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L'amicizia: la sola patria

 

Consolato Paolo Latella

 

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L'amicizia è fatta di incontri, discussioni, gite, cene, telefonate nel cuore della notte e, almeno un tempo, di fitti scambi di lettere: l'affetto, le affinità e le consonanze che si scoprono sono certo tra i momenti più belli della vita. Sull’amicizia che ha unito gli artisti Balthus, Alberto e Diego Giacometti, i fotografi Henri Cartier-Bresson e la moglie Martine Franck e il critico d’arte Jean Leymarie, è stata organizzata la mostra L’amitiè, la seule patrie, titolo ripreso dal motto espresso da Henri Cartier-Bresson molti anni fa brindando con i suoi amici. All'esposizione, coordinata da Elena Cádenas Malagodi e Stefano Cecchetto (catalogo Electa), hanno aderito con entusiasmo i "superstiti" di questa amicizia, dando prova di quanto sia sentito il desiderio, e forse l’orgoglio, di esibire i sentimenti che li uniscono.

Per più di trenta anni Balthus e Alberto Giacometti sono stati legati da una fecondo legame. Diversi nel loro modo di vivere, il primo aristocratico e dandy, il secondo bohémien, entrambi provenivano però da famiglie di artisti e intellettuali. Alberto Giacometti nacque nel 1901 in un piccolo paese di montagna nel cantone dei Grigioni in Svizzera. Il padre, un ottimo pittore legato a Segantini, Hodler e Cuno Amier, favorì la vocazione artistica del figlio (proprio in questi giorni a Milano presso la Fondazione Mazzotta c’è una mostra dedicata ai molti artisti della famiglia Giacometti). Alberto nel 1920 intraprese un lungo viaggio d'istruzione in Italia, poi si trasferì a Parigi dove prese un minuscolo studio a cui restò legato per sempre. Fino al 1935 seguace del surrealismo, approderà poi alla sponda opposta: il naturalismo. Fondamentale per lui è il disegno, attraverso il quale coglie la realtà. In una prima fase deciso è il riferimento alla primitività; in seguito, dopo la guerra, la sua ricerca si indirizza verso una rappresentazione schematica della natura: le sue sculture si scarnificano e si irrigidiscono sempre di più, ma resta costante il desiderio di approfondire il rapporto tra soggetto e spazio.

Balthus, sinonimo di Balthasar Klossowski de Rola, più giovane di Giacometti di sette anni, nasce a Parigi da genitori di origini polacche che lo spingono subito verso l'arte, e in seguito è incoraggiato anche dagli amici di famiglia, Gide, Bonnard e Rilke. Pure lui compie un lungo viaggio in Italia nel 1926 per studiare Giotto, Masaccio e soprattutto Piero della Francesca. Il rigore classico e il continuo riferimento al realismo, pur nelle più sospese atmosfere dei suoi interni, sono la matrice che contraddistingue le sue opere.

Il primo incontro tra Balthus e Giacometti, nel 1933, non fu dei più amichevoli: una delegazione di surrealisti capeggiata da André Breton, della quale Giacometti faceva parte, si recò nello studio di Balthus per contestargli il percorso figurativo considerato anacronistico. Il secondo e decisivo incontro avvenne invece allo zoo di Berna, dove i due si fermarono a parlare e dimenticarono lo scopo di quel viaggio: far visita a Paul Klee. Così iniziò lo stretto legame umano e artistico, segnato dal contrasto dei loro temperamenti ma profondo negli scambi, che li accompagnerà dal disinteresse della critica negli anni '30 al grande successo negli anni '50.

Nel gennaio del 1966 la morte di Alberto Giacometti creerà un legame ancora più forte tra Balthus e un'altra parte di questo "cenacolo", Diego Giacometti, fratello inseparabile di Alberto. I due fratelli si erano stabiliti a Parigi nel 1927, dividendo la magra vita di giovani artisti. Diego, abile scultore, creatore di oggetti d'arredamento di rara originalità, soprattutto in bronzo, si sentiva un artigiano ed era taciturno e solitario all'opposto di Alberto, cui Diego si prestava spesso come modello per le sculture. Gli oggetti creati da Diego vennero a poco a poco scoperti dai collezionisti negli anni '50. Ma lui amava mantenere la sua autonomia creativa, come chiarisce un episodio raccontato da Claude Delay, quando la contessa Volpi vide due sedie dell'artista, disse "Toh, sono proprio carine", e ne ordinò quaranta per la sua villa palladiana sulla spiaggia di Sabaudia: Diego non gliene fece neanche una.

Un altro protagonista del piccolo circolo è Henri Cartier-Bresson, legato ad Alberto Giacometti da un’antica amicizia nata nella magia parigina degli anni '30. Anche lui iniziò a studiare pittura ma poi passò rapidamente al cinema, diventando assistente di Jean Renoir. Solo nella seconda metà degli anni '30 pubblicherà i famosi reportage fotografici scattati in Messico, Italia e Spagna. Fondamentale per molti fotografi è stata la sua teoria del momento decisivo con la quale cerca di catturare un'immagine capace di sintetizzare un'intera situazione. Nel 1947 assieme a Robert Capa, David Seymour e George Rodger Cartier-Bresson fondò la mitica Agenzia Fotografica Magnum, che ha ridisegnato il modo di fare i reportage fotografici. Dal 1973 ha smesso di fotografare ed è tornato al suo primo amore, la pittura.

A questi personaggi si aggiunse Jean Laymarie, storico e critico d'arte, direttore della Scuola del Louvre, curatore del Museo Nazionale d'Arte Moderna di Parigi e successore di Balthus come direttore dell'Accademia di Francia a Roma. Con gli altri ha un rapporto di amicizia alimentato dalle estenuanti notti passate a discutere, soprattutto con Alberto Giacometti. Oltre agli innumerevoli saggi scritti sui suoi amici, ha organizzato la prima retrospettiva di Alberto Giacometti a Parigi nel 1969 e ben quattro mostre di Balthus.

Ultima e più giovane del gruppo è la fotografa Martine Franck, moglie di Cartier-Bresson, l'unica autorizzata a ritrarlo. Non ha fatto in tempo a conoscere Alberto Giacometti, ma dalle sue fotografie di Henri, Diego e Balthus s'intuisce il grado d'intimità che condivide con loro.

La mostra, visitabile fino al 2 aprile presso il Museo Correr a Venezia e poi a Londra all'European Academy for the Art dall'11 aprile al 30 maggio, pur nell’encomiabile intento di volere rivelare questa vicenda poco conosciuta, è un po’ avara di informazioni utili a ricostruire la storia e i momenti salienti del lungo rapporto di amicizia e richiede un impegno particolare per riannodare i mille fili che uniscono i componenti del gruppo.

 


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