La carriera di Pimlico
Antonia Anania
La carriera di Pimlico di Manlio Cancogni, Fazi Editore, 2001,
pp.115, Lire 22.000
Può capitarvi sotto gli occhi di sorpresa mentre curiosate tra
gli scaffali di una libreria. Vi colpirà subito la copertina che
raffigura un cavallo in corsa e il suo fantino volto a guardare se
sarà raggiunto dai rivali. E sul retro alcune parole: “Per un
cavallo il successo nelle corse è questione di vita o di morte. Nel
suo mondo non c’è posto per i mediocri e nemmeno per quelli che
sanno appena distinguersi”.

Potreste pensare che quella di Pimlico sia la storia di un crack,
un campione imbattibile come lo furono Ribot o Nearco. E invece no.
Perché La carriera di Pimlico di Manlio Cancogni,
ripubblicata da Fazi dopo 45 anni -la prima edizione è del 1956
nella collana Gettoni curata da Elio Vittorini- è una storia (anzi,
una raccolta di storie) di cavalli mediocri, purosangue così così
che hanno vinto raramente.
E allora vi affezionerete ancora di più alle loro vite come a chi
le racconta, cioé il decano dei capirazza italiani, un sessantenne
rimasto vedovo da poco che non ha voglia di tornare nella camera “dove
sul cassettone e sul comò, erano rimasti i suoi pettini e le sue
forcine”. Per solitudine o per attacco di sentimentalismo il
decano si innamora di un puledro rimasto orfano alla nascita,
Pimlico, malgrado “solo i dilettanti commettono l’ingiustizia di
preferire un cavallo a un altro perché credono che dovrà riuscire
meglio”, visto che “in ogni cavallo, come in ogni uomo, c’è
un mistero che nessuna esperienza può aiutare a capire”.
Pimlico ritornerà nell’allevamento come “bilancino” -darà l’andatura
ai puledri che si preparano alle corse- e poi come “esploratore”
-farà innamorare le fattrici che una volta in calore saranno
montate dallo stallone di turno.
Vite e destini ‘dietro le quinte’, dunque, malinconici e
incerti, incompiuti e perdenti nelle corse e nell’amore. Vite e
destini quasi umani: Varedo non vincerà più perché nessuno si è
preoccupato di togliergli ‘la femmina’ dalla testa; Fantasio,
potente nelle corse, ma inquieto e irregolare per temperamento
morirà durante una corsa perché nessuno si è accorto della sua
malattia; Marlù è senza coraggio; Bendigo è buono e capace ma
sarà rovinato da un fantino; Moltrasio è “un cavallo di
carattere” ma incompreso, malgrado ci sia “un punto (…) dove
si fissa subito lo sguardo di un padrone che sa il fatto suo: fra la
fronte e gli occhi; è lì dietro che s’annida la verità”.

La carriera di Pimlico rimane -anche a distanza di un
quarantennio- uno dei pochissimi, se non l’unico libro italiano
che guarda “nelle faccende degli uomini attraverso il mondo entro
cui si allevano i cavalli (...) la visione che se ne ha risulta
subito molto italiana”, come scriveva Vittorini. Ci sono i
proprietari inesperti e sentimentali come Gaby o quelli acuti e
benevoli come il padrone del caporazza che ricompra un vecchio
cavallo per evitargli il macello. Quelli arricchiti che hanno le
scuderie perché fa prestigio.
E poi gli allenatori, i fantini (su di loro vd. anche
http://www.caffeeuropa.it/libri/106libri-fantini.html), gli
stallieri, gli intenditori d’ippica con lo Sportman in
mano. E ci sono gli odori e i paesaggi degli ippodromi come San
Siro, "il migliore", e Le Capannelle, “terra di pipe,
non c’è niente da fare”, o dei luoghi dove si sverna come la
Barbaricina. Ci sono le gare: il Gran Criterium, il Chiusura, il
Derby, l’Optional.
Con questo libro Manlio Cancogni tornava in quegli anni nella pista
della letteratura dopo un decennio dedicato unicamente al
giornalismo, rischiando “per un cavallo che ne è stato ritirato”,
ha scritto. E per un caporazza -aggiungiamo- attento osservatore
che, vissuto per tutta la vita fra gli allevamenti e gli ippodromi,
mette insieme termini tecnici come van, yearling, castrone, e
massime dettate dal mestiere in un linguaggio semplice e diretto,
che potrà straniare i giovani abitueè delle letterature
cyber-punk, post-splatter, post-pulp e bla bla bla.
Un linguaggio tipicamente giornalistico -Cancogni ora
ottantacinquenne è stato cronista sportivo e famoso inchiestista
tra il 1945 e l’89- e cinematografico -ebbe alcune proposte per
trarre un soggetto da La carriera di Pimlico- tanto che
leggendo la storia sembra di vederne già il film: le corse
spettacolari, il lavoro di scuderia ma soprattutto Pimlico che si
avvicina a Blue Star, per annusarla, sfiorarle il collo,
mordicchiarle la criniera.
Per altre informazioni e curiosità http://www.fazieditore.it/cancogni
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