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Le curve pericolose del Liberty italiano



Consolato Paolo Latella



Art Nouveau in Francia e Belgio, Jungendstil in Germania, SezessionStil in Austria, Modernismo in Spagna e Liberty in Italia: raramente una corrente artistica aveva avuto tante definizioni e una diffusione tanto rapida e capillare in Europa e negli Stati Uniti. Il movimento, che interessò particolarmente l’architettura e le arti decorative, sorse e si sviluppò tra il 1890 circa e la prima guerra mondiale grazie al clima di rinnovamento culturale che accompagnava l’affermarsi della borghesia, in polemica con stili storici legati al passato - l’accademismo e l’eclettismo - i quali avevano caratterizzato buona parte dell’Ottocento.


L’Art Nouveau traeva ispirazione direttamente dalle forme della natura: da qui il carattere linearistico e metaforico del nuovo gusto, a cui certo non era estraneo il successo ottenuto in Occidente, nella seconda metà dell’Ottocento, dall’arte cinese e giapponese. Nasceva anche per combattere lo scadimento e la volgarizzazione della produzione industriale, ma non in sua antitesi, anzi soprattutto in architettura venne cercata la possibilità di utilizzare nuovi materiali industriali. Ma la ricercatezza esasperata dei materiali e delle forme degli oggetti resero l'Art Nouveau terreno esclusivo di artigiani di altissimo livello, e quindi appannaggio solo delle classi più agiate.

In Italia in un primo momento la definizione oscillava tra “Stile floreale” e “Stile nuovo”, ma con l’apertura, non a caso nella borghese Milano, di una filiale della famosa ditta inglese Liberty & C. specializzata nella vendita dei prodotti di questo nuovo gusto, venne adottato con entusiasmo e ironia il nome Liberty.

La declinazione italiana dell’Art Nouveau si caratterizzava per le correspondance naturali e la linea biomorfica, traendo i principi ispiratori dal mondo animale e vegetale, per l’estetismo neogotico e neorinascimentale, rivalutando le radici culturali, e per l’esotismo che rappresentava l’apertura verso nuove culture.


Il Liberty italiano non poteva godere della struttura e della mentalità “industriali” che altri paesi europei avevano oramai metabolizzato, ma il desiderio di rimanere al passo con la modernità dominante nelle grandi esposizioni universali, dove l’Italia non sempre faceva una bella figura, spinse alcuni artisti di genio e molti artigiani di valore a creare oggetti e opere d’arte che spesso non erano seconde alle creazioni europee.

La produzione italiana è stata poco considerata nelle grandi mostre europee degli ultimi anni sull’Art Nouveau, e questo ha spinto Fabio Benzi a realizzare l’esposizione “Il Liberty in Italia” nello spazio espositivo del Chiostro del Bramante a Roma (fino al 17 giugno, catalogo Motta).

Secondo Benzi già negli anni Ottanta dell’Ottocento diversi artisti italiani anticiparono o comunque contribuirono alla formazione di questo stile: il pittore Giovanni Segantini, che attorno al 1882 utilizzava la linea sinuosa nelle sue opere basate sulla concezione del dominio della natura; lo scultore Leonardo Bistolfi, con la sua precoce adesione; Carlo Bugatti, che con le linee curve dei suoi mobili ottenne già nel 1888 a Londra un successo clamoroso; senza dimenticare anche Galileo Chini con le sue straordinarie ceramiche.

Certo nell’architettura eravamo un po’ debolucci, non avendo avuto figure geniali come Gaudì, Horta o MacKintosh, così come per le elaborazioni di vetri, mancando un Tiffany o un Gallè.

Ma Benzi, oltre ad anticiparne l’adesione, estende l’influenza del Liberty anche ai campioni del Futurismo Giacomo Balla e Umberto Boccioni, i quali trasformarono la linea sinuosa nella linea di forza futurista.

Una visione così allargata però non trova tutti d’accordo. La storica dell’arte Rossana Bossaglia, ad esempio, pur approvando la rivalutazione dell’apporto italiano a questo stile, non condivide l’inserimento di artisti di grosso calibro tipo Segantini e Boccioni, e non considera il Liberty italiano dotato di particolare autonomia.

Tolte le polemiche resta, per chi ancora non avesse avuto modo di scoprirlo, un mondo di oggetti prodotti da artigiani italiani che meravigliano per la qualità e le soluzioni originali. La mostra “Liberty in Italia” ne espone ben 350 pezzi tra vetrate dipinte e scrittoi, vasi e manifesti, quadri e ceramiche: un viaggio certamente avvincente e soprattutto ricco di invenzioni fantastiche.



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