Segnalazione/Quando il Natale
diventa poesia
Mercoledì 29 novembre alle ore 21 al “Salotto paolino” della
Libreria San Paolo di Piazza Duomo a Milano sarà persentata l’antologia
Natale in poesia, che raccoglie le opere di 64 autori dal
quarto al ventesimo secolo. Durante la serata, intitolata Poeti
leggono poeti sotto l’albero di Natale, i versi di alcune delle
poesie contenute nell’antologia saranno letti da Luciano Erba,
Elio Fiore, Giancarlo Majorino, Vivian Lamarque e Franco Loi.
«Ispirata dall’evento del Natale, come si comporta la poesia? Si
ferma solo alle apparenze? Coglie gli aspetti più suggestivi?
Approfondisce il messaggio religioso? Lo illustra come meglio le
riesce di fare? Promuove la nostra riflessione? Ci commuove? Ci fa
migliori ?».

Parte da qui, da questi interrogativi il desiderio che ha mosso la
ricerca di uno dei maggiori poeti italiani contemporanei, Luciano
Erba, dentro il “pianeta” dell’espressione poetica, alla
scoperta di parole scritte in un arco di sedici secoli, tutte fatte
risuonare dall’incontro con il “fatto-Natale”.
Una ricerca che ha dato vita ad una raccolta antologica di altissimo
livello, Natale in poesia, appunto (Interlinea edizioni),
all'interno della collana “Nativitas” che propone testi antichi
e moderni tra letteratura e spiritualità.
L’antologia è stata curata da Erba e da Roberto Cicala, e si
muove nel tempo cronologico della poesia passando da nomi antichi e
spesso dimenticati - Efrem Siro o Juan De La Cruz o Lope De Vega -
per giungere a quelli di poeti più vicini a noi nella storia -
Pascoli, D’Annunzio, Yeats, Claudel, Rilke, Gozzano, Saba e poi
Montale, Quasimodo. Sinisgalli, Turoldo, fino a Rodari.
Rispondendo agli interrogativi di partenza, Erba e Cicala hanno
scelto le poesie dell’antologia lasciandosi guidare da un criterio
tutto letterario, che ha portato ad inserire testi ispirati alla
più genuina tradizione cattolica accanto a poesie in cui risuonano
solo i suoni della semplice religiosità popolare («…ben vengano
- scrive Erba nella prefazione - le pecorelle e i loro pastori, il
presepio e la greppia, il bue e l’asinello») o anche agli accenti
più tristi di testi in cui il Natale è sentito come giorno di
solitudine e di disperazione, o perfino testi satirici in cui si
pensa al Natale come occasione per grandi e succulente abbuffate,
per grandiose tavole imbandite a cui sedersi «facendoci quasi
sentire in colpa - scrive ancora Erba nel gustosissimo finale della
presentazione- al pensiero degli esclusi. In colpa ma non troppo.
Non stiamo infatti a esagerare col motivo degli assenti dal luminoso
convito: non sarà la nostra gioia di un giorno a privarli di
qualche cosa: abbiamo tutto un anno per pensarci e magari fare uno
sforzo. Lasciamo che siano i politici e gli uomini di potere a
parlarci dei poveri solo a Natale, o in vista di elezioni, per
indurci a riflettere, turbarci, ottenere il nostro favore ma, in
definitiva, per rassicurarci e farci sentire più al caldo. Per
questo c’è la neve fuori dai vetri. Più bella. Più bella dei
potenti, beninteso, non dei poveri».
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