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Ed ecco urlare la disperazione



Questo testo fa parte del catalogo che accompagna la mostra Klimt, Kokoschka, Schiele: dall’Art Nouveau all’Espressionismo


“Ed ecco urlare la disperazione: l’uomo chiede urlando la sua anima, un solo grido d’angoscia sale dal nostro tempo. Anche l’arte urla nelle tenebre, chiama al soccorso, invoca lo spirito: è l’Espressionismo”.



Egon Schiele, "Girasoli" (1911)
Olio su tela, 90,4x80,5 cm.
Österreichische Galerie, Belvedere Vienna
Kallir P 221


Questa enucleazione della poetica espressionista (da Herman Bahr, 1916) fa comprendere quel che trapela dalle opere di Kokoschka e Schiele, i quali, pur non aderendo ufficialmente al gruppo degli espressionisti, di quel movimento sono esponenti. A questi due grandi Maestri austriaci a cavallo tra i due secoli fa strada Gustav Klimt.



Gustav Klimt, "Giuditta I" (1901)
Olio su tela, 84 x 42 cm.
Vienna Österreisches Galerie Belvedere
Novotny-Dobai 99


Sebbene spesso accomunati, i tre artisti sono invece delle figure molto diverse le cui idiosincrasie dimostrano l’individualismo alla base del modernismo austriaco. Klimt, il più anziano dei tre, inizia la carriera eseguendo murali in luoghi pubblici alla convenzionale maniera accademica, ma abbandona la vecchia tradizione poco dopo aver partecipato alla fondazione della Secessione Viennese nel 1897.

Come gli altri secessionisti, Klimt ricerca una netta rottura con l’arte storicizzata e con il naturalismo convenzionale del passato per la creazione di un idioma decisamente contemporaneo. Nel tormentato simbolismo delle sue allegorie aleggia perenne un senso di morte, di decadenza, mascherato da una sensualità vagamente inquietante che costruisce figure femminili incorniciate da fondi, ora dorati come i mosaici ravennati ora blu cobalto, dove il colore assume, in una seconda fase della sua produzione artistica, una forte valenza simbolica e al tempo stesso si aggiunge al potere evocativo della linea. Ed è proprio questo tormentato simbolismo a costituire la più importante eredità lasciata alla generazione espressionista.



Oskar Kokoschka, "Veduta di Praga" (1932)
Olio su tela, 95x120 cm.
Phillips Memorial Gallery, Washington
Wingler 303


Non solo. Nello Jugendstil, dal nome usato in Germania, nel Liberty, secondo la definizione inglese utilizzata in Italia, o Secession, nome con cui viene chiamato a Vienna o, infine, nell’Art Nouveau, dalla denominazione francese di maggior fortuna, c’è la libertà dell’invenzione formale affidata alla linea. Una linea arabescata che in Klimt diviene, a volte, segno drammatico. Una linea che costruisce, su superfici piatte incastonate in campiture di magma pittorico punteggiato da lapislazzuli di colore (è pur sempre figlio di un orafo e incisore), corpi femminili macerati, volti scavati, ritratti eleganti di giovani donne viennesi, figure allegoriche nelle quali traspare la concezione tipicamente simbolista della femme fatale e del connubio eros-thanatos.

Egon Schiele, "Autoritratto verso destra" (1907)
Olio su cartone. 32,4x31,2 cm.
Collezione privata, courtesy Galerie St. Etienne
Kallir P 26


Kokoschka
e Schiele ereditano tutto ciò prendendo poi strade diverse e arrivando, nella loro produzione artistica, ad esiti differenti. Kokoschka, meno “educato” di Schiele (non ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Vienna, ma alla Scuola di Arti Applicate), è essenzialmente un autodidatta. I contatti diretti di Kokoschka con Berlino e con quello che sta accadendo nell’ambito dell’Espressionismo europeo incominciano presto, verso il 1910. Per lui l’arte è fervore, esaltazione. Il mezzo espressivo, una linea che si fa tormentata, un colore che si fa violento, si permea di una nuova sostanza psicologica.

Schiele, che considera Klimt il suo padre spirituale, rimane influenzato dall’impeccabile abilità del Maestro nella manipolazione dello spazio negativo sia interiore sia pittorico. Prendendo i suoi modelli non dai musei d’arte bensì da maschere etniche e incisioni, Schiele inventa una forma di Espressionismo unica e primitiva che sembra mettere letteralmente a nudo l’anima dei suoi soggetti, scarnificarli. Dei tre artisti solo Kokoschka vede la fine della I guerra mondiale e, più tardi, si integra perfettamente con il movimento tedesco espressionista.




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