C’era una volta il
telefonino
Barbara
Iannarella
Il telefonino è già passato di moda? E’ entrato
ormai a far parte della preistoria delle nuove tecnologie? E se è così,
com’era la vita ai tempi del telefonino?
Sono queste le domande che Gianfranco Marrone, l’autore di C'era una
volta il telefonino (Meltemi), si pone e ci propone, analizzando il
”fenomeno telefonino” in tutti i contesti in cui si è sviluppato
nella nostra società negli ultimi cinque anni: dal boom commerciale
degli inizi ad oggi. Il libro è soprattutto un’analisi del contesto
sociale e linguistico secondo una prospettiva socio–semiotica. Una
prospettiva cioè, in grado di integrare l’osservazione sociale e
l’analisi linguistica del
fenomeno attraverso uno sguardo analitico.
Marrone rivolge la sua ricerca ad alcuni campi discorsivi della
comunicazione sociale come la letteratura, il cinema,
la carta stampata e la pubblicità, in cui è entrato
prepotentemente in gioco l’attore telefonino, personaggio
antropomorfizzato a tutti gli effetti.

Per chi non se ne fosse accorto “l’oscuro oggetto del
desiderio”, ovvero il cellulare, ha trovato posto anche
nell’olimpo della letteratura italiana. E così, ecco una panoramica
di scrittori, pochi a dir la verità, che hanno utilizzato l’oggetto
telefonino nei loro racconti: Stefano Benni, per esempio,che ne ha
fatto uno strumento caratterizzante delle sue tipologie umane; il
drogato di telefonino è una di queste. E poi Camilleri e Lucarelli,
scrittori di romanzi gialli, che invece lo hanno usato come ruolo
narrativo funzionale allo svolgimento dell’azione romanzesca.
Dal libro al cinema il passo è breve e quindi troviamo nel secondo
capitolo una divertente analisi delle diverse sfaccettature valoriali
del telefonino nel cinema di oggi. Dall’uso pratico o futuristico in
film come “Pulp fiction”, “The Net" e “Matrix”
all’uso comico degli italiani “Il Ciclone” e “Viaggi di
nozze”.
Ma se nei libri e nei film il telefonino ha assunto un ruolo
abbastanza marginale, sono i titoli dei giornali e la pubblicità i campi discorsivi che hanno valorizzato in misura maggiore
il fenomeno telefonino nell’immaginario collettivo italiano. I
giornali lo hanno utilizzato come valore-notizia facendogli assumere
di volta in volta, in modo camaleontico, valori diversi a seconda del
contesto .Si è passati dalla figura dell’eroe telefonino,
assolutamente positivo, in grado di salvare i personaggi più
disparati in difficoltà; a quella di anti soggetto, di eroe negativo
: fonte di onde elettromagnetiche nocive, causa di truffe e raggiri e
nemico della privacy.
Quello che risalta dall’analisi semiotica di Marrone è la visione
contraddittoria e non uniforme che ha dato la stampa italiana
dell’oggetto-telefonino che, come tutte le nuove tecnologie, da
status symbol di una élite privilegiata è diventato un fenomeno di
massa, “un’epidemia sociale”.
L’ultimo campo preso in considerazione nel libro è quello della
comunicazione pubblicitaria: ovvero della funzione deformante della
pubblicità nei confronti dei sistemi e dei processi sociali. Anche
qui come per i giornali, l’autore è interessato a mettere in luce i
tipi di valori sociali che la pubblicità inscrive
nell’oggetto-telefonino, più che a descrivere le tattiche
commerciali e strategiche messe in atto dai gestori del servizio e dai
produttori degli apparecchi. La differenza fondamentale è che mentre
le case produttrici di telefonini mettono in risalto le
caratteristiche più o meno tecniche dei loro prodotti, i gestori
tendono a creare degli specifici stili di consumo nel destinatario
attraverso stili comunicativi altrettanto specifici.

Marrone parla di una vera e propria guerra delle valorizzazioni tra
Tim e Omnitel, tra azienda pubblica e azienda privata , tra un tipo di
comunicazione personale, legata a valori tradizionali e familiari, e
un tipo di comunicazione per tutti, legata a valori di libertà e
indipendenza.
Conclude Gianfranco Marrone affermando che ormai il telefonino fa
parte del passato. Non che non esista più, anzi, c’è, circola,
funziona, meglio e più di prima, ma è uscito ormai
dalle narrazioni sociali e dai vissuti personali già da
parecchio tempo .Nei giornali non fa più notizia, al cinema è
divenuto consueto vedere eroi con il telefonino, la letteratura ha
smesso di caratterizzare i suoi personaggi con il cellulare e anche la
pubblicità non insiste più sui valori profondi della telefonia
mobile.
Insomma si può dire che questo oggetto abbia perso il suo potere di
scatenare passioni contrastanti e opposte, ma non è ancora da buttare
via se pensiamo a un futuro non troppo lontano in cui il nostro
telefonino si unirà a Internet e alle altre tecnologie. Una questione
aperta, quella della convergenza multimediale, su cui c’è ancora
tutto da dire.
Ma questo è un altro libro
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