Come esportare i
nostri autori all'estero
Gianni Gremese con
Chiara Lico
Il
suo discorso è logico e lineare: gli scrittori italiani non
interessano agli
editori stranieri. Ma non perché non siano validi. Piuttosto, perché
quasi
nessuno li traduce e quasi nessuno li conosce. Ecco il motivo per cui
sugli
scaffali delle librerie estere a mala pena si possono trovare
i nostri autori più affermati.
E non c’è da guardare troppo lontano per capirne il motivo,
secondo
lui: l’italiano è una lingua
poco parlata e quasi per niente conosciuta. “Un ostacolo,
insomma”.
Risponde
così Gianni Gremese, fondatore e direttore dell’omonima casa
editrice
specializzata in pubblicazioni su cinema, danza e musica se gli si
chiede
che peccato abbiano mai commesso gli autori italiani per vedersi
raramente concedere il passaporto per espatriare. E poi, dopo le
spiegazioni teoriche, fornisce soluzioni pratiche, come quella
che lui stesso, 57 anni, nato a Udine
“ma praticamente romano da sempre”, propone
con la collana “Scrittori d’Italia” con la quale esporterà all’estero,
già tradotti,
testi di autori italiani.
Da
dove nasce l’idea di “Scrittori
d’Italia”?
Dalla
necessità di spezzare il circolo vizioso nel quale stanno
annaspando la nostra
editoria e, di riflesso, i nostri autori.
Con “Scrittori d’Italia” ci
riproponiamo di far conoscere all’estero i nostri grandi
nomi ancora sconosciuti
all'estero.
Si tratta di un’operazione in cui rientreranno scrittori
notissimi.
Qual
è, secondo lei, la chiave di volta di un’idea come la sua?
Per
un autore avere un libro tradotto in
inglese significa poterlo
pubblicare ovunque. Significa vedersi schiudere le porte del mondo:
viene letto di più e aumenta il suo prestigio.
Una
volta che li avrà tradotti,
dove esporterà i
suoi libri la Gremese?
Soprattutto
negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia dove,
in particolare,
abbiamo già fatto
questo esperimento con duecento opere. Erano testi di cinema e sono
andati molto bene.

Anche
per “Scrittori d’Italia” continuerete
con le pubblicazioni specializzate
o vi aprirete alla narrativa?
Ci sarà anche la narrativa, ma solo quella degli scrittori già
famosi.
Qualche
nome?
Porteremo
fuori Pirandello, Pratolini e, tra i contemporanei, anche Bevilacqua
parteciperà di questo progetto, con “La Califfa”.
Gremese,
la
sua è un’idea innovativa. Ma pensare di proporre a un pubblico
straniero scrittori dei quali
non si conosce la cultura - perché non se ne conosce la lingua - dal
punto di vista economico non è un azzardo?
Si
tratta in effetti di un’operazione costosa, che ha previsto
traduttori e correttori di madrelingua, e
ha comportato la scelta dei luoghi, l’analisi
e la conoscenza delle realtà di mercato locali.
L’idea che noi stiamo
cercando di concretizzare, infatti, è quella di uno sponsor che
permetta
di pubblicare molti libri in maniera sempre editorialmente corretta.
Sembra
quasi una strategia commerciale…
In
un certo senso è così: non posso negare che ha la sua importanza il
fatto che gli
autori nutrano la speranza di essere pubblicati all’estero dalla
Gremese
Quanto
ha influito, nel suo progetto, la volontà di diversificarsi rispetto
al panorama editoriale nazionale?
Ogni
editore è un creativo, un ambizioso. Di più: un egoista. Ha pulsioni
intellettuali proprie,
cerca di arrivare, con l’intuizione, a capire
che cosa piace al pubblico, ma di arrivarci
prima. In
questo senso,
ogni libro di successo è più di una soddisfazione personale: è
quasi una
vittoria. E’
inevitabile, quindi, che si debba cercare una continua diversificazione.
Perché
si diventa editori oggi?
Non
saprei dare una risposta valida per tutti. Personalmente, sono cresciuto
tra i libri. Ancor prima di fare l’editore ho lavorato per molti
anni
come libraio nell’azienda di mio padre. E' lì che ho
imparato ad amare la letteratura
e gli autori. Ed è lì che ho
conosciuto Pasolini, Moravia, Bassani, Cassola. Facevo
venire i libri dalla Francia…
Da
libraio a editore. Perché?
Perché
in realtà un libraio è un editore in fermento. Anche lui è
l’anello di congiunzione
tra il produttore e il consumatore. Anche lui deve individuare gli
argomenti assenti o quelli interessanti. Solo che il libraio vede la
realtà
dell’editoria nella quotidianità, mentre l’editore deve riuscire
a prevederla
da lontano.
Che gliene sembra del
panorama editoriale italiano?
Difficile.
E lo stato di malessere si va accenutando.
Si
spieghi: qual è il male di cui soffre l’editoria?
Il
problema è all’origine: gli italiani non leggono. Siamo un popolo
di analfabeti
di ritorno. E parallelamente c’è una minoranza illuminata. Ma la
stragrande
maggioranza ha un rapporto ignobile con la lettura. Risultato: è
il
libro che va dietro al lettore e non viceversa. Ecco perché in Italia
la spesa per i libri è sofferta.
E’
per questo che la Gremese edizioni ha scelto di specializzarsi?
Sì.
In questi anni ci siamo ritagliati una nicchia di mercato. E abbiamo
un
pubblico elitario che ci consente di sopravvivere.
E
la narrativa?
Purtroppo
abbiamo dovuto rinunciarvi, almeno per il momento. In questo settore
ci vogliono mezzi molto potenti e noi non
abbiamo mai avuto un ritorno
economico soddisfacente. Il nostro scopo, però, è quello di tornare
a
editare narrativa. Magari anche esordienti.
Un’ultima
domanda: che cos’è un libro?
E’
una continua sfida. Una scommessa.
Per ulteriori informazioni su
Gremese edizioni potete contattare il sito all'indirizzo www.gremese.com
Vi e' piaciuto questo articolo?Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio libri |