Metafisica dei tubi
Barbara Iannarella
Amélie Nothomb, Metafisica dei tubi, Voland, 121 pp, euro10,35
Può rimanere traccia del nulla? Di quella fase pre-cosciente in cui
tutto è indistinto e nebuloso, come i primi anni della vita di ogni
essere umano? E che cosa sono i tubi? L’autrice di questo libro,
scrittrice belga di lingua francese, divenuta un caso letterario in
Francia, ci fa entrare in una sorta di mini-autobiografia allucinata
e allucinante che racconta i suoi primi tre anni di vita passati in
Giappone. Ma non è solo questo: la Nothomb, con il suo stile
narrativo agrodolce, ironico, leggero e inquietante dà voce alle
sensazioni e alle emozioni delle prime scoperte della vita, quasi un
racconto fantastico, visionario, raccontato in prima persona, con
autoironico distacco, da una bimbetta che crede di essere Dio, che
si stupisce del fatto di non essere venerata dal mondo intero ma
solo dalla sua amata e dolce nutrice nipponica.

Gli altri personaggi del racconto, genitori,
fratelli, nutrici, fanno da sfondo variegato e divertito a questa
sorta di monologo in cui ricordi e reminiscenze si confondono con la
realtà e la deformano, creando prospettive sempre nuove a seconda
dello sguardo della protagonista, intenta a mostrarsi e a mostrarci
l’altra faccia delle cose, anche le più irriverenti. E per questo
le più divertenti da scoprire. Metafore e paradossi ci accompagnano
in questo piccolo viaggio alla scoperta del mondo dove tutto è il
contrario di tutto. Soprattutto, tra le tante, l’esperienza che la
piccola Amélie fa dell’acqua è rivelatrice: il lasciarsi andare
in questo elemento primordiale le procura un piacere istintivo,
naturale, che la fa ricongiungere alla sua idea di eternità, di
pienezza cosmica e assoluta. E difatti la piccola tenta per due
volte di annegarsi. In quel momento anche noi con lei ci immergiamo
in un mondo completamente diverso, rallentato, pieno di sfumature
che affascinano come un ritorno al nulla primordiale.
L’idea della morte è sempre presente, ma “è una meravigliosa
assenza di angoscia”quella che traspare in questa scrittura fatta
di contrasti. “Il fatto è che la morte, come una tana, come la
solitudine, è insieme orribile e allettante: si ha la sensazione di
poterci stare bene.” Ma dalla morte può nascere la vita. Così,
nel racconto, si passa in maniera fluida dall’orrore per la vita
da “tubo flessibile che ingoia e rimane vuoto”, quello stadio di
pre-vita in cui si è impermeabili a tutto, anestetizzati alle
emozioni, (sperimentato dalla protagonista all’inizio del suo
viaggio sulla terra), all’estasi per la bellezza della natura del
suo giardino giapponese, all’amore spassionato per le nuvole che
danno la pioggia e la pioggia stessa che ingaggia ogni volta una
lotta spietata con la terra.

Una dark lady della letteratura contemporanea, un’eccentrica
nel vero senso della parola, che dietro uno sguardo innocente e
ironico riesce a dare giudizi incisivi e taglienti sulle persone e
sul mondo, con una naturalezza che sorprende e cattura. Un motivo in
più per accostarsi al mondo sommerso, onirico e inquietante della
Nothomb: chi ha odiato l’eccessivo buonismo dell’Amélie del
grande schermo, non potrà che amare l’anima complessa e
sfaccettata di quest’Amélie letteraria.
I link:
Il sito che la casa editrice Voland ha dedicato ad Amelie
Nothomb
Amelie Nothomb
sur le web (in francese)
Interviste, notizie e link sulla scrittrice belga
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