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La luce nella pittura lombarda

 

Consolato Paolo Latella

 

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Crescente è l'attenzione che la Lombardia sta attribuendo ad uno dei suoi figli più noti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio: solo nello scorso anno ben tre mostre hanno esposto alcune delle sue opere (Il Seicento a Roma. Da Caravaggio a Salvator Rosa a Milano, Da Caravaggio a Ceruti: la scena di genere e l'immagine dei "pitocchi" nella pittura italiana a Brescia, e La Ragione e il Metodo. Immagini della scienza nell'arte italiana dal XVI al XIX secolo a Crema). Per trovare però una mostra in Lombardia dedicata specificamente a Caravaggio bisogna tornare indietro fino al lontano 1951, alla mitica esposizione a Palazzo Reale di Milano presentata dallo storico dell’arte Roberto Longhi, che rilanciò la figura di Caravaggio all’attenzione del pubblico ottenendo in meno di tre mesi oltre 500.000 visitatori. Per rimediare finalmente a questa carenza è stata organizzata a Bergamo presso l'Accademia Carrara la mostra Caravaggio. La luce nella pittura lombarda, aperta fino al 2 luglio (catalogo Electa).

Negli ultimi decenni Caravaggio è stato oggetto di innumerevoli studi, spesso anche in contrasto tra loro, che certamente hanno ampliato le conoscenze attorno al pittore lombardo. Risale al 1974 la scoperta di documenti che, contrariamente a quanto ritenuto fino ad allora, anticipavano al 1571 la sua data di nascita, smentendo così le cronache dell'epoca che descrivevano un Caravaggio giunto a Roma giovanissimo e disperato. Aveva invece già ventuno anni e una buona formazione acquisita in cinque anni nella bottega dell'onesto pittore bergamasco Simone Peterzano.

Se pur non sono ancora stati scoperti dipinti del periodo lombardo, vari studi hanno analizzato le sue opere, facendo emergere numerosi contatti con pittori dell'area lombarda. Così la mostra di Bergamo mette Caravaggio in relazione con il milanese Lomazzo, i bresciani Moretto, Savoldo e Romanino, i bergamaschi Moroni e Cavagna, i cremonesi Antonio e Vincenzo Campi, fino al veneto di terraferma Lorenzo Lotto. Abbiamo quindi una complessa miscela di controllato realismo lombardo e calda carnalità veneta derivata da Tiziano. In questa chiave si possono leggere le opere giovanili Ragazzo morso da un Ramarro della Fondazione Longhi di Firenze e I Musici del Metropolitan di New York. Ma il patrimonio culturale lombardo non viene completamente dimenticato nella fase della maturità e riemerge infatti nella tarda ed iperrealistica Salomè della National Gallery di Londra.

Certo gli studi stemperano un po' l'immagine del personaggio maledetto costruita attorno al Caravaggio: non si può asserire che fosse un seminarista, ma emerge tuttavia la figura di un attento professionista, invidiato dagli altri pittori meno dotati e meno "rivoluzionari" di lui.

Dopo il lungo apprendistato lombardo, Caravaggio giungerà a Roma nel 1592 ed entrerà nella bottega del Cavalier d’Arpino, dove per vivere dovrà dipingere «tre teste al giorno per un soldo l’una», ma potrà conoscere le opere di molti importanti artisti lì presenti. La sua rivoluzione inizia attraverso l’illuminazione dei personaggi con fasci di luce trasversali, e col tempo emergerà dai suoi dipinti un buio che si andrà ampliando quasi ad annullare lo sfondo e ad assorbire in gran parte le figure con ombre sempre più profonde, come negli sgomenti dipinti di Malta, ultimo rifugio del pittore dopo la fuga da Roma e la sosta napoletana. Nelle sue composizioni l'azione è bloccata come in una fotografia che ferma il momento più drammatico dell'avvenimento: «Historie senza azione», secondo il classicista Giovanni Bellori che non lo amava molto. Caravaggio esalta gli elementi di crudo realismo - sangue, corpi gonfi, piedi luridi - ma questa sconvolgente e sconveniente visione per lungo tempo incontrerà pochi estimatori.

Il nutrito e valido comitato scientifico della mostra Caravaggio. La luce nella pittura lombarda ha voluto rileggere l'opera caravaggesca attraverso la cultura figurativa della sua terra, mostrando al pubblico dei non-adetti-ai-lavori un orizzonte più ampio, dove Caravaggio è un po’ meno "genio" e un po’ più osservatore attento e interprete di una realtà culturale ricca e varia come quella lombarda della fine del '500. Proprio per questo la mostra è divisa in due sezioni. La prima è composta da una rigorosa selezione di opere "certe" (quindici), costruita in modo da ripercorrere la breve carriera di Caravaggio e capirne il progredire. La seconda propone opere di pittori lombardi, ricostruendo l’ambiente artistico in cui si è formato il giovane Caravaggio: il visitatore volendo potrà approfondire il versante bergamasco e bresciano visitando l’attiguo Museo dell’Accademia Carrara.

Quando viene inserito nel titolo di una mostra, il nome di Caravaggio riesce a far muovere folle di visitatori che spesso però si trovano davanti sempre le stesse opere: in questo caso invece certamente vedranno alcuni dipinti stravisti, ma avranno anche la possibilità di trovare nuove sollecitazioni su di un personaggio "troppo" famoso.





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