Lontano da Cuba
Mariletta Caiazza
Thriller. Romanzo psicologico. Ritratto d'ambiente (di due ambienti:
quello cubano, segnato da ristrettezza e oppressione, e quello,
opulento e sinistro, della Florida, paradiso americano
fortunosamente raggiunto). I tre piani sono, in Lontano da Cuba
(Rizzoli), il romanzo di Josè Latour, strettamente intrecciati e
svolti con asciutta maestria.
Primo dato su cui riflettere: l'autore è un cubano che vive a Cuba,
pienamente inserito nella vita culturale del Paese, e titolare di
incarichi e riconoscimenti a casa sua prima che all'estero. E
tuttavia il suo libro è innegabilmente una denuncia tutt'altro che
blanda, tutt'altro che addolcita dal folklore (come spesso accade)
delle condizioni di vita della gente nell'isola caraibica.
In primo luogo delle condizioni materiali: non miseria, ma penuria
di ogni cosa, generi di prima necessità assegnati con la tessera e
ridicolmente insufficienti, difficoltà in ogni minimo, elementare
aspetto della vita quotidiana. Nella sua casa all'Havana, il
protagonista Elliot Steil, insegnante d'inglese, non ha da offrire
che acqua, e neanche in bicchieri ma in vecchie lattine di Coca-Cola
("I bicchieri non erano in vendita all'Havana, e le lattine
erano un regalo della ragazza che aveva rotto accidentalmente il suo
ultimo bicchiere quasi un anno prima"); da mangiare, pasta
scondita.

Quanto agli articoli da toeletta..."Si ricordi che se ha già
acquistato il deodorante non è possibile comprare lo
spazzolino". E' del tutto normale venire privati per ore (ma a
quanto pare può accadere, per motivi del tutto opposti, anche nella
ricchissima California!) dell'energia elettrica, razionata e
centellinata anch'essa; come è normale percorrere ogni giorno
enormi distanze a piedi o su sgangherate biciclette, se non si vuole
aspettare un autobus per ore.
Dunque, privazioni quotidiane in tutto ciò che è essenziale.
"Nessuno muore di fame, ma la maggioranza è magra. Io ho perso
venti chili in quattro anni. Quando qui (negli Stati Uniti, ndr)
vedo gente fare diete e attività fisica per perdere pochi chili,
non posso fare a meno di pensare che il nostro governo potrebbe
guadagnare un sacco di soldi vendendo il suo programma a turisti
sovrappeso".
Ma altrettanto pesanti sono le restrizioni sul piano delle libertà.
Elliot, ottimo insegnante, colto, generoso, disponibile e grande
lavoratore, viene guardato con sospetto e poi via via emarginato ed
escluso da qualsiasi possibilità di carriera a causa di pecche
considerate gravi. Eccole: suo padre lo aveva abbandonato da bambino
per andare a vivere in America, e non sembrava improbabile che egli
volesse seguirne l'esempio; ascoltava volentieri programmi
radiotelevisivi statunitensi; "Il compagno Steil beveva troppo,
aveva una vita sessuale promiscua e comprava cibo al mercato
nero"; "Aveva l'ardire di fare lezioni private"
(nemmeno il fatto che non si facesse pagare rendeva meno riprovevole
questa scelta); appariva tiepido e poco entusiasta durante le
manifestazioni politiche.
Ma Elliot non disprezza il suo paese, anche se è insofferente delle
sue miopie; non sogna il lusso nè il facile mito americano; è
gentile e solidale con tutti, ma schivo, non amante della retorica,
disincantato e lieve nei modi. Un giorno un americano bussa alla sua
porta e la sua vita cambia di colpo e radicalmente. Elliot si
troverà quasi naufrago su una zattera diretta in Florida, e su
quella zattera incontrerà Fidelia, la donna della sua vita. Ma in
America cadrà al centro di un intrigo dai risvolti spietati,
scaraventato in una realtà anch'essa spietata. Lo salveranno la sua
intelligenza, la sua determinazione, e la stima che riesce ad
ispirare in chi lo avvicina.
Elliot non mitizza la sua nuova realtà, nè la demonizza; sente
acuta nostalgia per la semplicità della vita a Cuba, per la
genuinità dei rapporti tra le persone, per la sua bellezza, ma
senza idealizzarne il ricordo. Risolto il micidiale intrigo che per
caso gli ha cambiato la vita, e dipanato probabilmente un più
nascosto intrigo interiore (quello del rapporto con la figura
paterna, da sempre amata e odiata), Elliot conclude la sua vicenda
con l'amore per la vita e al tempo stesso la leggerezza che ce lo ha
reso caro: "Buon compleanno a te!, canticchiò piano. Aveva
appena compiuto quarantacinque anni".
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