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La sinistra italiana o il gusto del baratro



Guido Martinotti




Si ha l'impressione che con la faccenda della durata della guerra la sinistra si sia infilata in un altro di quei vicoli ciechi da cui si esce solo esausti e ulteriormente amareggiati.

Primo: la durata della guerra guerreggiata non dipende da noi. Mettersi a dibatterne e' quindi non solo vagamente ridicolo e da mosca cocchiera, ma anche del tutto inutile.

Secondo: la politica non e' una accademia ed e' uno spreco discettare di dilemmi etici che forse (e sottolineo) sono interessanti in un' aula di Filosofia del diritto. Quando si fa politica, soprattutto se si ha la responsabilita' di una testata di un quotidiano - e lo dico per Barenghi il cui articolo mi ha lasciato allibito - si devono tenere in considerazione le conseguenze delle proprie affermazioni. In politica piu' che mai le parole sono pietre. Sollevare una polemica sofistica, poco comprensibile, ma soprattutto facilmente utilizzabile in modo distorto, quando occorrerebbe invece ricercare la massima chiarezza, mi pare irresponsabile.

Terzo: nel merito io credo che valga sempre la teoria del baratro. Se attraverso gli arzigogoli della mente o quelli ancora piu' intricati del dibattito politico puro (cioe' tra di addetti ai lavori per addetti i lavori) l'esploratore esce dall'intrico della giungla per trovarsi davanti a un baratro, deve tornare indietro. C'e qualcosa di sbagliato all'inizio del cammino, non nelle ultime svolte, che sempre al baratro porteranno. Se attraverso gli arzigogoli della mente mi trovo a riflettere su un dilemma che per noi non esiste (perche' alla velocita' dell'avanzata ci pensano solo il generale Franks e i suoi avversari) e cioe' se sostenere (con che strumenti?) un guerra piu' veloce oppure appoggiare (con che mezzi?) un mezzo fallimento degli USA, vuol dire che sono arrivato al baratro. Il problema e' mal posto e del tutto inutile. Per di piu' confonde le menti di tutti in un momento in cui da chi ha la responsabilita' di fare opinione si richiede un contributo alla chiarezza. E infine da' agli avversari un formidabile argomento. In malafede? Si, ma in politica vale il caveat emptor, se gli offri il fianco e lui ti spara una gomitata piangi te stesso.

Quarto: posso anche capire, sul piano emotivo, una reazione nei confronti della hubris della posse di Bush. Ci hanno detto che volevano la guerra, gli e' stato detto di no; hanno detto che l'avrebbero vinta in 72 ore, gli e' stato detto sta attento, e ora sono impantanati; hanno detto che avrebbero risparmiato i civili e le infrastrutture, ma ora appare chiarissimo che Baghdad potra' essere presa solo dopo essere stata devastata e dopo un bagno di sangue gia' cominciato. Ora tramite la voce del bolscevico Ferrara ci dicono: se non ci aiuti a farla finita in fretta sei un nemico. E' il classico ricatto morale dell'ideologia di destra, della Dolchstosslegende: se non stai con noi sei un traditore. Rispondere "arràngiati", e' una tentazione ed e' una posizione che privatamente si puo' anche capire o scusare, ma non e' e non puo' essere una posizione politica. Ne' puo' essere politica il sofisma barenghiano del meglio-peggio e della guerra lunga, perche' quali che siano i possibili vantaggi "politici" di una guerra lunga - peraltro calcolati su una lavagna inconsistente come l'aria - il suo costo quotidiano sarebbe cosi' elevato che dobbiamo subito lasciar cadere questo argomento. La politica non e' solo un specie di grande lettino freudiano in cui si rovesciano tutte le nostre frustrazioni o irritazioni o altro. E' una attivita' in cui vi sono scopi precisi, in cui bisogna conquistare i cuori, mentre questo tipo di sofismi allontana non avvicina.

Quinto: ma allora quale e' la posizione da prendere? Una sola, la guerra deve finire al piu' presto perche' ogni giorno in piu' si sta aprendo il vaso di Pandora. Ogni giorno che passa gli Usa saranno costretti a riversare soldi e uomini nel golfo. E noi dobbiamo stare con quegli americani che vogliono che i loro soldi e i loro ragazzi stiano a casa loro. Ogni giorno che passa muoiono e sono feriti uomini, donne e bambini, dalle due parti, ma soprattutto da parte irachena, cioe' del popolo che dovrebbe essere liberato. E noi dobbiamo stare dalla parte di chi chiede aiuto sotto le bombe, o scappa davanti agli incendi o muore invocando i propri cari in una trincea. Ogni giorno che passa cresce l'odio e il risentimento della popolazione araba e musulmana in tutto il mondo per una azione bellica che a Bush e a Baget Bozzo sembrera' ispirata da Dio, ma che a centinaia di milioni di persone sembra l'opera di indemoniati. E noi dobbiamo stare con chi, sul territorio americano, ma anche nelle steppe della mezzaluna fertile pensa che la guerra non sia un dono di Dio, ma una festa per satana. Ogni giorno che passa aumentano rischi e danni economici per tutti, americani e non americani. E noi dobbiamo stare con quelli preoccupati per i propri soldi, perche' sono soprattutto i piu' disagiati. Ogni giorno che passa il conflitto si allarga, oggi e' la Siria, domani l'Iran, dopodomani l'Arabia Saudita e gia' stanotte probabilmente e' il turno di curdi e turchi, una polveriera nella polveriera. E noi dobbiamo stare con tutti coloro che temono questo allargamento. Fte la somma e vedrete che non siamo in pochi.

Quindi l'unica possibile posizione che tutti capiscono e che interpreta il sentimento di milioni di persone in tutto il mondo e' "fermatevi". Ma allora vince Saddam, allora la democrazia non verra' piu' in quella parte del mondo, allora occorre che la guerra duri, cosi' gli americani si umiliano (e intanto i bambini muoiono), allora, allora, allora. Per favore, vari D'Alema, Fassino, Rutelli, Barenghi, Bertinotti e altri lasciate perdere. Non siete stati ancora capaci di mettere assieme i cocci della sinistra in Italia e state li' a disputarvi sul come vadano sistemate le cose in Iraq. Lasciate perdere, riconoscete con un minimo di umilta' che non e' compito vostro. La politica non e', come siete abituati a pensare, l'avere una posizione su tutto, in particolare una posizione che sia di qualche minuto secondo divergente da quella del vostro immediato competitore elettorale, magari alle prossime amministrative. La politica e' ben altro, e' l'individuazione di valori non negoziabili per raggiungere delle mete giorno per giorno negoziabili.

Non ingannate i vostri elettori. Sulla guerra in Iraq e sul futuro di questa sfortunata popolazione, voi politici della sinistra italiana non siete in grado di dire nulla che non sia aria fritta. Lasciate queste strategie da bar o da contenitore televisivo agli agitatori della destra e le giravolte ignominiose al governo, che conta anche meno di voi. Ritiratevi, rifiutatevi a questo dibattito, contestate i conduttori televisivi, tanto le conseguenze dei dibattiti come quello sollevato da Barenghi, sui processi reali in Iraq sono nulle. Ma sulla immagine della sinistra qui, molto dannose.

C'e' una sola posizione di sinistra possibile e in cui le parole possono tradursi in azione: che la guerra si fermi al piu' presto. Questa posizione e' l'unica coerente da parte di chi dice che la guerra non si doveva fare. Siamo andati in piazza a milioni e abbiamo appeso le nostre bandiere. E cosa c'era scritto? Una sola parola "Pace". E' l'unico mandato che vi e' stato dato. Ed e' anche l'unica via che permette un minimo di consequenzialità tra pensiero, parole e atti. Con noi avremmo anche Peter Arnett e Madonna, non capita tutti i giorni. E non e' vero, come scrive Marcello Veneziani, con la sicumera degli intellettuali di destra, che sparano luoghi comuni come fossero verita' assolute, che "nessuna manifestazione ha mai fermato una guerra". Non e' vero: e' successo con il Vietnam, con quasi un milione di soldati Usa in campo. Si puo' fare; e comunque e' l'unica linea d'azione ragionevole per il popolo della pace.

Chiediamo che la guerra si fermi, subito. Dove non ha importanza, ed e' comunque inutile starlo a dibattere, perche' non dipenderebbe da noi; con quali soluzioni politiche non ha importanza, le si troveranno sul momento (e le troveranno comunque altri). La guerra finisca subito e le armate della coalizione vengano immediatamente sostituite da una forza peace-keeping. Quella forza peace-keeping che e' la sola che potra' riportare la democrazia in Iraq, ma che subito si dovra' soprattutto occupare di salvare la vita a milioni di persone. Questa sara' la vera liberazione, non quella delle bombe.

Dice il ministro Frattini che e' una posizione "folle", lui che sostiene questa guerra invece e' molto saggio. Non e' una posizione folle e neppure del tutto irrealistica; la sostengono, tanto per fare qualche nome, il Pontefice di Roma, Kofi Annan e milioni di persone che sono sotto le bombe e che stanno per morire di sete, di fame e di stenti. E milioni e milioni di persone di qui e di la' dell'Atlantico e di qui e di la' dell'Eufrate che solo questo vogliono. E forse sarebbe una buona uscita, chissa', anche per Blair. E Saddam? Saddam e' solo aiutato dalla guerra. Come un venefico cancro, si nutre del martirio dei suoi sudditi in un Gotterdammerung in cui riceve persino il consenso dei nemici.

Per avere un segno tangibile di quanto l'invasione possa mobilitare a suo favore leggete le agghiaccianti dichiarazioni del sosia di suo figlio Uday, il capitano dell'esercito iracheno Latif Yahia, ora fuggito in Irlanda grazie alla Cia. Prima di fuggire Latif Yahia e' stato obbligato ad assistere ad atrocita' inimmaginabili sotto la minaccia di vedere stuprata la madre di fronte a lui. Eppure oggi "la sua opposizione a questa guerra e' irremovibile" (La Stampa, 30 Marzo p.8) e spiega: "L'occidente non capisce che i diversi gruppi etnici in Iraq si odiano finche' qualcuno non ci attacca dall'esterno. Allora siamo tutti uniti". E' una conferma del vecchio proverbio arabo: "io contro mio fratello; io e mio fratello contro nostro cugino; io, mio fratello e nostro cugino contro tutti" (Ugo Fabietti, Culture in Bilico, Mondatori, 2002,p.54). Se questo meccanismo funziona davvero, ogni giorno che passa sempre piu' oppositori di Saddam si trasformeranno in resistenti. Ma in una pace con meta' paese distrutto, e Baghdad isolata, in cui il cibo arrivasse solo dall'Onu, Saddam potrebbe anche gridare alla vittoria, ammesso che fosse ancora li', ma pochi ci crederebbero e i suoi nemici rimarrebbero tali.

Per favore, amici leaders della sinistra, voi che avete voce e potere, fate la cosa giusta. Per una volta tanto lasciate la politica delle parole e dei posizionamenti e trovate una posizione comune rispettando il mandato degli elettori che gridavano solo "pace". Chiedetela questa pace, senza giri di parole e senza opportunismi. Quelli che sono andati in piazza se lo ricorderanno anche se non avrete successo.

 


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