Sul fondamentalismo democratico
Claudia Hassan
Luciano Canfora, Critica della retorica democratica, Laterza
pp.119 Euro 9,50.
Socrate e' stato condannato da una maggioranza. Il verdetto era
dunque giusto? No, Socrate è stato condannato perché metteva sotto
accusa la politica, ne minava le fondamenta. Dalla figura
emblematica di Socrate, immagine del dubbio, parte la riflessione di
Luciano Canfora nel suo ultimo libro Critica della retorica
democratica (Laterza). Canfora lancia una sorta di appello
all'intelligenza critica, invita a cogliere la complessità della
storia, a evitare il nero e il bianco, a riflettere in maniera
disincantata sui limiti della democrazia realizzata.
Usa questa definizione riecheggiando quella di socialismo
realizzato. Per evidenziare i falsi miti derivanti dal pensiero
unico, dall'esaltazione pomposa e inutile della democrazia,
ripercorre i testi di autori di destra, degli oligarchi, di quelli
elitisti, di Thomas Mann, Gramsci, Aron, Hobsbawm, cita la vittoria
di Bush come autentico bluff della democrazia e soprattutto fa
parlare gli antichi greci che, da, stimato antichista, conosce molto
bene.

La legge dei numeri non e' sufficiente, ma legittima una sostanziale
oligarchia. I pilastri delle democrazie vacillano, ma soprattutto
svelano realtà diverse, fanno cadere miti su cui sono costruiti
sistemi di potere. ''E se c'è da chiedersi se, per caso, non abbia
ragione Sumner Maine che ritiene essere proprio quello della
maggioranza il più artificiale di tutti i sistemi, è anche vero
come diceva Tucidide che la maggioranza, dopo ascoltati gli oratori
è la più capace che giudicare.''
Tuttavia se questi interrogativi non sono certo nuovi, il modo di
porre la questione non e' solo teorico e il suo continuo passaggio
da un registro all'altro , da un secolo all'altro lo rende attuale e
pungente nella sua articolazione. Affonda nella storia e nelle
teorie sulla democrazia e sui sistemi parlamentari, ma parla
dell'oggi e si chiede, dove va la storia? Nel mondo globale, i paesi
occidentali hanno vissuto nell'illusione che le classi fossero
scomparse, ma il nodo si e' spostato altrove, nei paesi poveri del
mondo divisi per lingue, religioni ed etnie, impossibilitati quindi
a percorrere uniti una strada. E' finita la schiavitù, (e ci
ricorda Spartaco), a un certo punto anche la proprietà feudale ha
smesso di essere il modello dominante. Ma con il capitalismo il
discorso e' diverso, ''la sua vitalità e' superiore e ha una forza
plasmatica che nessun sistema aveva mai posseduto. Ha coinvolto
nella sua macchina manipolatrice delle parole eversive per
eccellenza: la liberta' per esempio.''
Oggi siamo affetti da un fondamentalismo democratico come lo
definiva Garcia Marquez. E' la difesa acritica e integralista della
democrazia che va ripensata. Tanto più quando viene identificata
con il sistema capitalistico. E quindi Canfora continua a porre
domande, apre questioni e le lascia aperte, appellandosi appunto
all'intelligenza critica, all'osservazione priva di pregiudizi. E
questo suo appello è spinto fino all'estremo limite.
''Sono gli intellettuali quelli che fanno funzionare i centri
nevralgici del mondo egemone. E' quel ceto che va conquistato alla
critica. Urge una nuova critica dell'economia che spieghi ai ceti
decisivi del primo mondo che sono anch'essi degli sfruttati. E che
lo sono in primo luogo in quello che e' da considerarsi il massimo
dei beni: l'intelligenza.''E qui si ravvisa l'elemento utopico,
quasi platonico. Non a caso Canfora così riassume l'anomala
posizione di Platone: ''il suo ideale è il più difficile anche se
forse il più lucido. Il suo comunismo infatti presuppone
distinzioni etiche di ruoli tra dirigenti e diretti. E i filosofi
che egli pone al vertice dell'assetto sociale che ha in animo non
hanno nulla a che fare con le antiche caste nobiliari: sono i più
selezionati e disinteressati cultori del sommo bene.''
Questi cultori del sommo bene, in altre parti del libro, un amaro
Canfora sembra non vederli e li considera quasi condannati dalla
storia. E analizza l'impasse in cui si trova oggi la sinistra nei
paesi occidentali. Le socialdemocrazie, una volta al potere, hanno
sperimentato il divario tra i sogni e la quotidianità della
gestione. ''E quella sinistra oggi è condannata ad una mediocre
politica, e quindi al periodico insuccesso; a fare una politica
cauta e deludente per i propri sostenitori, timida e tuttavia
irritante per le forze che le sono ostili e che riescono
periodicamente a sottrarle, sfruttando la sua scarsa incisività il
suo stesso naturale elettorato''
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