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L'immensa storia del Nuovo di Napoli



Tina Cosmai




Il Teatro Nuovo di Napoli ha una storia immensa, che comincia nel 1724, in quel territorio di confine all'interno della città noto come i Quartieri Spagnoli. Nasce con un forte spirito innovativo, difatti è stato il primo teatro aperto ai cittadini in Italia. Dunque un'esigenza di apertura caratterizza questo spazio artistico, il desiderio di conoscere realtà nuove e di aprirsi al mondo, di uscire dall'ambito elitario della corte o delle case nobili.

Tale è rimasto il bisogno del Teatro Nuovo, che Igina Di Napoli, direttrice artistica, e Angelo Montella direttore generale, hanno recuperato dal degrado che sommergeva la città e il teatro negli anni '70 e '80. Napoli non aveva più spazi dove gli artisti potessero esprimersi, fatta eccezione per il San Carlo e il Sancarluccio; si recitava nei cortili, nelle stanze; i luoghi del teatro si inventavano, mentre l'esigenza di possedere un posto dove accogliere gli artisti aumentava.

Il Nuovo riapre i battenti ventidue anni fa, esattamente l'otto di dicembre 1980, e in questi ventidue anni ha ospitato artisti con una forte identità comunicativa e innovativa, a cominciare da napoletani quali Mario Martone, Toni Servillo, Enzo Moscato e Annibale Ruccello, che fu direttore artistico del Nuovo, con il quale fu avviato il primo progetto sul teatro stabile. E poi artisti stranieri sconosciuti in Italia come in Europa, accolti all'interno di progetti sulla danza, sul cinema. Insomma, un luogo artistico grande, indipendente, nel cuore storico della città.

Tre anni fa il Nuovo cambia il suo progetto e da cooperativa di artisti diviene spazio produttivo. Esigenze diverse hanno mosso il cambiamento; dall'ospitalità alla promozione di progetti teatrali che si distinguono nel panorama artistico nazionale. Ne testimonia anche la stagione di quest'anno, inaugurata dalla Trilogia di Jean Genet, l'"Opera Genet", per la regia di Antonio Latella, in collaborazione con il Teatro Garibaldi di Palermo. Opera che è stata presentata al Festival dei Teatri d'Europa a Villeurbanne.

"Bisogna amare il teatro e odiare il mondo", è ciò che Latella scrive in una presentazione della Trilogia, citazione simbolo del pensare di tutti gli artisti del Nuovo e cioè "dire delle verità, inventando, lavorando con la fantasia". Il teatro è uno sguardo sul mondo, una possibilità di sopravvivenza del senso profondo della realtà vista con occhi creativi. E' ciò che Igina Di Napoli definisce "artisticità" e che preserva dal rischio d'essere intrappolati nella banalità, nella superficialità, nella noncuranza.

Nell'ambito di questa visione, nascono percorsi artistici condivisi; Antonio Latella, Arturo Cirillo, Monica Nappo, Pierpaolo Sepe, Riccardo Veno, Antonello Cossia e Raffaele Di Florio, sono artisti che interagiscono nell'espressione della loro singolarità. Il calendario di questa stagione prevede la presenza dei Teatri Uniti con "Lamia" di Luisa Stella, da "Le Incurabili" dall'8 al 19 gennaio 2003; la Compagnia Liberamente che presenta "I bambini della città di K" per la regia di Davide Iodice, dal 4 al 9 marzo 2003 e il Teatro della Tosse di Genova con " Io sono il maestro", regia di Sergio Maifredi. Altri artisti popolano la stagione teatrale, altre trilogie come quella su Pasolini sempre di Antonio Latella, che presenta "Porcile", con un cast ancora da definire, dal 22 aprile al 4 maggio 2003.

 


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