Gioconda Belli: vita di una
rivoluzionaria
Costanza Macchi
Ci sono frasi che nascondono più di quanto non dicano “sono stata
due donne e ho vissuto due vite”. Che fanno a pugni e
rifanno la pace: “I miei principi azzurri erano guerriglieri e le
imprese eroiche le ho realizzate mentre cambiavo pannolini e bollivo
biberon..”. Che portano lontano: “Nessuno, vedendomi, sospetta
che un giorno sono stata giudicata e condannata al carcere da un
tribunale militare in quanto rivoluzionaria”. E danno il
senso: “Ma io ho vissuto un’altra vita”. E la misura: Ho
pianto molto, ma ho anche riso molto”. Che hanno valore:
“Ho conosciuto la gioia di abbandonare l’io e abbracciare il noi”.
E che poi sono semplici e forse per questo stupiscono: “Non sono
stata ribelle fin da piccola. Al contrario.”.
Parla Gioconda Belli, classe 1949, di Managua, Nicaragua. Parla Il
paese sotto la pelle - Memorie di amore e di guerra (e/o, 2001)
e le pagine che corrono veloci non sono solo un’autobiografia, e
forse non sono solo neppure memorie d’amore e di guerra, come il
sottotitolo suggerisce.
Se una vita che accetta di farsi raccontare fa lo sforzo di mettersi
a nudo, di dichiarare il proprio valore e di ammettere le proprie
debolezze, di donarsi attraverso i gesti e di preservarsi libera di
fronte al nemico, quella che Gioconda Belli ci regala nel suo ampio
lavoro, è una grande confessione. Che sa di valori forti e di tante
battaglie che ancora si vogliono combattere. Di più. Che dopo tanto
aver fatto, si lascia adesso cullare dall’onda della parola, unico
rimedio, sembra, perché in grado di fermare il ricordo.

Suddiviso in quattro parti che rappresentano i punti salienti della
vita dell’autrice, il volume racconta, attraverso un excursus
diacronicamente scorretto, la storia di questa figlia dell’alta
borghesia che studia in Spagna e poi negli Stati Uniti, che nel ’73
torna nel suo paese e che milita nel fronte di liberazione
nazionale, che conosce l’esilio in Costa Rica e in Messico e che
dopo la vittoria sandinista, partecipa attivamente alla vita
politica del suo paese. E che a un certo punto, per divergenze
politiche, ne esce. E’ il 1994. E in mano, insieme all’addio al
Fronte stringe una poesia-documento: "scrivo queste memorie in
difesa di quella felicità per la quale vale la pena vivere e
persino morire".
E mentre i ricordi si snocciolano e ci si immerge in un privato
che più privato non si può, indelebile, dietro le quinte di un
sipario che non si vede, c’è il profilo lontano del Nicaragua, i
due oceani che lo bagnano, i vulcani e i terremoti che lo
tormentano, gli splendidi paesaggi. E dall’amore per questa terra
e per il suo popolo martoriato da quarant’anni di dittatura e
umiliato dall’arroganza degli Stati Uniti, nasce la spinta di
Gioconda a militare in prima linea tra le file del Fronte sandinista.
Non è certo un caso che l’autrice della Donna abitata
abbia scelto per iniziare a dirsi, Miguel Hernández: “Non mi
rassegno, no: m’infurio/Come fossi un uragano di lava”.
Con tutto ciò che questo comporta: le paure dell’attività
clandestina, i rischi per sé e per la famiglia, la perdita di tanti
compagni assassinati, i dubbi politici e privati, le azioni
militari, la tristezza dell’esilio, la speranza di vincere.
Poi, se per un momento la guerra di liberazione raccontata dall’interno
cede il passo a Gioconda, quello che viene fuori è la donna,
assolutamente consapevole dell’identità femminile, in grado di
dire e di mettere per iscritto: "senza rinunciare a sentirmi
donna, credo di essere riuscita a essere anche uomo".
Ecco quindi il matrimonio di una ragazza di buona famiglia, finito a
rotoli, gli amori travolgenti e difficili dentro la guerriglia, la
passione difficile da gestire per un gringo, le figlie dalle quali
è a lungo e dolorosamente separata per la militanza, le drammatiche
gravidanze, i sentimenti, le battaglie interiori, le lacerazioni tra
politica, passione, famiglia.
Il Paese sotto la pelle è, se proprio ci si volesse piegare
a dargli una definizione, un incrocio perfetto tra gli estremi di
una vita che, come la stessa Belli dichiara “ha pianto molto, ma
ha anche riso molto”, in cui privato e pubblico si incontrano e si
fondono, quasi che il senso ultimo sia dato proprio da quell’amalgama
finale. E chi esce da queste pagine, chi le ha scritte e ancora
prima vissute non è e non vuole essere una superdonna, ma una donna
e basta. Che vive con coraggio e che con coraggio rischia perché
alla fine quello che conta è veder realizzare i propri ideali.
I link:
Gioconda
Belli: poet, novelist, revolutionary (inglese)
Una breve biografia e una poesia con testo a fronte in inglese,
piu' alcuni link.
"Quiero
que mi voz sea la voz de muchos" (spagnolo)
Una intervista radiofonica del febbraio scorso: il nuovo libro
autobiografico, la vita artistica e l'attivita' politica della
scrittrice piu' celebre del Nicaragua
Gioconda
Belli al desnudo (spagnolo)
Dal giornale nicaraguense "La prensa", la
presentazione del libro "El país bajo mi piel", definito
dalla sua stessa autrice un vero e proprio "strip tease"
in pubblico...
"Regole
del gioco per gli uomini che vogliano amare donne donne"
Una delle poesie della Belli, seguita dalla traduzione in italiano
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