Caffe' Europa
Attualita'



Scarafaggi, a voi la parola


Chiara Lico

Ci sono parole che dicono più di quanto dovrebbero. "Ho visto tua madre sul divano con quell’uomo addosso". Più di quanto vorremmo. "Gli mangio più vicino di quanto pensano". Se ti sfiorano, le riconosci: forse le hai sentite già. "Quando il destino ti passa sopra / ti trascina dove vuole". Restano immobili in un punto di noi. "I rimorsi...le colpe.../ non dovevo entrarci". Che non è la testa e non è il cuore. "Devo andar via. / Qualcuno mi pesterà, lo sento". Perché è tra la testa e il cuore. "Vengo fuori dalla sua bocca aperta. Dentro non gli è rimasto nulla". E poi rallentano, dondolano e si fermano nella memoria. "...pensando all’eternità, / a quel velato mistero/ della vita, dove lento è il passaggio, lento/ il divenire, per uno scarafaggio".

Le parole che aprono il sipario su una dimensione parallela, rifiutata, sconosciuta eppure viva, che pensa e soffre, sono quelle fissate da Fabrizio Ansaldo, quarantaquattro anni, romano, nei ventiquattro componimenti poetici della raccolta Scarafaggi, appena uscita per i tipi dell’editrice La Camera Verde. A raccontarsi e a dire la difficoltà di prendere posto in un mondo già tutto occupato dagli uomini e dalle loro abitudini imposte anche a chi non le dà per scontate, sono proprio loro, le blatte. Che attraverso un meccanismo di rovesciamento del punto di vista, permettono di puntare i riflettori sulle loro stesse vite e, per estensione, su tutte le esistenze condotte al buio, nell’emarginazione, nel disprezzo regalato senza un vero motivo. E che, quasi per dispetto, quando decidono di prendere la parola, fanno poesia.

ansaldo.jpg (13842 byte)


Scritti tra il 1996 e il 1997 e incatenati in una metrica schiva alla rima e non sempre tradizionale, i versi di Ansaldo hanno un ritmo scandito dalle frequenti anafore e da una punteggiatura insistente e decisa. E se lo stile è asciutto e attento _"Stato di coscienza), è pur vero che tradisce sfogo e passione _Morire di lunedì), o dolore _Vero cuoio)." Fino a trasformarsi in ribellione, poi, quando urla senza fiato per reagire al senso di sopraffazione e annientamento. Come in Le mie uova, dove il grido di vendetta è icasticamente rappresentato nella scrittura dall’emergere delle lettere maiuscole.

La poesia per Fabrizio Ansaldo "richiede quell’urgenza e quell’immediatezza che permettono, nel poco, di dire molto" ed è "piacere e dolore allo stesso tempo", perché c’è sempre il rischio, spiega l'autore, che quel che si vuol dire non arrivi a destinazione. Anche se "io non cerco un destinatario specifico ai miei lavori. Preferisco pensare che le mie poesie nascano per coloro che proveranno piacere a leggerle. In questo senso, se si tratta di dare emozioni, mi auguro di poterle dare a tutti".

E una delle maniere è quella di parlare del nostro mondo osservandolo con gli occhi e le sensazioni di chi è relegato ai suoi margini. Come fa questo poeta che si definisce "un osservatore" e che racconta di aver voluto dar voce a un mondo che non ne ha attraverso uno spostamento dell’ottica di osservazione. "La raccolta è una metafora della condizione umana e ho scelto di trattarla a partire dal basso, dal grado zero della realtà, dalla terra". E proprio dalla terra sale l’unica voce di uomo al quale l’autore ha concesso il diritto di parola. "Sì, ma non a caso si tratta di un morto. Di un uomo, cioè, che non è più tale, che appartiene ormai a un’altra dimensione e che solo per questo è in grado di capire che esistono altre verità, altre realtà. E che con queste altre realtà può parlare. A loro, addirittura, affidarsi". Ma perché proprio gli scarafaggi? "Perché nell’immaginario collettivo, lo scarafaggio si impone fin dall’infanzia come qualcosa di mostruoso. E credo che la ricerca di ogni artista sia esattamente questo: la scoperta del bello attraverso l’analisi del suo opposto".

E una volta che finalmente si trova, il gioco è strano: bisogna prendere le distanze da tutto ciò che si è tanto inseguito e faticosamente raggiunto. Come fa questo poeta che confessa che le sue opere sanno tanto anche di sofferenza. E che non ha dubbi: "Per stare bene debbo allontanarmi dalle mie poesie". Altrimenti?, verrebbe da chiedere. E la risposta sembra di leggerla in quei versi snocciolati come un avvertimento prima che la raccolta inizi: "Io mondo è al collasso/Sta esplodendo/E noi scarafaggi dentro/ come il nocciolo rosso/di una ciliegia".



Vi e' piaciuto questo articolo?Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio libri


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo