Achille Campanile giornalista
Pietro Farro
Leggenda vuole che, dovendo passare la notizia di una vedova trovata
morta accanto alla tomba del marito, il giovane cronista Achille
Campanile titolasse: "Tanto va la gatta al lardo…",
facendo sobbalzare i suoi superiori e attirando l'attenzione di
Silvio D'Amico che lo portò con sé ad occuparsi della terza
pagina. Vero o falso che sia l'aneddoto, resta il fatto che il
giornalismo ha costituito una parte non marginale dell'attività di
Campanile, sebbene rimasta sempre un po' in ombra, oscurata dalla
fama di tanti romanzi esilaranti. Ora questo aspetto del lavoro di
Campanile è stato studiato, limitatamente al periodo 1922 - 1948,
da Barbara Silvia Anglani nel volume Giri di parole (Piero
Manni).

Sebbene fosse uno scrittore, è raro trovare la firma di Campanile
nelle pagine letterarie, mentre capita d'incontrarla nelle cronache
sportive e mondane, in corrispondenze di viaggio e inchieste, nella
sezione televisiva (è stato il primo critico televisivo nella
storia del giornalismo italiano, sulle pagine de l'Europeo
dal '58 al '75) e, ovviamente, in svariate rubriche umoristiche.
Impossibile elencare tutte le testate che hanno ospitato i suoi
scritti, tuttavia è doveroso ricordare almeno Travaso delle idee,
Sereno, Gazzetta del Popolo, Settebello (di cui
sarà condirettore con Cesare Zavattini nel '38), Tevere, Corriere
Italiano, Fiera Letteraria, Nuovo Corriere, Milano
Sera e l'Europeo.
Come scrive Oreste Del Buono: "Giornalismo, teatro, narrativa
sono classificazioni di comodo, ovvero divisioni, spartizioni,
specializzazioni che Campanile usa per farsi intendere, e anche
compensare, dagli altri nell'esercizio della sua professione di
scrittore, ma in cui, in definitiva, non crede mai
interamente". Deve essere per questo che vi è un continuo
scambio tra il suo lavoro di narratore e quello di giornalista:
alcuni suoi romanzi vengono inizialmente pubblicati a puntate sui
periodici (Se la luna mi porta fortuna vide la luce sulle
pagine del Sereno), articoli vengono raccolti in volume
(nascono così il Diario di Gino Cornabò, Battista al
giro d'Italia, Chiarastella e Cantilena all'angolo
della strada) e molto spesso Campanile saggia sul giornale la
riuscita di trovate e battute che poi verranno successivamente
riutilizzate in romanzi e racconti.
Data la vastità e varietà degli scritti giornalistici di Campanile
non è qui possibile analizzarne uno in particolare (compito
egregiamente svolto nel libro della Anglani), mentre va detto che
ciò che unisce e rende ancora interessante a distanza di anni una
così eterogenea produzione giornalistica è il fatto che lo sguardo
di Campanile è sempre quello dello scrittore. Come scrive egli
stesso in una dedica a Ermanno Amicucci, in occasione della
pubblicazione in volume di Battista al giro d'Italia,
"l'interesse di un 'servizio' giornalistico nasce da due
fattori; il pregio letterario e l'attualità. Se c'è soltanto il
primo, non è giornalismo; se c'è soltanto il secondo, non vale
nulla. […] Con questo, caro Amicucci, sono arrivato all'ultima
conseguenza del mio discorso. Che è abbastanza ovvia: la caducità
dello scritto giornalistico può derivare non dal suo carattere
attuale, ma unicamente dalle sue qualità letterarie". A
Campanile, salvo rare cadute di tono, le qualità letterarie non
fanno difetto e non è raro che nei suoi articoli trovino spazio
momenti di quell'umorismo che ne ha decretato la fortuna di
scrittore.

Ma oltre che giornalista Campanile fu anche un severo critico del
giornalismo, spesso capace di prevedere alcune tendenze che avrebbe
pervaso il mondo dell'informazione. Critiche spesso servite col
sorriso dell'ironia e della caricatura, ma non per questo meno
puntuali. Si legga, uno per tutti, questo brano tratto dal Diario
di Gino Cornabò: "Apro i giornali: 'l'attore
cinematografico americano William P. partito da Genova per Nuova
York'. Io spendo i miei quattrini per sapere che William P. è
partito da Genova per Nuova York. Una volta mi fanno sapere che è
arrivato e un'altra volta mi fanno sapere che è partito. Se caso
mai dovesse tornare indietro perché ha dimenticato qualche cosa, me
lo faranno sapere". E fortuna che all'epoca non c'erano le
sfilate di moda e il Tg2…
Infine, qualche parola sul tema, assai ben trattato nel libro, del
rapporto di Campanile col potere politico. Scorrendo le testate con
le quali egli ha collaborato si vede che sotto il fascismo ha
scritto su giornali dichiaratamente di regime quali la Gazzetta
del Popolo e il Tevere, ma anche sul Travaso delle
idee che, finché fu possibile, cercò di mantenersi
indipendente. Dopo il '45, poi, lo troviamo collaborare regolarmente
su Milano Sera e l'Europeo che inclinano a sinistra.
Di certo egli seppe adattarsi alle situazioni in cui venne a
trovarsi, ma ci pare che al fondo, come scrive l'Anglani, in lui vi
fosse una sostanziale indifferenza alla politica.
Nel periodo di maggior forza della dittatura, si lascia talvolta
andare a considerazioni (ad esempio, sulla presunta inferiorità dei
neri) che lasciano stupefatto il lettore odierno, ma
contemporaneamente, nel Diario di Gino Cornabò o nei
romanzi, mette alla berlina la retorica superomistica e militaresca
di cui il Regime si nutriva. Scrive Enzo Siciliano che "al
fascismo, alla piccola e querula borghesia fascista, Campanile,
volendo o no, faceva il contropelo": probabilmente in quel
"volendo o no" è racchiusa l'ambiguità dei rapporti di
Campanile con la politica e il potere.
Vi e' piaciuto questo articolo?Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio libri |