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Ute Zocher: armonie della metamofosi



I. L.




"Che cosa è una foresta? Un insetto soprannaturale, un tavolo da disegno. Che fanno le foreste? Non si coricano mai presto. Aspettano il boscaiolo". E' da queste parole, versi o riflessi di pensieri diversi, che si raccoglie l'ansia di mutamento vibrante nell'anima del surrealista Max Ernst. E a questi stessi concetti, a questi identici slanci del pensiero si ricollega la ricerca di Ute Zocher, pittrice che da qualche mese ha abbandonato la citta' di Colonia per stabilirsi nel quartiere romano di Testaccio. Una scelta che l'ha portata ora a esporre in una mostra dal titolo Sulla pelle, ospitata dalla galleria capitolina San Francesco a Ripa (al numero 69 dell'omonima via), sotto il patrocinio dell'Ambasciata tedesca e della Regione Lazio, fino a venerdì 29 novembre.

Insetti giganti che si inseguono su pochi centimetri di tronco, gambi di fiori capovolti che sembrano coreografie, dettagli del faticoso intarsio scolpito dal tempo nel legno. Eccoli i soggetti che scandiscono il percorso dell'esposizione. Ma cosa si nasconde in questo mondo discreto che l'artista tedesca osserva sotto la sua personale lente da microscopio? "Semplici cortecce - commenta il critico d'arte Cesare Terracini nella sua presentazione della mostra - apparenti strati di connivenze biologiche, habitat di integrazione e dissidio nella forma dell'elementare. Elementi in dialogo, forze che ristagnano o accelerano il meccanismo dell'interezza visiva, oggettiva. Vedere per non osservare, e capire come gli occhi possano fermarsi di fronte all'opacità dello schermo apparente della realtà".

La ricerca di Ute Zocher accelera la visione con l'arma della pittura. Sotto forma di forze che fanno esplodere una sorta di energia liquida dentro uno spazio condensato di vita cristallina. "Quasi una ricerca dell'assoluto che sempre sfiora senza toccarlo un giudizio definitivo sull'ordine delle cose", spiega Terracini. "Appare allora comprensibile - scrive ancora il critico - come l'allontanamento migratorio di alcuni artisti dalla forma delle cose, si sia confrontato spesso con l' eclissi del visibile: attimo di concentrazione assoluta su una forma contratta, raschiata, frottata, per attenerci al linguaggio surrealista; quasi voler percepire come nel volo dell'uccello l'operazione completa, l'odore dell'aria, il colore che profuma di una libertà che fugge dai confini del noto, muto e sordo di parole consuete, stanchezza intellettuale che lascia il posto all'indeterminato del sogno ad occhi aperti della poesia".

Nella tecnica elaborata dall'artista tedesca si percepisce un uso del colore vario, modulato, denso di sovrapposizioni e spezzature agili come percorsi di memoria. E' il senso nuovo che una testa d'aglio sfilacciata acquista quando diviene immagine alla fiaba ormai molto usurata dal luogo comune che la rappresenta, elemento poetico e sistema nervoso dell'espressione.

La spinta poetica, che deriva dal ritrovarsi in questo semplice universo naturale, ha condotto molti artisti nei territori in cui la vita quotidiana è messa da parte. Così gli oggetti di Ute Zocher si affacciano al di là delle leggi segrete dell'animo umano, travagliato dalla consapevolezza della propria finitezza. Come quando si confronta con la complessità variabile secondo ogni angolazione che la natura dispone, raschiando i margini imprecisi o rivelando tracce che come elementi in gioco si spostano rivelando altri giochi di senso che affiorano attraverso il colore che si insinua nella linfa della forma.

"Queste visioni elementari - conclude Terracini - ci raccontano qualcosa di più sul percorso dell'essere, dove instabilità e metamorfosi sono racchiuse nel mistero del sogno creativo che affiora nella pittura di Ute Zocher, torbida e trasparente come ambra, ala di farfalla o scheletro d'insetto, indagine instancabile sul senso delle forme vitali. La parola alla forma, il colore al pensiero".

L'opera di Ute Zocher si puo' vedere al sito www.chornasroma.org

 


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