Sergio Garavini: ripensare lillusione
Marco Calamai
Sergio Garavini, dirigente storico della Cgil e del Pci (è stato anche fondatore e
primo segretario di Rifondazione Comunista) ripropone, nel suo recente libro
"Ripensare lillusione" (Rubbettino editore, 1999), lesigenza di un
nuovo progetto di democrazia non subalterna alla dinamica del mercato - " una
soluzione che non sia semplicemente il profitto" - che parta da una valutazione
radicalmente critica degli errori fin qui compiuti dalla sinistra e faccia i conti con lo
sconvolgente fenomeno della globalizzazione capitalistica.
Sulla sconfitta della sinistra non ci sono dubbi: "Il capitalismo ha vinto. Il
liberismo venduto come individualismo è idea e politica di fine secolo". E ancora:
"Lanarchia capitalista si è dimostrata, ed è, più attraente delle riforme
tentate e realizzate da comunisti e socialisti attraverso le istituzioni "
Garavini, in effetti, è drastico nel suo giudizio critico non solo sul socialismo
reale (riconfermando così una sua coerente collocazione che viene dal lontano 1956,
quando lallora giovane dirigente sindacale si espresse allinterno del Pci
contro lintervento militare sovietico in Ungheria) ma anche sulle esperienze
socialdemocratiche che agirebbero a rimorchio della attuale dinamica del mercato.
La tesi di fondo è che "la sinistra", non solo quella comunista, "è
divenuta sempre più statalista". Il che spiegherebbe, tra laltro, perché le
ricette riformiste si rivelino ora, nellera del mercato globale e delle nuove
tecnologie, impotenti di fronte alla crisi dello Stato sociale. In ogni caso, lo
statalismo della sinistra avrebbe impedito la crescita della partecipazione, di una
democrazia diffusa e consapevole.
Occorre dunque - e qui lautore esprime una non comune coerenza con le posizioni
da lui sostenute in passato (in particolare la battaglia per il Sindacato dei Consigli ) -
superare la tradizionale sottovalutazione dei "rapporti sociali rispetto ai rapporti
istituzionali", recuperando al contrario quelle istanze di partecipazione dal basso,
di autogestione sociale , di democrazia diretta che segnarono linizio della protesta
sociale in Europa durante lOttocento e che poi furono totalmente sottovalutate
quando non aspramente combattute dalla sinistra al potere durante il Novecento.
Partendo da questa riflessione Garavini cerca di suggerire, sono forse le pagine più
stimolanti del libro, le azioni da sviluppare per delineare un "moderno discorso
socialista". "Si potrebbero avere grandi risultati
attraverso la riforma
della gestione dello Stato sociale, la riforma dellimpresa, la riforma fiscale, se
realizzate sostiene il libro- nellambito del potere dei cittadini
amministrati consentendo loro un ruolo che vada oltre il semplice esercizio del consenso
elettorale".
E evidente che Garavini va oltre la vecchia idea di una sorta di "terza
via", non comunista e non socialdemocratica, che fu punto centrale nella discussione
politica e teorica allinterno del Pci soprattutto negli anni Ottanta, quando il
faticoso accentuarsi di posizioni critiche verso il socialismo reale andava di pari passo
con lesigenza di non confondersi con lesperienza dei partiti
socialdemocratici. Qui, invece, laccento è posto con forza , come si è visto, sul
tema della democrazia e della partecipazione dal basso. Viene riconfermato, in ogni caso,
un radicale rifiuto, politico e morale, di quelle che resterebbero le caratteristiche
tipiche del capitalismo, la sua "avidità" e la sua "amoralità".
Contro le quali occorre "una nuova volontà democratica e riformatrice".
Già, ma quali sono oggi le forze sociali chiamata ad essere protagoniste di questa
nuova fase della lotta contro il profitto?
Il discorso si fa generale, astratto, sfiora lutopia: "Ieri avrei detto i
lavoratori . Oggi potrei dire lumanità". Si tratta di "una forza
immensa", sostiene con passione lautore, che tuttavia "non può esprimersi
spontaneamente". Sono infatti i "lavoratori del mondo" che ora devono
organizzarsi, superando le forme di associazione politica e sindacale tradizionali.
Una nuova utopia rivoluzionaria? Un fatto è certo: Garavini (che oggi non si riconosce
più nei partiti della sinistra italiana) rivendica con rinnovata tenacia una direzione di
marcia che "non è affatto una esigenza estremistica" perché "quando il
capitalismo domina il mondo proporre una analisi critica del sistema è condizione di
cultura e di libertà insieme personale e sociale". Insomma: il capitalismo ha vinto
su tutta la linea ma non per questo si deve abbandonare "lillusione" del
suo superamento .
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