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L’India non è solo terremoti



Consolato Paolo Latella



“La vita in India, ha i caratteri dell'insopportabilità: non si sa come si faccia a resistere mangiando un pugno di riso sporco, bevendo acqua immonda, sotto la minaccia continua del colera, del tifo, del vaiolo, addirittura della peste, dormendo per terra, o in abitazioni atroci". Sono alcune impressioni di Pier Paolo Pasolini durante il primo viaggio in India nel 1961, assieme ad Alberto Moravia ed Elsa Morante, scritte per Il Giorno e poi raccolte in L'Odore dell'India (Le fenici tascabili, 2000, pp. 128, L. 9.000). Pasolini ha tracciato una sorta di grande affresco su tutti gli aspetti dell'India. Alla fine da ciò realizzò un medio-metraggio, Appunti per un film sull'India, girato nel dicembre 1967 e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 1968 assieme a Teorema. Certo non poteva mancare in questo viaggio da parte di Pasolini e compagni, una ricerca delle radici estetiche, di tutte le forme di un’arte condannata all’oblio dalla marea montante di ciò che solo molti anni dopo verrà indicata come globalizzazione e perdita d’identità.

 


Un altro degno affresco dell’India è la mostra La casa del corpo, la casa dell’anima, arte indiana dal XIX al XXI secolo, visitabile fino all’8 marzo presso il Castello Pasquini che domina Castiglioncello, deliziosa stazione balneare toscana, ritrovo dei macchiaioli nell’800 e della ”Dolce vita” negli anni ’60. La mostra, patrocinata dall’Ambasciata d’India in Italia e dalla Regione Toscana, è accompagnata dall’edizione del premio “Autore donna - nuove proposte”, arte contemporanea al femminile, ispirata alle tematiche spirituali delle culture centro-asiatiche.

Parlare dell’arte indiana in poche righe è impossibile quanto oltraggioso verso una cultura dalla ricchezza e varietà insondabile, però possiamo provare ad indicare alcuni punti di riferimento. “L’arte della scultura non può essere conosciuta senza le regole della pittura. Il canone della pittura sarà svelato solo dopo aver studiato la danza, che discende dalla musica strumentale e dal canto. Tramite queste arti si possono adorare gli dei e raggiungere la felicità”. Quindi l’interdipendenza delle arti è alla base dell’arte indiana, nata per fare da tramite tra l’uomo e il divino e che muove i suoi primi passi attorno al IV secolo a.C.: una forma artistica esclusivamente religiosa che non può essere separata dai valori mistici sia del Buddhismo che dell’Induismo, e che richiede all’artista una lunga meditazione ed una profonda ispirazione prima della creazione di un’opera.


La mostra La casa del corpo, la casa dell’anima espone oltre 130 opere importanti che esprimono e raccontano lusso, eros, religione e filosofia. Quadri di tessuti, fra i quali un raro pannello creato con fili d’oro e piume di coda di pavone, realizzato da un artista appartenente ad una famiglia di antichi tessitori che vantavano come propri clienti anche Giulio Cesare. Sculture in legno di rosa e in teak dei primi anni del ‘900 provenienti dall’Art Gallery di Bombay; una testa di giovane Buddha in giada blu dal peso di sessantamila carati proveniente dalla collezione Thakur di New Dehli, e un Buddha di giada di smeraldo di oltre trentacinquemila carati. E poi marmi, pitture eseguite con pigmenti vegetali realizzate dalle due maggiori famiglie di pittori del nord dell’India, gli Shanti Devi e gli Sheela Rami; sete e dipinti colorati con polveri di turchesi, lapislazzuli, rubini, smeraldi, giade e corniole per ottenere colori nobili, degni di rappresentare l’essenza divina.


La pittura di ispirazione buddhista è rappresentata da pannelli di carta applicata su seta dove i Lama raffigurano scene di vita del Buddha, nascondendo nella descrizione motivi cabalistici ed esoterici. Fra le più celebri opere, vi sono quelle del Lama R. (il cui nome non può essere rivelato per intero) e del vecchio Lama Surya Thapa, in assoluto il più famoso pittore dell’Asia Centrale.

In una parte della mostra vengono svelati i segreti dell’erotismo, il congiungimento carnale e la relativa estasi, considerata dagli induisti e dal buddhismo tantrico il tramite per avvicinare l’uomo al divino. Sono esposti porta-oppio in argento con scene erotiche, raffigurazioni del Kamasutra su osso o su avorio e cinque celebri opere dipinte per gli appartamenti delle Maharani, arricchite anche da perle, rubini e smeraldi. Insomma, un connubio di ricchezza, arte ed eros unico al mondo.


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