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             Illustre signor professor Freud 
               
               
               
              Tina Cosmai 
               
               
               
              Non si comprende il motivo per cui un epistolario così interessante 
              e importante come quello che ebbe luogo tra Sigmund Freud e lo scrittore 
              tedesco Arnold Zweig, sia stato tradotto in Italia solo ora, dopo 
              trenta anni a disposizione degli studiosi. “Lettere, sullo sfondo 
              di una tragedia” è il titolo di questo carteggio edito da Marsilio 
              con una introduzione a cura di David Meghnagi. 
               
              Freud e Zweig si scrissero tra il 1927 e il 1939, anno d’inizio 
              del conflitto mondiale e della morte di Freud, avvenuta in esilio 
              a Londra. Un fastidioso problema all’occhio destro, che gli provocava 
              una visione torbida, gelatinosa della realtà circostante, spinge 
              Zweig a parlarne con Freud e ad affrontare il proprio danno fisico 
              anche come elemento analitico. Da qui la nascita di queste missive 
              che rilevano un vero e proprio transfert dello scrittore verso Freud. 
               
              Zweig dichiara di intravedere dei volti straziati dalla morte, volti 
              di ebrei, nel nucleo opaco che gestisce le sue visioni empiriche. 
              Il che costituisce l’originalità di questo epistolario, che attraverso 
              riflessioni sulla religione, la politica, l’antisemitismo, la letteratura, 
              si spinge in un ambito personale intenso, affettivo, tipico delle 
              analisi freudiane che spesso rompevano il muro dell’ortodossia. 
              
             
              Il conflitto di Zweig tra il suo essere tedesco e il suo essere 
              ebreo trova sfogo, ma non soluzione, nell’atteggiamento realistico 
              di Freud che afferma come la storia non abbia permesso alla Palestina 
              di costruirsi una propria identità di stato, così che la Palestina 
              è rimasta una striscia di terra senza alcuna appartenenza. Il dramma 
              storico coincide con quello di Zweig che si sente scisso nella sua 
              identità ebraica e tuttavia ricerca quelle radici che costituiranno 
              la base per alcune sue opere, delle quali Freud sarà lettore attento. 
               
              Le lettere iniziali presentano uno schema convenzionale, prestabilito, 
              ma poi prende piede la passione di Zweig, che arriva a chiamare 
              il suo interlocutore “Padre Freud”. Una confidenza che permetterà 
              allo scrittore tedesco di svelare al padre della psicanalisi particolari 
              desideri inerenti alla scrittura di alcuni suoi libri, fra i quali 
              “De Vriendt”, in cui Zweig dà forma letteraria alla vicenda del 
              poeta olandese ebreo Jacob Israel de Haan. La tragedia di de Haan, 
              ucciso a Gerusalemme nel 1924, la sua relazione omosessuale con 
              un ragazzo arabo, il suo essere un eretico, che in poesie segrete 
              malediva Dio e Gerusalemme, attirano fortemente l’animo di Zweig, 
              che si sente insieme amante perverso ed empio scrittore. 
               
              Il rapporto tra germanismo ed ebraismo è vissuto all’interno di 
              questo ed altri romanzi come conflitto tra ragione e istinto e le 
              lettere indirizzate a Freud sull'argomento sono cariche di fiducia: 
              dall'insegnamento del suo Padre di elezione, Zweig ricava la certezza 
              della grandiosità degli impulsi umani che ci conducono all’affermazione 
              di una morale vera. Altro personaggio che attira l’attenzione di 
              Zweig è Nietzsche, soprattutto per via del dramma della sua pazzia. 
              Di qui, nel 1934, la decisione Di Zweig di scrivere un romanzo sul 
              celebre filosofo, vissuto come figura istintuale e disinibita. 
               
              In Nietzsche, Zweig ricerca le cause della tragedia tedesca come 
              stravolgimento del pensiero operato dalla sorella Lisbeth e dal 
              nazismo: “Non penso affatto a inventare, fantasticare, costruire 
              un Nietzsche. Vorrei cercare di sondare il terribile iato tra l’essere 
              e lo scrivere di un tedesco, mettere uno di fronte all’altro il 
              fratello Fritz e la sorella Lisbeth, con l’ombra di Hitler sempre 
              su di lei”. Ma Freud non approva tale scelta letteraria, perchè 
              intravede in Nietzsche l'enigmatica costituzione sessuale, sospettandolo 
              di essere “un omosessuale passivo che aveva contratto la sifilide 
              in un bordello italiano per soli uomini” e denunciando la sua paralisi 
              come non conflittuale ma fenomenica. 
               
              Bellissime le missive che ritraggono le affermazioni di Freud su 
              Mosè, il desiderio di tracciare il carattere e la persona di Mosè 
              e la delusione nel non poterlo fare perché nulla di certo sulla 
              figura del profeta è stato tramandato dalla storia. E’ un’affermazione 
              forte, che allude all’impossibilità di un progetto, quello analitico, 
              di interpretazione della personalità di una figura tanto importante 
              per la tradizione giudaico-cristiana. 
               
              Nelle ultime lettere, scritte quando Freud era ormai moribondo, 
              Zweig dovrà cercare le risposte da sé, guardando profondamente ai 
              propri problemi d’identità irrisolti, ai propri conflitti interiori: 
              scrittore tedesco e scrittore ebreo, lingua tedesca e lingua ebraica. 
              Zweig scrive dalla Palestina, dove rimarrà fino al termine del conflitto 
              mondiale: “ Che abbiamo una guerra, dobbiamo vivere ancora una guerra 
              mondiale, a questo fino all’ultimo non volevo credere. A Lei però 
              caro padre, gli auguri più profondi nel sopportare e pazientare 
              affinché cadano i nostri nemici, gli unni o gli hitleriani. Affettuosamente 
              suo, A.Z.”. 
               
               
               
               
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