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Pietroburgo e l'Italia (1750-1850)
Il genio italiano in Russia







In fondo emergeva lentamente, tra l'acqua lattiginosa e il cielo madreperlaceo, cinto della sua corona murale merlata di torricelle, il magnifico profilo di San Pietroburgo, i cui toni d'ametista separavano con una linea di demarcazione quelle due pallide immensità. L'oro scintillava in pagliuzze e aghi su quel diadema, il più ricco, il più bello che abbia mai portato la fronte d'una città. Nulla era più splendido di quella città d'oro sull'orizzonte d'argento, dove la sera aveva i colori dell'alba. Una luce scintillante ma fredda cadeva dal cielo chiaro; era un azzurro boreale, polare per così dire, con sfumature di latte, di opale, d'acciaio. Sotto questa volta lattiginosa l'immensa mappa del golfo si tingeva di colori indescrivibili. Ora erano dei bianchi di madreperla, ora dei grigi d'una finezza incredibile, più in là dei blu opachi come lame di damasco, o ancora riflessi iridati
(Théophile Gautier, 1866).

La mostra "Pietroburgo e l'Italia (1750-1850). Il genio italiano in Russia", ospitata dal 30 aprile al 15 giugno 2003 nelle sale del Complesso del Vittoriano, che sarà inaugurata alle ore 11.30 di martedì 29 aprile dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali Giuliano Urbani, dal Presidente della Provincia di Roma Silvano Moffa e dall'Ambasciatore della Federazione Russa in Italia Nikolay Spasskiy, nasce in occasione del 300° anniversario della fondazione di questa "città astratta e premeditata" come la definì Dostoevskij, con l'obiettivo di offrire una visione della creativa presenza dell'Italia nella storia di questo luogo incantato attraverso oltre cento opere tra oli, acquerelli e disegni provenienti dal Museo Statale Ermitage, dal Museo Russo della Storia di San Pietroburgo e dal Museo Statale Russo raramente esposte all'estero.

Promossa e voluta dalla Provincia di Roma - Presidenza della Giunta, Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili - , la Mostra si avvale della collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dell'Ambasciata della Federazione Russa in Italia, della Fondazione Romaeuropa e del patrocinio del Ministero per gli Affari Esteri. Il Comitato Scientifico è composto da esperti di fama internazionale: Claudio Strinati, Vittorio Strada, Sergej Androsov, Letizia Tedeschi.
La rassegna è organizzata e prodotta da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia.

La storia
Lo zar Pietro I il Grande intuisce la necessità di creare un avamposto verso l'Europa contrastando la potenza navale della Svezia. Dal 1703 costruzioni in pietra cominciano a sorgere malgrado le difficoltà del terreno malsano e paludoso del delta della Neva che richiede opere di bonifica e consolidamento per sopportare il peso di qualsiasi costruzione. "Da qui minacceremo noi lo svedese; qui la città sarà fondata, a dispetto dell'arrogante vicino; da natura, qui noi siamo destinati ad aprir sull'Europa una finestra": così Aleksandr Puskin nel 1833 attraverso i suoi versi sintetizza come Pietro I il Grande abbia fatto sorgere dalle inospitali paludi del Baltico una città-emblema che rappresentasse il progetto di una Russia moderna, potenza marittima ed europea.
Con l'inizio delle opere di urbanizzazione comincia l'immigrazione di artisti e tecnici occidentali ritenuti i migliori costruttori dell'epoca: buona parte della bellezza perfetta ed elegante di San Pietroburgo è dovuta all'opera geniale di architetti italiani ricercatissimi dagli zar e dall'aristocrazia. La loro fortuna inizia con Pietro I il Grande che chiama il ticinese Domenico Trezzini a progettare ed eseguire, tra l'altro, la fortezza e la cattedrale dei SS. Pietro e Paolo. Seguendo la propria indole vivace, amante degli apparati decorativi e scenografici, la zarina Elisabetta sceglie Bartolomeo Rastrelli come proprio architetto di corte, facendone l'assoluto protagonista del rinnovamento edilizio e architettonico della capitale imperiale. Inconfondibile la cifra stilistica, fastosa e barocca, di Rastrelli che, formatosi in Francia, arriva alla corte di San Pietroburgo nel 1716 seguendo suo padre, architetto e scultore fiorentino. Una generazione dopo, il favore di Caterina II andrà al romano Antonio Rinaldi che sigla il proprio capolavoro nel Palazzo di Marmo, e a Giacomo Quarenghi, architetto bergamasco fecondo interprete del neoclassicismo in Russia. A loro è legato l'aspetto più severo, pur se magnifico, della San Pietroburgo grande capitale europea della seconda metà del Settecento. Napoletano, Carlo Rossi continuerà, a partire dal 1819, con geniali variazioni sul tema la diffusione del neoclassicismo avviata dal Quarenghi. La fase neoclassica della città si chiude nel 1834 con la costruzione della colonna di Alessandro. Teatro principale della Rivoluzione d'ottobre, Pietrogrado (nome russificato a seguito della dichiarazione di guerra del 1914) assiste a un eguale rovesciamento sul piano artistico dove la vittoria dei bolscevichi corrisponde alla fine dell'accademismo e a un'intensa opera disgregatrice della cultura figurativa ottocentesca. Pietrogrado rappresentava storicamente il centro del potere imperiale e dell'aristocrazia e il trasferimento della capitale a Mosca, voluto da Lenin nel 1918, corrisponde all'esautorazione del vecchio sistema di potere. Nel 1924, pochi giorni dopo la morte di Lenin, la città cambia il suo nome in quello di Leningrado.

La mostra
"Dopo aver vogato parecchie ore, ecco che volta il fiume; e né più né meno che all'Opera, ci si apre dinanzi la scena di una imperial città. Sontuosi edifizi sull'una e l'altra riva del fiume". Francesco Algarotti, veneziano, viaggiatore curioso e scrittore eclettico amico di Voltaire e di Federico II di Prussia, fissa con queste parole i sui ricordi del viaggio a Pietroburgo del 1739 e il celebre avventuriero Casanova, stabilitosi in Russia nel 1764, frequenta l'alta società di San Pietroburgo per alcuni mesi descrivendo la città come "ancora infante. Lo zar aveva dato alla luce la sua creatura in nove mesi".
I rapporti tra l'Italia e San Pietroburgo sono sempre stati fervidi. La mostra "Pietroburgo e l'Italia (1750-1850). Il genio italiano in Russia" vuole ripercorrere la presenza dell'Italia a San Pietroburgo ricca di fervidi apporti per la cultura architettonica, figurativa e letteraria della città russa. Il periodo scelto è quello centrale nella storia di questi intensi scambi: i cento anni che vanno dalla metà del XVIII alla metà del XIX secolo, ovvero dal classicismo al romanticismo, periodo "aureo", per così dire, dell'Impero russo e della sua capitale. Scopo della mostra quello di offrire un quadro organico e polimorfo della Pietroburgo "italiana".

Fondamentale l'apporto di collezionisti dell'arte italiana per l'inserimento della Russia nella cultura europea. Basti pensare, ad esempio, all'acquisto di quadri in Italia tra il 1716 e il 1720 durante il regno di Pietro I il Grande ad opera di un incaricato di affari a Venezia; alle diverse compravendite nelle città europee ad opera del pittore Groot della corte di Elisabetta; sterminata la letteratura sul tema del collezionismo di Caterina II che diede origine al Museo Hermitage con l'acquisto nel 1764 della raccolta Gockovskij; in mostra saranno presentati quadri acquistati dalla zarina direttamente in Italia la cui storia non è ancora ben nota in Occidente. E poi, ancora, gli acquisti sotto il regno di Paolo I, Alessandro I, Nicola I.

Opere in mostra
Il percorso della mostra "Pietroburgo e l'Italia (1750-1850). Il genio italiano in Russia" si snoda attraverso quattro sezioni: la prima riguarda gli architetti italiani con quadri, progetti e disegni che fissano vedute assai vivide; una seconda sezione è costituita da pittori italiani operanti in Russia come Torelli, Rotari, Tocci, Fontebasso, Dusi; una terza è dedicata ai nostri scenografi; infine una sezione mostra tele di artisti italiani presenti nelle collezioni russe dell'epoca.

Tra le tante opere esposte, da segnalare il Ritratto di Paolo III di Tiziano, olio su tela del 1545, Tarquinio e Lucrezia, olio su tela del 1590 di Jacopo Palma il Giovane, Il miracolo dei pani e dei pesci di Francesco Bassano (1570 ca.), alcuni degli splendidi progetti e vedute di Giacomo Quarenghi, il Ritratto della zarina Elisabetta di Pietro Antonio Rotari, il Ritratto della zarina Caterina I di Stefano Torelli. Dello stesso autore il Ritratto della contessa Anna Cernysceva (1763-64), dalle pennellate vaporose che costruiscono le spalle eburnee su cui gioca un ricciolo nero. In un turbinio di colori e personaggi allegorici, l'Apoteosi del Regno di Caterina II di Gregorio Guglielmi (1767) mentre pallidi blu, toni rosati e sfumature ocra ingentiliscono l'incontro tra Alessandro Magno e Rossana di Pietro Antonio Rotari. Intensi gli effetti di luce nell'Apparizione dell'angelo al re Davide di Luca Giordano, mentre incuriosisce la prospettiva di fuga che accompagna l'occhio all'orizzonte attraverso archi e colonne in rovina nel Baccanale di Alessandro Magnasco. Sempre un'altra sua opera, il Riposo dei banditi (1710 ca.), si arricchisce di un mondo fantastico popolato da misteriose figurine guizzanti, scimmie, zingari e soldati. Tra le rovine barocche, statue classiche sembrano prendere vita grazie alla liberà espressiva delle pennellate. Meravigliosa la purezza del disegno nella Sacra Famiglia di Pompeo Batoni (1777). Equilibrate le composizioni di Giovanni Paolo Panini e di Jacop Philip Hackert come La grande cascata a Tivoli dal bucolico paesaggio (1783).

Nell'ambito della mostra è prevista una giornata di studi che si terrà mercoledì 30 aprile presso Villa Tuscolana a Frascati (Via Tuscolo Km. 1,500) e una visita al Monastero Benedettino di Subiaco all'interno del quale Giacomo Quarenghi è artefice della ristrutturazione della Chiesa di Santa Scolastica - intervento testimoniato in mostra dalla presenza di ventiquattro lettere e stampe relative al progetto di ristrutturazione.

Pietroburgo e l'Italia (1750-1850). Il genio italiano in Russia
Catalogo: Edizioni Skira
Orario: dal lunedì al giovedì 9.30/19.30; venerdì e sabato 9.30/23.30; domenica 9.30/20.30
Costo del biglietto: euro 5,00 intero - euro 4,00 ridotto
Per informazioni: tel. 06/6780664
Ufficio Stampa: Novella Mirri tel. 06/6788874; fax 06/6791943;
e-mail: ufficiostampa@novellamirri.191.it

 


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