenuti dinamici sofisticati: il Web lo stanno "facendo" i dilettanti a modo loro, non i professionisti.

Non sorprende perciò che Linux appaia a molti la piattaforma naturale delle "infoware", poiché entrambi sono accomunati dall' etica della condivisione/clonazione dei siti e dall'istanza di un accesso a basso costo alla Rete. Né sorprende che negli "Halloween papers"  - un documento emerso fra le carte del processo alla Microsoft nel 1998 - alcuni dirigenti della casa di Redmond abbiano indicato questo sistema operativo come una minaccia "credibile e di lungo periodo". Del resto la storia dell'industria informatica in questi ultimi trent'anni è stata caratterizzata dall'abbassamento delle barriere all'ingresso nel business dei computer con la separazione del software dalle piattaforme hardware: Linux e l'"opensource" sembrano scavare nella stessa direzione nel settore del software e del Web.




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