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Condivido l'appello, ma solo a metà



Roberto Barzanti




Condivido l'appello di Reset solo a metà. E' sacrosanto quando invoca la "neutralizzazione", la liberazione della RAI dai partiti e dalle correnti, dall'ossessione lottizzatrice per la quale là dentro qualcuno, a partire dal Consiglio di amministrazione,deve essere per forza in quota di qualcun'altro... Una vergogna che di per sé incita alla cieca faziosità, alle fedeltà ambigue, ai trasformismi di comodo, alla sintonia ruffiana con la variabilità delle maggioranze e con la volubilità dei governi in parba all'opinione e ai desideri dei cittadini-utenti. Che occorra quindi modificare le attuali procedure di nomina non c'è dubbio. Ben venga ad esempio il ruolo, a questo riguardo, di un'Autorità indipendente: perchè non l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni una volta anch'essa liberata dai dosaggi lottizzatori a cui è anch'essa sottoposta?

Dove non sono d'accordo è nel ritenere che questo processo debba fatalmente accompagnarsi ad un processo di privatizzazione. Che ci debba essere trasparenza nelle entrate è necessario. Che la loro diversa provenienza (canone e pubblicità) debba produrre una linea editoriale civile, di buona e corretta informazione, di intelligente divertimento, e di coraggiosa sperimentazione - queste sono le missioni prevalenti di un servizio pubblico all'altezza della situazione - sta bene. Occorre anche un sostanzioso dimagrimento: due reti bastano e avanzano .E soprattutto c'è da assicurare e alimentare il pluralismo in un panorama violentemente squassato da operazioni tutte finalizzate alle fortune commerciali immediate ( con risultati spesso disastrosi) .

In questo quadro un ingresso parziale di privati in settori della holding che più di altri lo consentano non guasta certo. ma la sfida che da europeisti e da riformisti occorre raccogliere - in Italia più che altrove - è che la politica riesca a costruire un servizio pubblico - pubblico per vocazione e, nella sostanza, per proprietà - che cancelli servilismo, sospetti e furberie: una tv-società, non più una tv-governo a mezzadria ( per modo di dire) con le opposizioni. Un servizio permeabile e curioso, teso all'innovazione e all'indagine, strumento formidabile di conoscenza e di confronto, di formazione e di evasione. Il compito di una sinistra seria è questo. Anche Popper - sono certo - sarebbe d'accordo.

Non voglio evocare il dibattito che è in corso in Europa sulla ridefinizione della missione del servizio pubblico radiotelevisivo (cfr. la recente ricerca IDATE ). Da nessuna parte si crede che la scorciatoia sia la privatizzazione tout court. in Italia si è abituati a cancellare le anomalie (lo strapotere quasi monopolistico del Cavaliere,in questo caso ) con altre anomalie , per certi versi più bizzarre e irreversibili ( altro che Popper),speculari . Sono d'accordo solo a metà, la metà che credo buona, di sinistra e animata davvero dalla voglia di cambiare le cose, non di arrendersi e di ritenere che il pluralismo sia la concorrenza tra due gruppi economici, uno più illuminato ( ???!!!) dell'altro. Quando mai?!

 


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