Ode al valore dei Letti
Roberto Carvelli con Tina Cosmai
Roberto Carvelli, Letti, Kerosene Edizioni, Pag. 30, £ 3000
In trenta righe la storia di una vita che, ancora nel suo fluire,
viene raccontata come il naturale percorso che conduce alla morte.
Un percorso orizzontale dunque, meditato attraverso i letti che
hanno popolato l’esistenza di Roberto Carvelli (Roma, 1968),
autore di un piccolissimo libro dal titolo, appunto, Letti.
I letti sono luoghi in cui il tutto avviene. Una crescita che parte
dal primo letto, quello del liquido amniotico, sbiadito nella
reminiscenza. E poi la culla e i ricordi delle prime pappe, dell’odore
dei genitori, del mondo visto in penombra, soffuso, diverso come lo
è nella mente di un bambino. E ancora, il letto della prima
infanzia, delle liti con il fratello, delle gelosie; il letto dell’adolescenza,
della prima volta dell’amore da solo, della prima notte di piacere
intenso ma veloce, magari con una ragazza tedesca.

Il letto dell’affermazione del proprio io, di
quell’identità che comincia a delinearsi precisa e
controcorrente. I letti della giovinezza, dell’avventura, delle
scelte, dell’amore, della condivisione dell’amore, del rifiuto
dell’amore. L’amore che sta al centro di questo viaggio nell’esistenza
di Carvelli, e che compare in tutte le sue forme: passione,
amicizia, solidarietà, solitudine, sesso.
Ma ciò che colpisce il lettore è questo scrivere dell’amore con
una lieve distanza, che non vuol dire disincanto, ma quel
particolare stato dell’animo che lascia essere le cose così come
sono: uno stato di libertà. Nessuna forzatura, nessuna forte
aspettativa, nessuna ingerenza nella propria vita e in quella
altrui, ma soltanto osservazione, meditazione, attesa che gli eventi
accadano da sé, carichi del loro senso, anche la morte, l’ultimo
letto sul quale Carvelli afferma di fare esercizi di preparazione,
almeno da quando un suo caro amico è scomparso, improvvisamente, in
un incidente. "Non bisogna “morire” ma prepararsi
alla morte sì", afferma.
Ma perché quest’esigenza così particolare di raccontare la vita
attraverso i letti? “L’idea la appuntai su un taccuino” ci
spiega Roberto Carvelli “raccontare la storia della mia vita
attraverso i letti. Serve sempre scrivere quello che pensi. Così
sono nati i primi sette o otto "letti" pubblicati su una
rivista, Fernandel. Poi, un letto alla volta, ho cominciato a
delineare una prospettiva; mi sono tornate in mente notti di
fortuna, amori, occasioni. Credo, nel mio piccolo, di aver salvato
una parte della mia vita al riciclo che non sempre è una buona cosa
se è finalizzato solo a produrre altro senza la memoria del prima.
"Continuando a lavorare sui letti come in una sorta di
concentrazione sugli oggetti, è nata l’idea di un poema in prosa
sul dormire. E’ chiaro che si rischia nello scegliere una cornice,
ma si conquista anche una distanza che serve al lettore per far suo
quello che percepisce tra le righe. Bello o non bello, ben scritto
oppure no, Letti ha solleticato una griglia personale
percettiva. Ognuno ci ha fatto passare dentro ciò che sentiva,
ricordi, emozioni.

Letti è una ricerca di senso per la sua
esistenza?
Ammetto un limite: ho poca memoria. Lo so, non mi fa onore.
Spesso nella scrittura cerco di riparare a una mancanza, un’assenza.
Si tratta di salvare il tempo ancorandolo a qualcosa di forte per
me, qualcosa che resiste anche in frammenti, in una frase e
scritture brevi, come i resti di una statua, un dito, un naso, ma d’autore.
E l’autore vive quando senti una scintilla, la necessità della
scrittura. Come se uno scavasse negli strati della terra alla
ricerca di un reperto. E il reperto qui è l’altra metà della
vita, quella orizzontale.
Si percepisce anche una ricerca d’amore in questo librccino…
Prima ancora c’è la necessità di una ricerca e forse ancora
di più, l’illusione che definire le cose le faccia essere, le
predisponga all’apparenza, al ritorno anche doloroso e
problematico. In questo senso e per definizione una ricerca è
infinita, anche con una persona sola, la stessa di tutta una vita.
Figurarsi a cambiare, anche se non è detto che spostare aiuti. Alla
fine attrazione non sono le donne che cambiano, ma l’ambientazione
dell’amore, le sue location, scrivo nel libro. Voglio dire che i
luoghi hanno una magia e nella loro rievocazione appaiono anche le
persone. Scrivere i letti del mio amore è stato suscitare l’amore
attraverso i luoghi. Sono incantato dalla parola “Odissea”, mi
fa venire in mente mari, isole… ma è bello che la si possa usare
pensando ad una persona o all’amore tout court.
Però in Letti si ha l’impressione che l’amore sfugga
e mai si completi. E’ giusta questa mia intuizione?
L’amore conta sempre, anche nelle sue forme oblique. Per
questo ho scritto "Il letto in cui deve succedere e non
succede". Non va sempre tutto come vogliamo, non sono mai
gratuiti scenari d’amore, set felici o fortunati. E spesso accade
anche il giorno dopo, al risveglio e magari pure con la persona
amata. Ecco per esempio, perché dormire con chi si ama o chi si è
amato per una volta sola? Ha senso dividere con un’altra persona l’incoscienza
e il senso di vulnerabilità del sonno? Sono questioni aperte anche
nelle coppie, queste. Una casa, due case, un letto, due letti;
ognuno sceglie. E’ chiaro che il letto suggerisce l’amore, anche
quello che chiamo “l’amore da solo”.
Qual è la meta di questo viaggio attraverso i letti?
Ho trentaquattro anni. Lo so, questa potrebbe essere giudicata
un’autobiografia prematura, ma il tempo stesso è pretenzioso e
noi pure lo siamo quando lo pensiamo, il tempo. Il fatto che la
morte esista, ci consiglia attimo per attimo. Ogni istante deve
avere sia un punto di partenza che uno di fine. Nulla è sicuro
nella successione degli istanti, quindi tanto vale pensare al
momento di adesso come al momento di sempre, e ripartire. Che questo
piccolo poema sia un viaggio, un percorso, non ho dubbi, ma non v’è
una meta certa. Intanto dico una meta letteraria.
Vi e' piaciuto questo articolo?Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio libri |