Diario di bordo
Tina Cosmai
“Diario di bordo” (Bollati Boringhieri) è un luminoso viaggio all’interno
dell’anima. Luminoso perché tende a rischiarare tutti gli anfratti
più arcani e conflittuali di un uomo, un terapeuta, che si trova a
vivere un’esperienza insolita che lo condurrà a sciogliere i legami
ortodossi tra medico e paziente.“Storia di Màlinka e del suo
dottore”, il racconto che dà il sottotitolo al romanzo, narra di
due persone che si incontrano, si emozionano e fanno delle loro
passioni l’elemento vitale di un rapporto che rompe ogni schema
convenzionale.
Un esordio narrativo, questo di Fabrizio Rizzi, psicologo e
psicoterapeuta, contrassegnato da una voglia di confessione, di
mettere a nudo le proprie fragilità, di dimostrare che la cosa più
importante è riconoscersi come persone. Certo il romanzo non è
autobiografico, ma il desiderio sì, e appartiene in tutto e per tutto
all’autore. Come in ogni opera, il nucleo vitale è vissuto e
sentito in prima persona, è sempre parte di colui che scrive. “Madame
Bovary sono io” disse Flaubert - quale citazione migliore per
esprimere il valore di quest’appartenenza?
La storia è quella di una giovane donna croata che inizia una terapia
psicoanalitica spinta da un forte disturbo alimentare (la difficoltà
nell’ingerire cibo solido) e del suo dottore. Il percorso analitico
non è descritto nelle sue peculiarità cliniche, ma in quei riflessi
d’emozione che si irradiano da un corpo all’altro, da un’anima
all’altra. Una comunicazione intensa si stabilisce tra i due, un
coinvolgimento emotivo che nel romanzo assume la metafora del viaggio.
Qualcosa che va ben oltre il transfert: Màlinka e il suo dottore
viaggiano all’interno del loro spirito, incontrandosi nei luoghi del
loro pathos. Uniscono, attraverso le parole pronuniciate in ambito
analitico, le difficoltà e i desideri comuni. Il terapeuta perde la
sua connotazione interpretativa, per essere egli stesso protagonista
di un viaggio non programmato, che attraversa le passioni. E’ la
storia di un amore puro, scevro da ogni forma di sessualità ma denso
d’erotismo.
Il viaggio è preceduto da un periodo di vuoto, di assenza. Màlinka,
dopo alcune sedute, decide di non continuare la terapia, abbandona il
dottore per non trovarsi di fronte ai suoi fantasmi, alle sue paure
più profonde. Ma il vuoto non è mai il nulla, bensì la preparazione
ad un passaggio, ad un nuova fase esistenziale. I due viaggiatori
cominciano il loro cammino, trasgredendo le regole stesse della
psicoterapia, facendo sedute all’aperto e materializzando le parole
che scorrono dense tra di loro. L’inenarrabile diventa narrabile, le
frasi divengono fatti; è come se questa terapia reggesse l’ambivalenza
tra tesi e antitesi; ogni dimensione conflittuale viene superata dalla
forza dell’amore.
“Prendimi con te/ perlomeno in prova/ almeno per questo istante/ in
questo vuoto tienimi stretto a te/ nell’attimo tuo della fiducia mia”.
Sono versi che l’autore alterna alla prosa per descrivere i sogni
dei due protagonisti durante questo viaggio e, quale stile migliore
della lirica per rappresentare l’attività onirica, che proprio come
la poesia, è densa di simbologie. I versi sono come un coro interno,
voci che ricercano disperatamente la forza delle emozioni, a
dimostrazione che il vero coraggio è nell’esplorazione del mondo
istintuale, dell’es.
“L’Es è il centro che non si fa vedere, l’Es non ha sostanza ma
ha mille forme e mille linguaggi per farsi sentire se vuole”.
“Diario di bordo” è la riflessione trasparente, come l’immagine
in uno specchio, di un’umanità che pretende di definirsi, di essere
fedele a se stessa. Màlinka e il suo dottore si confessano in uno
spazio ampio, senza limiti, senza condizioni, fino ad accedere alle
emozioni più vere e profonde; un bel viaggio alla ricerca dell’amore.
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