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Le curiosità di un cardinale di campagna



Consolato Paolo Latella



Nessuno poteva prevedere che a Velletri, un paesone non lontano da Roma, nel 1731 sarebbe nato Stefano Borgia, uno degli intellettuali più curiosi del Settecento. La sua famiglia era forse imparentata, alla lontana, con la celebre dinastia di origine spagnola che annoverava anche il terribile Papa Alessandro VI (1431-1503), padre di otto figli prima di diventare pontefice. Il nostro Stefano intraprende presto la carriera ecclesiastica, diventando già nel 1759 Governatore di Benevento e, nel 1770, Segretario della Congregazione De Propaganda Fide, il principale strumento della chiesa per la diffusione del cristianesimo nel mondo.


Buon Pastore - Goa, colonia portoghese


Con piglio riorganizza l’ente, apre nuove missioni in Madagascar, Canada e Giappone e da un forte impulso alla pubblicazione di alfabeti orientali attraverso la Tipografia Poliglotta di Propaganda, che costituisce per l’Europa il primo approccio sistematico alle lingue di culture lontane. Da questo osservatorio privilegiato può finalmente appagare la sete di conoscenza allargando la sua “curiosità” a tutto il mondo. Già quando era a Benevento aveva aperto inediti squarci sul passato longobardo della città. Ora, grazie ai rapporti con le missioni sparse nel mondo, può ricevere i più disparati oggetti.

Ma Stefano Borgia raccoglie e studia, sceglie e sistema: non intende creare una collezione WunderKammer (camera delle meraviglie) solo per stupire gli ospiti. Così nel palazzo Borgia a Velletri (distrutto durante un bombardamento nell’ultima guerra), nel poco tempo libero a disposizione, organizza il materiale per temi ben precisi che rispecchiano i suoi interessi, molto spesso all’avanguardia.


Globo cufico ( XIII sec..)


Tanta fama raggiunge la sua casa-museo, da divenire meta di numerosi intellettuali europei: Goethe la visitò due volte e definì la collezione un tesoro da non perdere, e poi il conte Ian Potocki grande viaggiatore, lo storico d’arte Sèroux d’Agincourt, William Hamilton e molti altri personaggi dell’epoca.

Ma come era organizzata e cosa conteneva la collezione Borgia?

Il cardinale raccolse antichità della civiltà Etrusca, della quale compilò anche un alfabeto, e promosse scavi a Velletri iniziando così a gettare luce sulla civiltà dei Volsci, e fondando l’Accademia Volsca. Collezionò antichità greche provenienti non dai territori della Magna Grecia italiana, come era comune, ma dalle isole elleniche, allargando le conoscenze sulla civiltà greca. Non potevano mancare i reperti romani, raccolti non in base a criteri estetici, ma iconografici e di uso comune. Nel “museo Sacro” raccolse dipinti e oggetti di oreficeria, vetri e smalti dalle provenienze più disparate, per metterli a confronto, per conoscere e capire i modi e le forme che la liturgia e l’iconografia cristiana avevano usato nei secoli. Assolutamente contro tendenza, raccolse dipinti dei “primitivi”, gli artisti antecedenti al Rinascimento, anticipando di parecchio la riscoperta del medioevo.


N. L. Pace, reliquiario sec. XV


Molto prima della spedizione in Egitto (1799) del famoso egittologo francese Champillion che rese popolare l’antica civiltà egiziana, Stefano Borgia spinto dal desiderio di capire le origini delle arti e delle religioni, possedeva la più importante collezione europea di reperti egizi. Nel “Museo Arabico-Cufico”, la parte assolutamente più originale della collezione, raccolse manoscritti e monete arabe delle zecche normanne siciliane, ed un pezzo eccezionale, il Globo Cufido del XIII secolo, opera di Caisar Ben Abicasem, dove sono riportati meridiani e paralleli.

L’India aveva una sua propria raccolta, grazie a Paolino da S. Bartolomeo, un Carmelitano Scalzo che viaggiò in India dal 1776 al 1789, autore del “Systema Brhamanicum” sui costumi e le religioni indiane il quale, incaricato da Stefano della selezione di oggetti religiosi e opere d’arte, mise insieme una collezione paragonabile solo a quella della “Compagnia delle Indie” di Londra.


Ritratto del Cardinale Stefano Borgia


Il “Museo Boreale” raccoglieva calendari runici e oggetti provenienti dal nord estremo dell’Europa, addirittura dalla Groenlandia.

Precorrendo tutti i tempi, nel “Museo Australe” era presentato l’ultimo continente da poco scoperto, l’Oceania, con oggetti importati dalle prime spedizioni.
Non mancava un medagliere composto da migliaia di monete, corniole, cammei delle più varie origini: romane, longobarde, arabe, turche, persiane, cinesi e africane.

Stefano Borgia fu nominato cardinale nel 1789 e fu esiliato a Padova nel 1798 con la proclamazione della Repubblica Romana, ma non si scompose molto. Lì in santa pace poté continuare i suoi amati studi e addirittura, nel 1800 al conclave di Venezia, per un soffio non divenne papa. Morì nel 1804 a Lione, mentre accompagnava Pio VII all’incoronazione di Napoleone.


Tamburo Lappone


Alla sua morte la collezione fu contesa da molti rischiando di andare dispersa in mille rivoli. Ma grazie al nipote, che riuscì con non poche peripezie, a venderla a Gioacchino Murat, giunse infine nelle mani di Ferdinando di Borbone, re del Regno delle Due Sicilie.

Questo è quanto ha permesso di salvaguardare buona parte della collezione. Dopo studi pluriennali, e con un convegno internazionale alle spalle (Velletri 13/17 maggio 2000), il Comune di Velletri ha organizzato la mostra La collezione Borgia che riunisce per la prima volta 400 pezzi, adottando gli stessi criteri di Stefano Borgia.

Curata da Anna Germano e Marco Nocca, con il coordinamento di Filippo Alivernini (catalogo Electa Napoli), l’esposizione si può visitare presso il Palazzo Comunale di Velletri fino al 3 giugno 2001, e poi dal 23 giugno al 16 settembre al Museo Archeologico di Napoli.


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