I nuovi schiavi
Mariletta Caiazza
I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale, Kevin
Bales, Feltrinelli 2000.
Lo stile è piano, sobrio, quasi dimesso, del tutto alieno da
retorica e sensazionalismo, o da morboso compiacimento dell’orrore;
semplice e discorsivo, perfino capace, in qualche punto, di una
leggera sfumatura di humour. (Sarà dunque abbastanza “scientifico”?,
non mancherà di chiedersi qualcuno, insospettito da tanto
spiazzante semplicità).
Semplici, addirittura elementari, sono le parole degli stessi
protagonisti, dalla ragazzina thailandese al giovane brasiliano;
sostanzialmente semplice (senza nulla togliere al coraggio e alla
determinazione, all’intelligenza e alla fatica necessari) il
metodo di indagine seguito dall’autore: recarsi sul campo, girando
il mondo dal Pakistan alla Thailandia, dal Brasile alla Mauritania,
travestito da zoologo o da turista, a guardare con i propri occhi,
riuscendo a parlare - tra mille precauzioni - con i diretti
protagonisti, dalle vittime ai carnefici, dal funzionario statale al
poliziotto.

Eppure, il libro che ne è risultato, I nuovi
schiavi, di Kevin Bales, edito da Feltrinelli nel maggio 2000,
rappresenta una denuncia formidabile, e difficilmente contestabile,
di una realtà ampiamente ignorata, o forse rimossa, dalla coscienza
comune così come dai dibattiti tra i grandi del pianeta: la
schiavitù non è una piaga del passato, la schiavitù esiste ancora
oggi, in tutto il mondo, ed è il fondamento e il presupposto della
creazione di ingenti ricchezze nell’economia globalizzata.
Chi sono i nuovi schiavi? Dove e come vivono? In che cosa la loro
condizione differisce dalla vecchia schiavitù?
Come Bales documenta, il fenomeno non conosce confini, ma ha un
unico comune denominatore: l’estrema povertà di masse crescenti
di individui a causa dell’aumento demografico, della
disoccupazione e dei meccanismi di esclusione e di precarietà
generati dalla globalizzazione. A differenza dello schiavo di un
tempo, che rappresentava un investimento notevole a partire dalla
difficoltà e dalle enormi distanze necessarie a prelevarlo, lo
schiavo di oggi non costa quasi nulla, è immediatamente
sostituibile da masse di diseredati sempre a portata di mano
(profughi, vittime di disastri, disoccupati, affamati), la sua
posizione non è mai ufficialmente formalizzata, ma sempre
occultata, e nel momento in cui non serve più può essere
semplicemente buttato via.

Nelle regioni più povere del pianeta,
intermediari senza scrupoli avvicinano famiglie miserabili e
analfabete, facendo balenare per i loro figli la possibilità di un
buon lavoro in un posto lontano; è generalmente assai improbabile
che le famiglie non accettino di cedere uno o più figli. Ma una
volta giunti a destinazione, nel cuore della foresta amazzonica o
nei bordelli di Bangkok, questi giovani, analfabeti e senza un soldo
in tasca, lontani centinaia di chilometri dal loro paese, si trovano
in totale balìa dei loro carcerieri, e lavoreranno per loro dall’alba
al tramonto senza ricevere altro in cambio che il pugno di cereali
appena sufficiente a sfamarli; in più, si vedranno imputare dai
loro padroni (o meglio, "detentori", come li definisce
Bailes, perchè non c'è alcun interesse a formalizzarne la
proprietà) un debito (a partire dal costo del lungo viaggio, al
vitto che consumano, agli arnesi da lavoro, al giaciglio che
occupano, e così via) che crescerà ogni giorno in misura
stratosferica, e per estinguere il quale non si lavorerà mai, o
quasi mai, abbastanza.
E’ per questo motivo che la schiavitù contemporanea è quasi
sempre “schiavitù da debito”. Nei paesi poveri, qualunque
evento “eccezionale”, un matrimonio o un funerale o una lunga
malattia, diventa un’occasione per le famiglie di contrarre
debiti; e quasi sempre chi concede il prestito chiederà in cambio
la prestazione d’opera di uno o più membri della famiglia, per
tutto il tempo che lo riterrà necessario e al di fuori di qualsiasi
controllo. Il debito non si estingue neanche con la morte, e si
trasmette di padre in figlio.
Le attività nelle quali vengono impegnati i nuovi schiavi sono
sempre attività umili e sfiancanti: la prostituzione in Thailandia;
fabbriche di carbone in Amazzonia, di mattoni in Pakistan, di fuochi
d’artificio in India (lavoro quest’ultimo a cui sono
generalmente adibiti bambini piccolissimi); la polizia chiude
volentieri un occhio in cambio di mazzette (il cui ammontare va ad
accrescere il debito dello schiavo), addirittura aiuta a
riacciuffare i pochi temerari che tentano la fuga; ma non si creda
che il civilissimo mondo occidentale ne sia immune.
Nei lussuosi appartamenti di Londra, Parigi, New York, le “collaboratrici
familiari” sono spesso schiave, portate via dai loro paesi col
raggiro e l’inganno e trattenute con la forza e il terrore, senza
che niente possano denunciare perchè non parlano la lingua del
luogo, non saprebbero dove andare e a chi rivolgersi, e sono tenute
in uno stato di totale segregazione.
Quanti sono? Kevin Bales ricostruisce la cifra approssimativa di 27
milioni di individui in tutto il mondo. L’appello che egli lancia
è quello di sostenere l’attività delle organizzazioni
antischiavistiche, a partire da Anti-Slavery International, di cui
è militante, a S.O.S. Slaves; di incentivare il consumo
consapevole; di premere affinchè le legislazioni dei vari paesi
introducano certificazioni che attestino il non-impiego di
manodopera servile, ed altre simili misure.
E’ tuttavia del tutto evidente che il fenomeno è così saldamente
radicato nell’ordine economico e sociale esistente, e ad esso
funzionale, che fino a quando di questo non si metteranno in
discussione meccanismi e compatibilità, ben poco potrà incidere
anche l’impegno generoso di queste organizzazioni. La miseria di
masse sterminate di individui continuerà a costituire un serbatoio
inesauribile su cui esercitare sopraffazione e sfruttamento, e le
leggi del mercato e la crescente deregulation continueranno a trarne
profitto; e questo, nonostante che in tutto il mondo la schiavitù
sia stata da lungo tempo e ufficialmente bandita.
I link:
Scheda
del libro di Kevin Bales "I nuovi schiavi", da
Feltrinelli.it
Da
"Index on Censorship", The New Slavery - Throwaway people
(ingl)
Un articolo di Bales sulla "nuova schiavitu' "
Dal
sito del Comune di Bologna
Una sintesi del libro accompagnata dai link alle associazioni non
governative che lottano nel mondo contro la schiavitù
Gli indirizzi Web di alcune associazioni:
http://www.antislavery.org
http://www.sos-esclaves.org/
http://www.childlabor.net/
http://www.quipo.it/delirii/NS.htm
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