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Eduardo dal teatro ai fornelli



Antonia Anania




Isabella Quarantotti De Filippo, Si cucine cumme vogli’i’… -La cucina povera di Eduardo De Filippo raccontata dalla moglie Isabella, (presentazione di Dario Fo), Guido Tommasi editore, 2001, pp.131, lire 25.000

Negli anni Ottanta la Rai aveva dedicato molte ore dei suoi palinsesti al teatro e soprattutto alle commedie di Eduardo De Filippo, quelle che facevano ridere ma sempre con una punta di malinconia, come il pizzico di sale che ci vuole a volte per fare un dolce. In quasi tutte quelle storie apparentemente tranquille c’era qualcosa di marcio, di triste, qualcosa che lasciava l’amaro in bocca e che veniva a galla, all’improvviso.

I trentenni di adesso ricordano bene quest’uomo dal volto scavato - spesso si faceva invecchiare ancora di più grazie alle sapienti mani dei truccatori - quando faceva Peppino Priore in Sabato, Domenica e lunedì, Luca Cupiello di Natale in casa Cupiello o Gennaro Jovine di Napoli milionaria! Passati gli anni del boom del teatro in televisione, però, si è cominciato a vedere poco Eduardo in tv e si è iniziato a dimenticarlo.

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Quest’anno a maggio avrebbe compiuto 101 anni, e un anno fa sono iniziati i festeggiamenti che continuano ancora con manifestazioni d’affetto e stima per un uomo che da un lato, dovendo illustrare a un amico la ricetta di un primo piatto napoletano, diceva di voler "lasciare le cose imbrugliate" e dall’altro aggiungeva:"Però devi avere il coraggio di bruciare i pomodori!". Preso metaforicamente, potrebbe essere il consiglio di un maestro a vivere fino in fondo qualsiasi storia e passione.

A Eduardo piaceva cucinare: aveva imparato quest’arte dalla nonna e non sprecava nulla in cucina, perché ricordava bene di essere nato povero. A metà degli anni Sessanta iniziò anche a scrivere un poemetto che aveva un verso-ritornello: Si cucine cumme vogli’i’…. "Non è un libro di cucina con le ricette, perciò è difficile" aveva detto alla moglie e forse anche per questo non lo fece mai leggere a nessuno. E’ un invito poetico a cucinare come voleva Eduardo, alla maniera napoletana, e spiega come fare, usando tutti i termini tecnici e popolari che convengono - e pure con una beccata al risotto alla milanese: "s’‘o facessero a Milano,/nuie nun simme abituate/a sti pranze prelibate:/nce arrangiammo c’‘o magnà!".

A noi piace immaginare Eduardo non solo intento a prepare la parmigiana di zucchini o a tostare il caffè ma anche a pensare e scrivere questa sorta di divertissment che già da un mese è in tutte le librerie italiane, edito da Guido Tommasi e curato da Isabella Quarantotti De Filippo, l’ultima moglie del grande napoletano, la quale definisce questo piccolo tesoro, un "libro d’amore". Perché non solo ha riportato i versi di Eduardo ma ha raccolto tutti i ricordi che aveva e ha del marito ai fornelli, i suoi piccoli sfizi e piaceri come quello di aromatizzare il vino rosso con la buccia del mandarino, le sue ricette tipicamente napoletane ma con aggiunte o semplificazioni creative, i resoconti dei pranzi con gli amici - amici come Nilde Iotti, Giulio Einaudi, Dario Fo, Laurence Olivier e Joan Plowright. E lo fa con allegria e tenerezza (nella parte dedicata ai dolci, esordisce così: "Nel 1954, quando ebbe inizio la nostra storia che non è mai finita…").

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La grande festa di presentazione del libro c’è già stata, a Napoli, alla fine di settembre, ma in questi giorni c’è stata un’altra occasione per presentare questo ritratto insolito di teatrante, tra pentole e scodelle. Ci riferiamo a "Sabato, domenica e lunedì", che non è solo il titolo della commedia che scrisse nel 1959, ma anche quello di una lezione di tre giorni -il 27, 28 e 29 ottobre scorsi, un sabato, una domenica e un lunedì, appunto- che l’Università degli studi di Roma La Sapienza, il Centro Teatro Ateneo e il Consiglio nazionale delle ricerche, ha voluto dedicare all’autore-attore che tra il 1981 e l’83 insegnò drammaturgia all’Università.

Più che un convegno è stata una lunga lezione nel corso della quale si sono avvicendati i ricordi di Carla Fracci, Roman Vlad, Andrea Camilleri, le relazioni di studiosi di teatro e biografi, e le testimonianze di tanti comici, attori e registi napoletani che hanno raccolto l’eredità di De Filippo. Tutti hanno raccontato il loro Eduardo, lo hanno citato e tra le tante relazioni è rimasto impresso a molti il messaggio che ha voluto dare Claudio Meldolesi in Eduardo attore artista: Dario Fo, Leo De Berardinis, Carmelo Bene sono tutti allievi della testa di Eduardo, ha detto Meldolesi, ma davvero pochi sono i registi italiani che hanno il dono globale che aveva lui: quello di percepire una realtà affondandola nelle radici, di scriverla, rappresentarla e dirigerla.

La presentazione di Si cucine cumme vogli’i’… è arrivata subito dopo l’intervento di Meldolesi, e sarà pure stato un caso, ma ci è piaciuto l’accostamento e il riferimento continuo alle radici. Perché quando si parla di radici si parla di cose, che si toccano, si prendono, si mangiano. Eduardo usava la cucina anche a teatro: ci sono intere scene di pranzi o spiegazioni di ricette; il ragù fumante che viene portato in scena per il pranzo domenicale di Sabato, domenica e lunedì, ad esempio, o la frittata di cipolle di Natale in casa Cupiello che non sono finte scenografiche, così come non lo è il caffè scaldato di Napoli milionaria! Eduardo voleva in scena cibo vero, da mangiare. E sia nel teatro che nella cucina ci vuole la fantasia e la pazienza, l’abituarsi al "fuoco lento", cose che Eduardo sembra insegnare nel librino di cui stiamo parlando: "P’‘o rraù nce vo’ pacienzia,/e’ a pacienzia chi t’‘a dà?/Si nun piglie cunferenzia (=confidenza)/ch’’e gravune (carboni), nun ’o ffa’".

E un’altra lezione emerge da questo libro: "Eduardo - ha raccontato la moglie Isabella, questa bella ed elegante ottantenne - con gli anni ha lavorato per semplificazione. Se a teatro negli ultimi tempi era convinto che un minimo gesto fosse più espressivo e incisivo dei mille salti che faceva da giovane, a tavola preferiva un gattò di patate semplicissimo, con la sola aggiunta del formaggio".

Si cucine cumme vogli’i’… è un librino che sa di antico, di semplice, di cucina e di teatro - ci sono trascritti molti pezzi di commedie dove si parla di cibo - e in cui Isabella spiega le ricette eduardiane come farebbe con gli amici magari alla fine di un pranzo, con amore. Ci sono bellissime foto in bianco e nero, che ritraggono De Filippo mentre mangia un cocomero, che macina pepe, sereno nella sua isola, Isca, con Isabella, con gli amici. E’ un librino adatto a chi ama il teatro e anche a chi vuole provare ricette nuove, a chi è famoso tra gli amici per non sapere cucinare, e che dopo aver preparato una cena utilizzando le ricette di questo libro potrà dire: "Questa sera ha cucinato Eduardo".


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