"Sono un ebreo senza colpa"
Mordecai Richler a cura di Tina Cosmai
Quelli che seguono in conrsivo sono estratti dall'intervento di
Mordecai Richler alla Mostra D’Oltremare a Napoli, in occasione
della mostramercato del libro e della multimedialità “Galassia
Gutenberg”, quest’anno alla sua XII edizione, dove Richler ha
presentato il suo ultimo romanzo "La versione di Barney" (Adelphi).
"Un bravo scrittore è colui che guarda da una finestra da cui
nessuno ha mai guardato. Così, quando si legge un libro scritto da
lui, si sente la sua vera voce."

Nell’incontrare Mordecai Richler si ha un’impressione di
verità, di trasparenza. Tutta la sua opera infatti è ricerca di
verità, scoperta e conflitto d’identità. Lo scrittore ebreo
canadese, che vive in Quebec, è figlio di ebrei ortodossi emigrati
nel 1902 dalla Galizia in Canada. Ha abbandonato presto la sua
famiglia e Montreal per scoprire l’Europa e la sua cultura. Prima
Parigi e poi la Spagna, la Germania e l’Inghilterra. Richler
rappresenta la prima generazione senza rabbini della sua famiglia. E
di questa “diversità” non reca nessuna traccia di colpa.
"Appartengo ad una generazione che è cresciuta in un quartiere
operaio di Montreal durante la II guerra mondiale", racconta.
"Eravamo troppo giovani allora per combattere. Altrove
succedevano cose orribili ma, in Canada, il mondo era qualcosa di
cui si leggeva soltanto. C’è un residuo senso di colpa negli
ebrei della mia generazione a cui io devo essere totalmente
estraneo."
La versione di Barney è un’opera essenzialmente autobiografica,
con forti note creative ma colma di riferimenti precisi. E’ la
storia di Barney Panofsky, costretto a difendersi dall’accusa di
omicidio e da altre calunnie diffuse dal suo nemico Terry McIver.
Barney è un intellettuale, narra, oltre che di se stesso, dei molti
autori e di una intera generazione a cui appartiene, dei loro gusti
artistici e non. Richler è uno scrittore legato alla verità dell’esistenza,
ed è per questo che i suoi personaggi sono ritratti in tutti i loro
aspetti, quelli buoni e quelli cattivi.
"Ho lasciato l’università a diciannove anni perché mi
annoiavo molto. A Parigi ho pubblicato il mio primo romanzo all’età
di ventuno anni, un pessimo romanzo, perché non aveva nulla a che
vedere con la mia vita. A ventinove anni ho scritto un nuovo romanzo
'L’apprendistato di Daddy Kravitz”, ed è stata la prima volta
che ho trovato la mia vera voce".

Dal romanzo è stato tratto un film interpretato da Richard Dreyfuss,
sceneggiatore lo stesso Richler. Nei suoi scritti, lo scrittore
canadese affronta il conflitto tra individuo e società, il
desiderio di affrancamento dall’ipocrisia che serpeggia nei
territori intellettuali, dal conformismo dominante. In questo
risiede la drammaticità delle opere di Richler e in particolare di
La versione di Barney che, è stata definita un’opera
essenzialmente ironica ed esilarante.
Ma spesso si dimentica che l’ironia è quel particolare
atteggiamento che mette in luce la verità fondamentale dell’esistenza
che risiede nella non convinzione e nella ricerca continua della
propria identità. E l’identità di Richler/Barney si divide tra
due minoranze, quella ebrea e quella canadese. Quello che Richler
racconta è la frustrazione di un individuo all’interno di una
società altamente conformista.
Barney ha un atteggiamento sarcastico, è un uomo che non rispetta
le regole ma ha in sé un profondo senso di solitudine che non
riesce ad allontanare. Tutta l’eredità classica che Richler porta
con sé e dalla quale è fuggito nella condizione di ateo, lo pone
comunque in una situazione conflittuale, come conflittuale è la
storia del suo Paese d’origine, Israele.
"Vengo da una generazione di rabbini, mio nonno materno era una
sorta di uomo sacro. Ma ho rotto i legami con il passato e sono
diventato sionista laburista. C’è una situazione in Israele oggi
che definirei terribile. I coloni in Cisgiordania e a Gaza devono
andarsene. E’ triste che i palestinesi nel ’48 non abbiano
accettato il piano di ripartizione ma è triste anche che siano
stati espulsi dai loro insediamenti. E devo dire che gli ebrei sono
dei guerrafondai, hanno fatto cose deplorevoli, come la guerra con l’Egitto
ad esempio. Ma è il mio popolo, ed è nella mia memoria. 'La
versione di Barne'” è anche un libro sulla memoria, sulle cose da
ricordare e che non si vede l’ora di ricordare. Non c’è una
storia con un suo ordine naturale, perché la memoria non funziona
così. Il ricordo di un episodio è diverso per ogni persona che lo
ha vissuto e che lo rammenta".
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