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Scrivere con due anime


Tina Cosmai

 

A Torino, che come ogni anno ha ospitato la Fiera del Libro, si è parlato dell’incontro tra culture e letterature diverse. Uno scambio culturale vasto e significativo che ha percorso l’intero itinerario temporale di questa manifestazione. Un itinerario interessante e dal significato audace, perché accettare la diversità è sempre sinonimo di crescita, di espressione di nuovi valori umani e culturali.

La Fiera del Libro si è sviluppata sulla scia della multietnicità, dello scambio tra identità culturali diverse, perché la letteratura e l’arte in genere mantengano il loro valore relazionale, di contatto tra anime, di scambio di sensazioni, emozioni, valori e significati ampi. Una realtà letteraria quindi in profonda trasformazione nelle società occidentali. Accanto a questo aspetto multiculturale, vi è stato anche quello dell’innovazione tecnologica, che sta cambiando radicalmente il nostro modo di pensare, di comunicare, di scrivere: il mondo del Web che è anche mondo comunicativo, di scambio che diviene sempre più ibridato.

Insomma, identità e differenze si scontrano e si incontrano continuamente in uno scenario in cui l’assoluto e il determinato si frantumano per dare spazio a nuovi mondi fatti di migrazioni culturali e umane, di intrecci di linguaggi ed esperienze. Su questo tema libero e ambivalente sono intervenuti scrittori popolarissimi come Daniel Pennac e Andrea Camilleri che hanno discusso e scritto, nelle loro opere, della contaminazione tra generi e linguaggi. Inoltre vi è stata una folta rappresentanza di scrittori e studiosi palestinesi, siriani, egiziani, algerini, marocchini, e latino-americani, che hanno partecipato a convegni dedicati alla scrittura dell’alterità


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Grande attenzione è stata dedicata alla letteratura per ragazzi, improntata a tema sul dialogo tra le culture, come educazione allo scambio e alla conoscenza di elementi molteplici, affinché la diversità possa essere una ricchezza, possa insegnare nuovi valori e modalità d’esistenza.

Un tema, questo della diversità, molto dibattuto nei vari incontri della Fiera del Libro. Tra i più attinenti, quello sulla letteratura d’emigrazione, tenutosi sabato 13 maggio nello Spazio Autori, dal titolo "Scrivere con due anime", organizzato dal Grappolo Edizioni, con interventi di Furio Colombo, coordinatore dell’incontro, dell’editore Antonio Corbisiero, del poeta italoamericano Joseph Tusiani e di Emilio Bandiera, traduttore delle liriche latine del Tusiani. Un incontro in cui si è manifestata l’esigenza di far conoscere in Italia una letteratura a noi sconosciuta, quella d’emigrazione.

Con la pubblicazione del libro di Pascal D’Angelo "Son of Italy" ( Il Grappolo Edizioni), si è aperto un nuovo capitolo letterario che diviene simbolo del rapporto tra due culture, quella operaia e quella letteraria. Pascal D’Angelo, nato ad Introdacqua, un paese dell’Abruzzo, e morto a Brooklyn nel 1932, emigrato in America all’età di sedici anni, da spaccapietre diviene poeta, e lotta per l’affermazione di questa sua nuova identità. Autori, sconosciuti o dimenticati, come D'Angelo e Tusiani, definito da Furio Colombo "testimone straordinario dell’anima e della cultura italiana", hanno messo in evidenza l’alterità e la contaminazione dei linguaggi.

Tusiani ha scelto di scrivere in latino le sue poesie. La sua ultima raccolta di liriche "Radicitus", edita sempre dal Grappolo Edizioni, designa l’attaccamento a un linguaggio arcaico, proprio per scongiurare il dramma del sentirsi scisso, diviso tra l’America e l’Italia; il dramma di non sapere quale sia la propria lingua, se l’italiano o l’inglese. Tusiani afferma che Radicitus significa tornare alle radici, e questa scelta stilistica ancestrale rappresenta l’illusione di ritornare, di cogliere un passato ignoto, e anche un farsi perdonare dal destino lo sradicamento dal proprio paese.Quindi la colpa di sentirsi estraneo, di aver inconsciamente rinnegato le proprie radici.

Peraltro una colpa anche indotta da una mentalità tipicamente italiana. Infatti, come afferma Furio Colombo: "la vita italiana è la sola, oltre a quella ebraica, ad avere una importante diaspora: gli italiani in Italia, gli italiani nel mondo. A differenza del popolo ebraico, gli italiani non si sono mai interessati al destino dell’altra parte della diaspora, cioè degli italiani che vivono nel mondo. Non siamo mai stati un popolo aperto a quella nostra radice culturale trapiantata all’estero, percependola sempre come un qualcosa di povero, di non significativo, che ha perso la sua origine insomma. Ciò ha determinato, in questi artisti, la crisi di un’identità separata dal proprio paese".

"Scrivere con due anime" diviene allora l’espressione del disagio personale di colui che si è separato dai proprio luoghi, in una condizione culturale che comunque gli appartiene, ma che è anche l’affermazione della sua nuova identità in un paese ignoto, dove ha portato le sue radici, il suo pathos originario. E il rispetto della diversità vuol significare proprio questo, accettazione profonda di un’origine altra, che arricchisce e stimola il personale artistico ed umano. Questi artisti ci sono riusciti, pur nel dolore di sentirsi, per molto tempo, stranieri alla propria terra.


 

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