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Diplomazia al servizio delle aziende
Marina Misiti
"La via dello sviluppo porterà alla pace e l'Italia avrà un ruolo chiave in questo processo: siamo benvoluti sia da Israele che dalla Palestina". A sostenerlo è Adolfo Urso, il vice ministro per il Commercio con l'Estero che per la seconda volta in pochi mesi si è recato a Tel Aviv per far incontrare imprenditori italiani, israeliani e palestinesi. Un'iniziativa controcorrente rispetto agli altri Paesi, avvenuta proprio durante la seconda Intifada, l'assedio a Betlemme e le minacce terroristiche di Bin Laden.
Segno ulteriore che in questi mesi si sta delineando un ruolo sempre più attivo dell'Italia nell'aiutare il Medio-Oriente a uscire dalla spirale di odio in cui è impantanato, e che ha portato alla recessione e a una forte crisi economica l'intera area. Non è un caso allora che proprio a Roma, nei giorni scorsi, si siano incontrati per lunghi e "riservati" colloqui tre sindaci israeliani e tre sindaci palestinesi, invitati da Walter Veltroni.
Il nostro Paese, secondo il ministero delle Attività Produttive, è al terzo posto come esportatore in Israele e quinto cliente di Israele. Ma per una soluzione della crisi mediorientale è in prima linea. A trasformare insomma i "distretti della pietra e dell'ulivo" (cioè proprio l'azienda palestinese di mattonelle pregiate di Gerusalemme e la "Zaitona" che produce olio d'oliva) o lo sfruttamento cosmetico dei Sali del Mar Morto (lavorati da due aziende israeliane) in elementi di pace, ci penserebbe innanzitutto la cooperazione appena decollata con le imprese italiane: si parla già della realizzazione di nuove infrastrutture, dalle ferrovie e metropolitane alla desalinizzazione e recupero del Mar Morto.
Rilanciare il dialogo israelo-palestinese dal basso, mediante iniziative e finanziamenti concreti alle imprese, fare da cerniera tra i due Paesi e da tramite con l'Europa, come auspicato in queste settimane da Shimon Peres ma anche dal ministro degli Esteri Netaniahu, da poco ricevuto in Italia, costituiscono i punti centrali della politica estera del governo, legata agli investimenti e a strategiche alleanze economiche.
Una diplomazia sempre più al servizio delle aziende. Obiettivo: recuperare competitività a livello internazionale. Una visione non troppo lontana da quel "nuovo piano Marshall" (si chiama proprio così) concepito dall'eccentrico magnate-illuminato israeliano Stef Wertheimer. Il suo avveniristico Tefen Park, il grande polo tecnologico che dà lavoro a circa 10.000 persone, arabi ed ebrei gli uni accanto agli altri, realizzato nel Nord della Galilea a 18 chilometri dal confine con il Libano - un museo di sculture all'aperto, scuole, giardini accanto agli insediamenti industriali -, costituisce il primo esempio di grande impresa etica in Israele.
Diventato un inaspettato modello di convivenza etnica, religiosa e sociale, simbolicamente ancora più importante perché realizzato al centro di un territorio aspramente conteso, il progetto Wertheimer sarà "clonato" all'interno dei Territori occupati, nel Sud della Giordania, in Turchia, in Egitto e in Libano: offrire occupazione, senza tralasciare la formazione (attraverso i corsi di scolarizzazione interna), quindi restituire dignità agli individui e speranze di un futuro migliore, costituiscono la filosofia vincente dell'impresa.
Un progetto che ha favorevolmente impressionato gli imprenditori italiani e lo stesso Urso, che nei prossimi mesi ha deciso di promuovere due workshop: il primo, a gennaio, in Palestina (dove si discuteranno le possibilità di cooperazione fra imprenditori italiani, palestinesi e israeliani, con la costituzione di società miste a due o a tre); il secondo, a febbraio, a Roma (per presentare le opportunità di investimento in Palestina: già una ventina i progetti e le joint-venture pronte a partire).
A marzo, invece, toccherà a una commissione di Confindustria volare in Israele per studiare le possibilità di collaborazione tra il sistema delle piccole e medie imprese italiane e le similari aziende israeliane e palestinesi. Un'operazione "triangolare", come si dice in gergo, che ribadisce la tendenza in atto ad agevolare i finanziamenti alle imprese piuttosto che gli aiuti ai Paesi.
"D'altra parte è questo ciò che ci chiede Israele - dice il vice-ministro Urso -. La prima cosa che mi ha detto Peres incontrandolo al suo Centro della Pace, a Tel Aviv, è stata: 'Che cosa può fare l'Italia per i palestinesi?'. E ancora: 'Chiedo agli europei di essere amici di entrambi, non soltanto di una delle parti'". Saranno dunque le imprese e i cittadini, per una volta, ad arrivare alla pace prima degli Stati?
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