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I duecento colpi



Consolato Paolo Latella



Grazie al cielo, la vita è piena di emozioni grandi e piccole! Negli ultimi diciotto anni chi s’interessa d’arte, sia artista che restauratore storico dell’arte o antiquario archeologo o architetto, di emozioni ne ha avute almeno duecento. Tante sono le edizioni de Il Giornale dell’Arte, pubblicato a Torino da Umberto Allemandi & C., e tanti sono i colpi al cuore che i signori su indicati hanno ricevuto vedono apparire in edicola il corposo bianco volume della rivista.

Il primo numero venne pubblicato nel maggio 1983 e costava 2.500 lire, oggi questo giornale costa15.000 lire e anche questo è bel tuffo al cuore. In prima pagina riportava le opinioni di Guido Rossi (giurista, expresidente di Consob e Telecom) su come l’opera d’arte non è un bene-rifugio, ma sarà ancora vero con gli alti e bassi della borsa? Un intervento - che oggi fa tenerezza- di Giorgio Bonsanti (uno dei più famosi restauratori italiani e direttore per anni dell’Opificio delle Pietre Dure) contrario all’aumento dei prezzi dei biglietti d’ingresso nei musei perché non era un servizio funzionante. Pensate ben fino a 4.000 lire per entrare agli Ufizzi di Firenze e solo la mattina dalle 8 alle 13, oggi è più o meno il costo di una telefonata al cellulare “Mamma butta la pasta”.



Per coincidenza c’era anche un articolo sulla Biennale di Venezia, e qui sembra di tornare indietro in un’epoca lontana, o forse no? Venivano riportati i nuovi componenti del consiglio direttivo e, tra parentesi, il partito o il sindacato di riferimento. Anche i nuovi direttori delle varie sezioni subivano lo stesso trattamento: Rondi (DC) per il cinema, Calvesi (PCI) arti visive, Strehler (PSI) per il teatro e via così, perlomeno oggi non si usano più le parentesi.

Sempre in prima pagina era riportato l’editoriale di presentazione della rivista, una striminzita mezza colonna, dove tra altro si affermava: “Vi sono splendide riviste d’arte, in Italia e in altri Paesi: riviste d’immagine e riviste di divulgazione, di studio e di tendenza. Ma questo è un giornale. E’ la prima volta che viene fatto un giornale tutto d’arte…Un giornale deve servire. Un giornale serve per sapere. Sapere serve per capire. Capire serve per decidere.” Con orgoglio, questa presentazione è stata riportata anche nel n. 200 de Il Giornale dell’Arte. Certamente, esso ha contributo non poco ad elevare il dibattito sui temi dei beni culturali, ha portato in evidenza aspetti nascosti, ha fatto polemiche e critiche forti ad un sistema politico - amministrativo molto spesso cieco e in mala fede, altre volte invece è stata solo una vox clamantis in deserto.

Con le sue 19.106 pagine pubblicate ha permesso a tutti gli operatori di essere costantemente informati, dando la possibilità di svecchiare e ampliare la propria mentalità in ampi settori.

Grazie al vasto raggio di interessi, nessun ramo o problema che anche lontanamente può tangere il mondo dell’arte sfugge all’interesse onnivoro della redazione: il mercato dell’arte e le sue implicazione economiche, il restauro, le mostre, l’architettura antica e moderna, le pubblicazioni, i rapporti annuali su materie determinate. Inoltre, Il Giornale dell’Arte gode del supporto di collaboratori di primissimo piano: dagli scomparsi Federico Zeri, Francis Haskell e Armando Testa, a Alessandra Mottola Molfino e le sue rubriche sui musei, a Fabrizio Lemme e le sue rubriche sulla legislazione, a Walter Santagata e le sue rubriche sull’economia dell’arte, da Gaggero e Luccardini per citare alcuni mostri dell’architettura a Giorgio Bonsanti per il restauro.

Oggi esistono ben quattro edizioni oltre a quella italiana: Londra e New York, Parigi, Atene e Madrid, mentre l’edizione internazionale The Art Newspaper è diffusa in 60 paesi. Ha un sito internet in italiano http://www.ilgiornaledellarte.com/ e uno in inglese http://www.theartnewspaper,com/ e la casa editrice Allemandi si è affermata come una delle più attente con un catalogo non enorme, ma ben curato e con libri di assoluto valore.

Pur essendo una rivista per addetti ai lavori annovera tra i lettori e tifosi, scrittori come Edward Albee (Chi ha paura di Virginia Wolf?) o poeti come Julian Barnes (Il pappagallo di Flaubert), ma anche il capitano dell’industria cinematografica David Goffen proprietario della Dreamworks di Hollywood e, addirittura, alcuni dipendenti dell’editore Taschen che si dice siano obbligati a leggerla. Ha una redazione capace di dialogare con il Pentagono facendogli notare, durante la guerra del Golfo, che i siti di importanza strategica coincidevano spesso con siti di grande rilevanza storica od archeologica. O che dire dell’Università di Oxford che ha adottato l’edizione inglese della rivista per aggiornare la terminologia artistica del suo dizionario. Il Giornale dell’Arte si può definire un primato italiano, proprio in un campo che ci dovrebbe vedere principi e che invece spesso ci fa essere rospi.

Dobbiamo però lanciare un appello all’editore: vogliamo leggervi ancora, ma lo spazio disponibile nelle nostre sempre più piccole case si è esaurito da tempo. I figli devono respirare la cultura ma non esserne sommersi! Per evitare problemi di allergia alla polvere e cause di divorzio, proponiamo: perché non raccogliere in un CD-ROM tutti i numeri arretrati della vostra amata rivista?


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