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Addis Abeba: meditazione sulle strade italiane



Tommaso Merlo




Tommaso Merlo è un lettore di Caffè Europa che risiede ad Addis Abeba. Ci ha inviato questa testimonianza, che volentieri pubblichiamo.

La quasi totalità della rete stradale dell'Etiopia è opera dei pionieri italiani durante l'invasione fascista. Migliaia di chilometri di strade, ponti, muri di sostegno case e altre infrastrutture, tutto in pietra. Un'opera immensa ancora oggi solido punto di riferimento per questo povero Paese. Un pilastro in questa terra bellissima ma aspra e lontana dove ancora oggi si muore di fame.

Certo le strade fanno parte del nostro patrimonio storico e anche culturale, se è vero che i romani si presero la briga di costruirle fino in Scozia, oltre a collegare l'Europa all'Asia. Ma l'emozione non ha tempo. Passando oggi da queste parti, non si può provare che orgoglio e ammirazione per il lavoro di quegli italiani. Lungi dallo sposare qualsiasi causa imperialista o di regime, è la forza e la determinazione che quegli italiani si portavano dentro per sobbarcarsi tali immensi sacrifici che lascia esterrefatti.

Ma chi gliel'ha fatto fare? Parte di quella forza era certamente alimentata dal regime militare e dai miraggi della colonizzazione, ma non era direttamente legata al profitto, era anche politica, ideale. Chi ha domato questo difficile territorio superando ogni asperità doveva credere in quello che faceva, era convinto intimamente della propria missione. Questa riflessione impressiona paragonandola all'Italia di oggi dove non c'è spazio che per ambizioni strettamente personali e spesso venali. Dove sembra essere assopito ogni slancio ideale collettivo.

L'orgoglio, opportunamente filtrato, per tali imprese lascia infatti subito spazio alla malinconia. Oggi, sulle stesse strade non ci sono più gli italiani ma i cinesi. Alle loro imprese è affidata la manutenzione e la ricostruzione. Sulle stesse strade gli ancora numerosissimi camino Fiat-Iveco 682 vengono progressivamente rimpiazzati dai moderni camion di marca giapponese. Mentre le autovetture italiane sono scomparse da tempo.

Ed ecco che come una metafora dell'Italia moderna, si respira aria di decadenza, di un Paese che bene o male c'era e oggi non c'è più. Un Paese che oggi sembra lontano e ripiegato su se stesso nei soliti problemi. Ma non può essere tutto finito. Quella forza che ha animato gli animi italiani non può essere scomparsa, essa fa parte della nostra cultura, della nostra storia. Una caratteristica del nostro essere che tutti, anche qui, ancora ci riconoscono portandoci rispetto.

Forse un segno di speranza per il futuro può emergere proprio dalla consapevolezza del nostro passato, sapendo trarre l'essenza positiva anche da periodi bui per la nostra democrazia. Cosa potrebbe succedere se la stessa determinazione che ha animato i pionieri italiani risorgesse e fosse rivolta non alla conquista imperiale ma ad una migliore democrazia?

 


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